Pagine

sabato 22 ottobre 2011

Diligenza nello studio e nella prassi


Molti oggi fanno della Bibbia un oggetto di lettura e di esame accurato, anche a livello universitario, come se fosse un semplice documento storico che ci parla della società del tempo in cui è stato scritto, la sua cultura, le sue credenze, gli avvenimenti che l'hanno caratterizzato. Della Bibbia, inoltre, si esamina l'influenza che essa ha avuto nei secoli presso coloro che l'hanno considerata in diverso modo autorevole. Si dice oggi pure che nelle scuole dell'obbligo la Bibbia debba essere pure in questo senso "conosciuta", così come le nuove generazioni devono conoscere altri importanti "testi religiosi", come il Corano, che hanno influito ed ancora influiscono sulla storia del mondo. Questi metodi di studio "neutrali" ed "oggettivi", però, sono sufficienti? E' questo il modo in cui la Bibbia deve essere conosciuta e studiata? Nella prospettiva della fede cristiana questo approccio alla Bibbia non solo non è sufficiente, ma può portare molto lontano dal comprendere effettivamente il suo messaggio e funzione.
L'effettiva conoscenza e comprensione della Bibbia si basa su due presupposti:
  • Essa presenta verità da essere credute, e quindi essa è "dottrina" da apprendere e da strutturare.
  • Essa presenta doveri da assolvere. Una volta rettamente esposto e compreso, il messaggio va ubbidito.
Lo studio della Bibbia presuppone quindi la fede nell'autorevolezza di quanto essa insegna e che, per questo, esige di essere diligentemente studiato, come pure la disponibilità e precisa determinazione a tradurlo, altrettanto diligentemente, nella pratica della nostra vita. La Bibbia è al tempo stesso un libro di fede e un libro di prassi.
Così come si esprime il primo Salmo, coloro che "si abbeverano" alla sua "acqua" sono "come un albero piantato vicino a ruscelli, il quale danno il suo frutto nella sua stagione" (1:3). La dottrina studiata e creduta è la radice che "nella sua stagione" non mancherà di produrre buoni frutti. Qualsiasi cosa che facciamo, infatti, è influenzata dai presupposti che informano le nostre azioni. "Siamo" ciò in cui crediamo, "siamo" ciò di cui ci nutriamo: "...poiché, come pensa nel suo cuore, così egli è" (Proverbi 23:7 ND). Studiamo diligentemente l'insegnamento della Bibbia, prendiamo diletto in ciò che il Signore ci dice attraverso di essa, perché non vogliamo "camminare secondo il consiglio degli empi", fermarci "nella via dei peccatori", sedere "in compagnia degli schernitori".
Dottrina e vita sono dunque ugualmente importanti, ciascuno nel suo ambito e funzione. Potremmo forse chiederci che cosa sia più importante in un'automobile, se il motore oppure le ruote? Gesù disse:"«Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente". Questo è il grande e il primo comandamento"" (Matteo 22:37-38). Secondo il Signore Gesù nulla è maggiormente importante del nostro più totale ed incondizionato amore verso Dio, e quindi nulla è più importante che la nostra fede nella verità. Questo, però, bisogna farlo con tutto noi stessi, e quindi l'amore per Dio non potrà altro che scaturire nell'ubbidienza pratica alla Sua volontà rivelata.
La preoccupazione di formulare con chiarezza ed in modo sistematico tutte le dottrine cristiane come sono contenute in modo diffuso attraverso la Bibbia (il compito della teologia sistematica) ed attenersi a questo, è vista con sospetto e persino disapprovazione da alcuni cristiani e che affermano come questo sarebbe contrario allo spirito del ministero di Gesù di Nazareth. Fare di queste dottrine, in quanto tali, oggetto di predicazione e di insegnamento è considerato così non utile, anzi una distrazione ed un ostacolo dal compito unico di diffondere "l'amore di Cristo". Basterebbe, essi dicono, alcune affermazioni generali di principio sul contenuto essenziale della fede cristiana e tutto il resto sarebbe relativo, secondario. E' così?
La persuasione che Cristo sarebbe "contro la dottrina", di fatto, è un'affermazione bizzarra che dispone cristiani e chiese alla superficialità ed all'incoerenza. Questa concezione corre il rischio concreto di aprirci ad ogni genere di subdole influenze estranee che così possono insinuarsi fra di noi indisturbate. Inoltre rimane vero che tutti possiedono, anche tacitamente, il proprio elenco i dottrine in cui credono, persino coloro che affermano di non averlo o che non sarebbe necessario, tant'è vero che si difendono animatamente quando qualcuno osa metterlo in questione... Quanto di esso, però, dipende non tanto dalla rivelazione biblica ma dai propri discutibili presupposti, consapevoli o non consapevoli?
Un Cristo "contro le dottrine" e la teologia non potrebbe essere maggiormente lontano dalla verità di ciò che afferma il Nuovo Testamento. Il termine "dottrina" significa semplicemente, infatti, "insegnamento". L'imperativo centrale espresso da Gesù nel Suo Grande Mandato è proprio quello di insegnare.
"Gesù, avvicinatosi, parlò loro, dicendo: «Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente»" (Matteo 28:18-20). Ciononostante, oggi non mancano in ogni ambito coloro che raccomandano di non "impegolarsi" in questioni dottrinali perché esse solo causerebbero "inutili contese", sarebbero "rischiose", "cerebrali", "teoretiche" e quindi semplicemente non pratiche.
Non pratiche? Certo, le applicazioni pratiche sono d'importanza vitale. Se però le predicazioni cristiane s'incentrano prevalentemente su "questioni sociali" o relazionali, psicologia spicciola, "vita di tutti i giorni" la cosa potrà parere più "rilevante", ma sarà solo apparenza. Dobbiamo certo evitare le "elucubrazioni" spiritualeggianti, ma eliminare lo studio della dottrina biblica è letale per le comunità cristiane. Si ritiene spesso che la dottrina sia "noiosa". Sarebbero quindi meglio i soliti luoghi comuni e l'intrattenimento puro e semplice? Si ritiene, inoltre, che esporre "dottrine controverse" non favorisca l'auspicabile pace che vi deve essere fra i cristiani e non scandalizzerebbe il mondo... E' così?
La dottrina è pratica. Non c'è niente di più pratico che la sana dottrina, perché alla fin fine non c'è altra base che si possa dare al comportamento morale e cristiano se non la verità della Parola di Dio. Prima che il predicatore chieda a chiunque di adempiere ad un qualche dovere, deve prima trattare di dottrina. Deve sviluppare il suo messaggio attorno a temi teologici e trarre dai testi biblici i principi. Solo dopo si potrà applicare la dottrina. L'Apostolo Paolo, per esempio, nella lettera ai Romani non passa alle esortazioni che dopo aver trattato di teologia per undici capitoli! Nel trattare di teologia arriva ad altezze stupefacenti, per culminare in 11:33-36 dove dice: "Oh, profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto inscrutabili sono i suoi giudizi e ininvestigabili le sue vie! Infatti «chi ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo, da riceverne il contraccambio?» Perché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno. Amen". Poi, al capitolo 12 l'Apostolo inizia immediatamente a trattare delle conseguenze pratiche della dottrina esposta nei primi 11 capitoli. Fondandosi su undici capitoli di profonda dottrina, Paolo chiama ciascun credente ad un atto supremo di culto spirituale: dare sé stessi a Dio come sacrifici viventi.
La dottrina fa sorgere la devozione verso Cristo. Che cosa potrebbe essere più pratico di questo? Paolo segue lo stesso criterio in Galati, Efesini, Filippesi, Corinzi e 1 Tessalonicesi. Prima viene sempre il messaggio dottrinale. Su quel fondamento, poi, egli espone quali ne siano le implicazioni pratiche, facendo le connessioni logiche con la parola "dunque" (Romani 12:1; Galati 5:1; Efesini 4:1; Filippesi 2:1 ecc.) e simili.
Oggi si è così imposto al termine "dottrina" un significato artificiale. L'abbiamo resa qualcosa di astratto, minaccioso, sconnesso dalla vita quotidiana. Questo ha avuto per conseguenza l'idea disastrosa che la predicazione e l'insegnamento non riguardino la vita concreta. Il concetto scritturale di dottrina include l'intero messaggio dell'Evangelo - il suo insegnamento su Dio, la salvezza, il peccato, la giustizia. Questi concetti sono tanto strettamente legati alla vita quotidiana.
La chiesa del Nuovo Testamento era fondata su una solida base dottrinale. 1 Timoteo 3:16 contiene ciò che molti studiosi credono essere un antico inno: "Colui che è stato manifestato in carne, è stato giustificato nello Spirito, è apparso agli angeli, è stato predicato fra le nazioni, è stato creduto nel mondo, è stato elevato in gloria". Qui, in modo condensato, c'è la base di ogni insegnamento cristiano. Senza di esso, non c'è applicazione pratica che conti.
I versetti seguenti di 1 Timoteo descrivono ciò che accade quando cii allontana dalla base della verità biblica: "Ma lo Spirito dice esplicitamente che nei tempi futuri alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demòni, sviati dall'ipocrisia di uomini bugiardi, segnati da un marchio nella propria coscienza. Essi vieteranno il matrimonio e ordineranno di astenersi da cibi che Dio ha creati perché quelli che credono e hanno ben conosciuto la verità ne usino con rendimento di grazie" (4:1-3). In altre parole: menzogne, ipocrisia, una coscienza obnubilata, false pratiche religiose: tutto questo trova base e motivazione in dottrine falsate. In 1 e 2 Timoteo e Tito, Paolo stabilisce due giovani nel ministero cristiano. Il suo tema centrale è l'importanza di aderire alla sana dottrina. Così Paolo esorta Timoteo: "Esponendo queste cose ai fratelli, tu sarai un buon servitore di Cristo Gesù, nutrito con le parole della fede e della buona dottrina che hai imparata" (1 Timoteo 4:6); come pure:"Bada a te stesso e all'insegnamento; persevera in queste cose perché, facendo così, salverai te stesso e quelli che ti ascoltano" (v. 16).
La vera dottrina trasforma il comportamento ed è intessuta nella vita di tutti i giorni. Essa, però, deve essere compresa se si vuole che eserciti il suo impatto sulla vita. La sfida autentica del ministero è di dispnsare, esporre, la verità con accuratezza e chiarezza. L'applicazione pratica deriverà facilmente tramite il confronto. Nessun credente può applicare la dottrina che non conosce. Coloro che non conoscono i principi della Bibbia su matrimonio, divorzio, famiglia, educazione dei figli, disciplina personale, denaro, debiti, lavoro, servizio di Cristo, responsabilità verso i poveri, cura delle vedove, la risposta da dare al governo in politica, retribuzione eterna, ed altri insegnamenti ancora, non saranno in grado di applicarli.
Coloro che non sanno ciò che la Bibbia insegna sulla salvezza, non saranno salvati. Coloro che non sanno ciò che la Bibbia insegna al riguardo della santità di vita, sono incapaci di venire alle prese con il peccato. E' così che essi non saranno in grado di vivere pienamente alla gloria di Dio e goderne le benedizioni.

Nessun commento:

Posta un commento