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mercoledì 12 ottobre 2011

Che cos'è Parola di Dio?


Nella nostra serie di articoli in cui ci proponiamo di esporre il contenuto della nostra fede, dopo averne posto le basi nell'esistenza del Dio vero e vivente, Creatore e Reggitore dell'universo, il quale fa conoscere Sé stesso e la Sua volontà attraverso la rivelazione naturale e sovrannaturale, dobbiamo ora precisare la natura dello strumento della Sua rivelazione sovrannaturale, la Bibbia. Noi affermiamo che la Parola di Dio ci viene comunicata per iscritto nella raccolta di libri che noi chiamiamo Bibbia (il libro per eccellenza), la Scrittura (o le Scritture per eccellenza). Per questo motivo esse sono definite le Sacre Scritture, o la sacra Bibbia.
Le Scritture sono definite "sacre" o sante perché (1) sono rivelazione di un Dio santo, (2) perché presentano un insegnamento santo (unico nel suo genere, a parte), e (3) perché quando sono accolte con fede autentica conducono ad una vita santa (moralmente conforme alla volontà di Dio).
Nella Bibbia, la radice ebraica da cui deriva il concetto di "santo" [קדשׁ (qâdash) e greca ἁγιάζω (hagiazō]), si applica a persone, occasioni ed oggetti "messe a parte", "riservate", sottratte all'uso comune e dedicate, appartenenti a Dio. E' così che Dio è santo, cioè "separato" per Sua stessa natura da altri (falsi) déi e dai peccatori, inavvicinabile da essi se non attraverso un Mediatore e da un sacrificio espiatorio dalle conseguenze legali del peccato (Isaia 6:3-5).
Confessiamo che le Sacre Scritture sono Parola di Dio nel senso semplice e letterale in cui si usa il verbo essere. Esse sono senza alcuna riserva o distinguo Parola di Dio in forma scritta. Dire che la Bibbia stessa, in quanto libro, sia Parola di Dio significa dire che le parole di cui essa è composta sono quelle stesse che Dio ha inteso vi dovessero essere scritte.
La Bibbia contiene la Parola di Dio nel senso che la Parola di Dio forma il contenuto della Bibbia, allo stesso modo in cui diciamo che la Bibbia contiene due testamenti, l'antico ed il nuovo, o che la Bibbia contiene 66 libri. Quando diciamo che la Bibbia "contiene" la Parola di Dio non intendiamo dire che la Parola di Dio formi solo una parte del contenuto della Bibbia, mentre il resto sarebbero solo parole umane (come si potrebbe dire che una bottiglia contenga, ad esempio, una percentuale di socco di frutta ed acqua). Non si intende nemmeno dire che la Bibbia "contiene" la Parola di Dio nel senso che vi sia una distinzione fra le parole della Bibbia e la Parola di Dio "contenuta" in esse. Questa distinzione, popolare in alcuni ambienti, non può essere conciliata con le affermazioni della Bibbia stessa, né con la dottrina al riguardo della Scrittura presentata dalle storiche confessioni di fede della Riforma. Se le parole scritte della Bibbia non fossero in sé stesse di fatto la Parola di Dio, la Bibbia non potrebbe essere considerata infallibile.
In che modo tutto questo può essere conciliato con il fatto che la Bibbia contiene anche parole pronunciate da Satana o da persone malvagie? Quando la Bibbia riporta parole di Satana o parole di persone malvagie, si tratta di citazioni attraverso le quali Dio ci vuole impartire particolari lezioni.
La frase, per esempio, «Non c'è Dio» è una menzogna, ma se leggiamo il contesto, l'intero versetto in cui essa si trova, vedremo come essa sia stata pronunciata da uno stolto. L'intero versetto: "Lo stolto ha detto in cuor suo: «Non c'è Dio»" (Salmo 14:1) è finalizzato a denunciare la stoltezza di chi fa tali affermazioni ed il resto del testo mette in evidenza pure la corruzione morale di chi le fa. Allo stesso modo: "Pelle per pelle! L'uomo dà tutto quel che possiede per la sua vita" (Giobbe 2:4) è una menzogna espressamente riferita a Satana, del quale la Scrittura dice: "Non c'è verità in lui. Quando dice il falso, parla di quel che è suo perché è bugiardo e padre della menzogna" (Giovanni 8:44). Il seguito del racconto di Giobbe smentisce le insinuazioni di Satana.
Le affermazioni della Bibbia non possono essere semplicemente estratte dalla Bibbia e spiegate come se potessero essere prese di per sé stesse, ma vanno inquadrate nel loro contesto immediato e generale del messaggio biblico. Vale il principio che la Bibbia interpreta sé stessa, per il quale frasi che di per sé potrebbero suscitare in noi delle perplessità o non essere abbastanza chiare vanno confrontare e spiegate con altre affermazioni di maggior chiarezza nella Bibbia sullo stesso tema. Inoltre, ogni qual volta il cristiano trova nella Bibbia cose che lo rendono perplesso o che non sa spiegare, egli non le giudica, ma "si inchina" ad esse con rispetto e le accetta, sperando e pregando che, nel corso del tempo, diventando spiritualmente più maturo ed approfondendone lo studio con l'aiuto di Dio, egli possa giungere a comprenderle.
Noi, affermiamo poi che le Sacre Scritture sono l'unica regola di fede e di ubbidienza. La nostra fede e la nostra vita vanno conformate ad essa soltanto in quanto esse sono autorevole Parola di Dio. Non è lecito affiancare ad esse altre "autorità" che possano vantare uguale autorevolezza e determinare la nostra fede e la nostra condotta. Forse che quest'affermazione escluderebbe l'autorevolezza normativa, per esempio, delle Confessioni di fede della Riforma? No, perché esse intendono solo riassumere e sistematizzare l'insegnamento delle Scritture e ne rimangono sempre soggette. L'autorità delle Confessioni di fede è secondaria e derivata. Esse possono essere rivedute se, su uno o più punti che presentano, può essere proposta in modo dimostrabile una migliore esposizione di quanto la Bibbia presenta. Le confessioni di fede sono un'autorità dipendente.
Il Cattolicesimo romano afferma come le Sacre Scritture non siano l'unica nostra autorità da ubbidire per quanto riguarda la fede e la condotta perché essa si accompagnerebbe, a suo dire, dall'autorità della propria tradizione ecclesiastica, del proprio autorevole e benedetto "Magistero" ufficiale. Il loro concetto si fonda su diversi presupposti contestabili: (1) che gli Apostoli avrebbero lasciato tradizioni orali non scritte di uguale autorità con le Scritture di cui la Chiesa cattolica romana sarebbe depositaria; (2) che le autorità religiose vaticane siano successori legittime degli Apostoli e che (3) quanto esse decretano sarebbe suggellato da Dio ed ispirato dallo Spirito Santo promesso alla Chiesa. Queste pretese, però, sono dimostrabilmente fallaci, anzi, aprono la strada ad abusi di ogni genere tanto quanto lo sono le affermazioni di diversi gruppi settari che pretendono di possedere nuove rivelazioni o nuovi e "incontestabili" profeti in grado di dare l'interpretazione "esatta" del contenuto delle Scritture.
Ancora, il "modo giusto" di interpretare le Sacre Scritture dipenderebbe forse pure dai risultati della moderna critica biblica che pretende di essere "fondata scientificamente"? Benché una critica biblica rispettosa del testo biblico in quanto Parola di Dio, possa aiutarci a comprenderlo meglio, essa non va, però, assolutizzata dogmaticamente come se quanto afferma fosse incontestabile e chi osasse farlo non fosse che "un ignorante" (come si sente talvolta affermare). Molte delle affermazioni della "critica biblica" sono influenzate dai presupposti filosofici che la determinano e rivelano un approccio errato alle Sacre Scritture, le quali non possono essere equiparate ad altri libri ma devono essere affrontate in maniera conforme alla loro particolare natura. Il modo con il quale gli scrittori del Nuovo Testamento considerano gli scritti dell'Antico Testamento, anzi, il modo in cui Gesù legge le Scritture è pure quello che il cristiano considererà normativo sulla base della propria confessione di fede. Il cristiano deve chiedersi quale sia l'autorità ultima che determina come le Scritture debbano essere lette ed interpretate. Quella dell'autorità ecclesiastica oppure quella della scienza, ritenute "incontestabili"? No, il cristiano si attiene all'autorità di Cristo evidenziata nelle Scritture stesse, interpreti di sé stesse.
Di fronte a pretese umane di ogni genere, Dio ci ha lasciato la Sua Parola scritta da ubbidire come criterio unico ed ultimo per valutare e dirigere la nostra fede e la nostra condotta e proteggerci così da ogni abuso. Il confronto con le Scritture sia dell'Antico come del Nuovo Testamento è non solo indispensabile, ma comandato.
Il riconoscimento delle Sacre Scritture come autorità unica ed ultima della nostra fede e della nostra condotta è il fondamento su cui si poggia la fede cristiana autentica e rispetto al quale tutto il suo edificio e vita deve conformarsi mettendosene in costante confronto.
Per approfondire, vedasi: http://editthis.info/diwygiad/Catmagwest003 come pure: la Dichiarazione sull'inerranza biblica (1978) e la Dichiarazione sull'ermeneutica biblica (1982).

Continueremo la volta prossima rispondendo sommariamente alla domanda: Da che cosa appare che le Scritture sono Parola di Dio?

(3, continua)

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