7 "La nostra speranza nei vostri riguardi è salda, sapendo che, come siete partecipi delle sofferenze, siete anche partecipi della consolazione" (2 Corinzi 1:7).
Quando di solito noi, di fronte a dalle difficoltà o ad una malattia, diciamo "Speriamo!", esprimiamo un augurio, un desiderio che le cose possano alla fine risolversi, andar bene, ma non ne siamo del tutto sicuri. Le cose, di fatto, potrebbero anche andar male, anzi, lo temiamo. Diciamo forte il nostro "Speriamo!" per soffocare le nostre paure, quasi per esorcizzarle. In modo superstizioso "tocchiamo ferro ... o legno" a seconda delle credenze. "Ci sforziamo" di essere ottimisti, ma, siamo consapevoli di essere "di fronte all'imponderabile" e, di fronte al possibile fallimento, ci disponiamo a rassegnarci. Spesso questo è il nostro atteggiamento come cristiani quando intraprendiamo un'iniziativa caritatevole, missionaria od evangelistica. "Speriamo che vada bene... preghiamo... Facciamo tutto il possibile, ma...". Non è questo l'atteggiamento dell'Apostolo quando, dopo le sue iniziali espressioni di lode e di ringraziamento verso Dio, esprime non una vaga speranza, ma una speranza salda, certa, che le difficoltà e le sofferenze sue e della comunità di Corinto, saranno seguite dalla consolazione del successo. La sua è una speranza ben fondata. Su che cosa si basa? Sulle capacità e risorse dei cristiani di Corinto a "tirarsi fuori" dai problemi con l'impegno e la buona volontà? E' forse l'ottimismo umanista che "crede nell'uomo", dopotutto... No, la speranza dell'Apostolo si fonda nella certezza che l'opera di Dio non potrà mai essere frustrata, che i Suoi proponimenti, grazie a Lui ed alla Sua fedeltà, saranno compiuti. Ai cristiani della città di Filippi Paolo scrive: "Ho questa fiducia: che colui che ha cominciato in voi un'opera buona, la condurrà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù" (Filippesi 1:6). Se questa è l'opera di Dio reggerà ed avrà successo. Se quanto iniziato a Corinto non era secondo la volontà di Dio, ma frutto di un'ambizione e presunzione umana, esso fallirà e sarà bene così. Progettare ed iniziare qualcosa senza passare in preghiera il tempo necessario per scoprire quale sia la volontà di Dio al riguardo, senza esaminare con attenzione se vi siano le basi per farlo, confidando in noi stessi, vuol dire "partire con il piede sbagliato" e destinarci al sostanziale fallimento, anche se all'inizio "sembra che la cosa funzioni".
Anche gli avversari di Dio si illudono - e lo sanno - ad intestardirsi ad opporsi con ogni mezzo a contrastare le Sue opere. Se è volontà di Dio, essi certamente falliranno nell'opporvisi. Chi a Gerusalemme si opponeva a Pietro ed agli apostoli di Cristo lo sapeva: "E ora vi dico: tenetevi lontani da loro, e ritiratevi da questi uomini; perché, se questo disegno o quest'opera è dagli uomini, sarà distrutta; ma se è da Dio, voi non potrete distruggerli, se non volete trovarvi a combattere anche contro Dio»" (Atti 5:38-39).
Ecco così che quante siano le difficoltà oggettive in cui si trovano i cristiani di Corinto, sia quelle causate dai problemi interni alla loro comunità che quelli causati da fattori esterni, l'Apostolo coltiva la fiducia, la salda speranza, che niente e nessuno potrà mai frustrare quanto Dio si è proposto di fare con loro ed in loro.
Umanamente si è spesso tentati, di fronte alle molteplici difficoltà alle quali va incontro la vita ed il servizio cristiano, a perderci di coraggio e a disperare. Pensiamo: "In quel tipo di società troppi sono gli ostacoli" o che sia "un'impresa disperata" far sì che l'Evangelo si radichi in una determinata realtà e porti frutto perché: "Con quella gente lì, con quel loro carattere non si riuscirà mai a combinare niente perché riusciranno ben presto a rovinare tutto...". Se la cosa dipendesse da noi, avremmo ben motivo di disperare. Il successo dell'Evangelo, però, non dipende da noi. Noi siamo solo strumenti nelle mani di Dio e Dio certo non fallisce nei Suoi propositi. Dio non può essere sopraffatto da circostanze avverse. Egli è il Signore, l'onnipotente.
E così che l'evangelista non getta al vento il suo seme sperando che "da qualche parte" magari attecchisca, ma nella certezza che lo farà, come, dove e quando Dio vorrà, con la certezza del successo. Allo stesso modo l'Apostolo non dice che i Corinzi potrebbero anche condividere le sofferenze degli apostoli, ma che di fatto ne sono partecipi. Questo, però, non produce disperazione ma speranza, una speranza basata non sulla loro capacità di sopportare le difficoltà, ma nella capacità di Dio a sostenerli ed a rafforzarli. Ecco perché Paolo può riferirsi a questa speranza come salda, un termine che porta in sé il senso di una sicurezza legalmente garantita. Per coloro, però, che confidano in Dio, Paolo esprime la certezza che coloro che condividono le sofferenze di Cristo camminando secondo il Suo Spirito in comunione con Lui, pure condivideranno il Suo conforto, la Sua consolazione.
Preghiera. Signore Iddio, in ogni cosa ho bisogno dell''atteggiamento e della fede qui espressa dall'Apostolo. Dammi di essere in tale comunione con te da intraprendere solo quello che è conforme alla tua volontà e, anche nelle difficoltà, avrò la consolazione e la certezza del successo, alla Tua gloria. Amen.
Canto (dall'innario cristiano 2000): Salda mia speranza, n. 271.
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