Si sente ancora affermare che quando Cristo dice: “Il mio regno non è di questo mondo”, questo significhi che i Dio e la fede cristiana non debbano avere nulla a che fare con la politica e l’impegno politico dei cristiani. Si tratta di un’affermazione errata che contestiamo vigorosamente.
Coloro che sostengono questa tesi credono che l’affermazione di Cristo: “Il mio regno non è di questo mondo” (Giovanni 18:36) significhi che il regno di Cristo si limiti strettamente a cose come l’aldilà, l’individuo e/o la Chiesa; e che come tale il regno di Cristo non avrebbe nulla a che fare con i regni di questo mondo. Questa concezione, però, comporta numerosi problemi.
1. In primo luogo, non c’è ragione per insistere che “non di questo mondo” significhi “non ha nulla a che fare con questo mondo”. I discepoli di Cristo sono nel mondo, eppure non sono “del mondo” (Giovanni 15:19b). Il fatto che non siano “del mondo” in Giovanni 15 non esclude che i discepoli di Cristo siano coinvolti nelle cose di questo mondo. Né significa che essi non debbano operare, per grazia di Dio, per trasformare il mondo - di fatto il Grande Mandato esige che i discepoli di Cristo siano impegnati proprio in questo senso, vale a dire insegnare alle nazioni a vivere qui ed ora secondo i principi dell’insegnamento di Cristo (Matteo 28:18-20).
2. In secondo luogo, sebbene il regno di Cristo non sia di questo mondo, esso sta al di sopra di esso: “Il SIGNORE ha stabilito il suo trono nei cieli, e il suo dominio si estende su tutto” (Salmo 103:19). Cristo è Re sul mondo (1 Timoteo 6:15; Efesini 1:20-22). Lo stesso Cristo che dice a Pilato “Il mio regno non è di questo mondo” (Giovanni 18:36) pure gli dice: “Tu non avresti alcun'autorità su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall'alto” (Giovanni 19:11). I regni di questo mondo sono subordinati al regno di Dio: “Questa è la decisione dei veglianti e la sentenza proviene dai santi, affinché i viventi sappiano che l'Altissimo domina sul regno degli uomini e che egli lo dà a chi vuole, e vi innalza il più misero degli uomini” (Daniele 4:17). Il Grande Mandato riconosce che il Regno di Cristo è sopra il mondo “Gesù, avvicinatosi, parlò loro, dicendo: Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra” (Matteo 28:18).
E’ proprio perché i regni di questo mondo sono subordinati al regno di Dio, e quindi devono sottomettersi ad esso, che Giovanni 19:11 afferma che Pilato aveva peccato nel modo in cui aveva trattato Gesù. Come Gesù dice a Pilato in Giovanni 19:11: “...perciò chi mi ha dato nelle tue mani, ha maggior colpa”.. Vi era un peccato più grave di quello di Pilato, ma Pilato è pure colpevole. D’altro canto, se il regno di Dio non avesse nulla a che fare con questo mondo, i regni di questo mondo non avrebbero alcuna responsabilità morale davanti a Dio, e quindi Pilato non avrebbe peccato.
3. In terzo luogo, “non di questo mondo” si riferisce alla fonte, alla legittimazione, del suo potere. Il regno di Cristo non deriva da questo mondo, non è stato il mondo a conferirgli il suo potere. E’ così che il regno di Cristo non è di questo mondo nel senso che il suo potere non gli è stato dato, conferito, da questo mondo. Difatti, lo stesso versetto che dice: “il mio regno non è di questo mondo” prosegue dicendo proprio questo: “il mio regno non è di qui” (Giovanni 18:36 d). Il potere di Cristo in quanto Re Gli è stato conferito da Dio stesso, non dai Suoi seguaci sulla terra o da altre istanze o circostanze (cfr.Daniele 7:14). Quindi Dio ha tutto a che fare con i governi civili di questo mondo!
4. In quarto luogo, Giovanni 18:36 pure dice: “Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori combatterebbero perché io non fossi dato nelle mani dei Giudei”. Alcuni interpretano questo versetto come se implicasse il principio che i governanti di questo mondo non possano fare uso della spada, cioè della forza, per far rispettare le leggi civili di Dio. Dobbiamo però subito respingere questo, dato che Dio ha dato ai governanti di questo mondo il preciso dovere di far uso della spada per punire i malfattori: “...perché il magistrato è un ministro di Dio per il tuo bene; ma se fai il male, temi, perché egli non porta la spada invano; infatti è un ministro di Dio per infliggere una giusta punizione a chi fa il male” (Romani 13:4).
E’ vero che i servitori di Cristo, per stabilire il Suo regno o per diffonderlo sulla terra, non sono chiamati a combattere facendo uso della forza. Il regno di Cristo avanza allorché lo Spirito Santo rigenera peccatori quando l’Evangelo è proclamato: “Non per potenza, né per forza, ma per lo Spirito mio, dice il SIGNORE degli eserciti” (Zaccaria 4:6). Questo, però, non significa che lo Stato non debba proteggere il regno di Cristo quando esso è attaccato, perché i magistrati civili devono assicurarsi che il popolo di Dio possa vivere “una vita tranquilla e quieta in tutta pietà e dignità” (1 Timoteo 2:2).
Notiamo quale sia la ragione per la quale Gesù dice che i Suoi seguaci combatterebbero se il Suo regno fosse di questo mondo: “se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori combatterebberoperché io non fossi dato nelle mani dei Giudei; ma ora il mio regno non è di qui”. Qui non c’è nulla che si opponga al legittimo uso della forza da parte della legge civile biblica, dato che il far rispettare la legge civile biblica e impedire che Gesù cada nelle mani dei Giudei sono due cose del tutto diverse. In altre parole, l’uso della spada da parte dei seguaci di Gesù per impedire che Lui fosse dato nelle mani dei Suoi nemici, e l’uso della forza da parte dello Stato per far rispettare la giustizia di Dio, non sono la stessa cosa.
Forse la ragione per la quale Cristo disconnette il regno terreno dai Suoi servitori tanto che essi non combattano per impedire che Egli sia consegnato ai Giudei è che se Lui fosse un semplice re terreno ed i Suoi nemici lo uccidessero, il Suo regno cesserebbe di esistere. Se i Suoi servitori dovessero combattere per proteggere Lui ed il suo regno, questo lo renderebbe simile ad un regno di questo mondo. Cristo, però, non è semplicemente un re terreno. Come Dio Egli governa su tutto e tutti. La Sua consegna ai Giudei faceva parte del sovrano proponimento di Dio stesso, e quindi i nemici di Cristo non avrebbero potuto danneggiare il Suo regno. Non era quindi necessario che i seguaci di Cristo combattessero per impedire che Lui fosse consegnato ai Suoi nemici..
Dobbiamo aggiungere che se i discepoli di Cristo avessero impedito la Sua crocifissione con una rivolta armata, non vi sarebbe stata più base alcuna per la promozione dell’aspetto di chiesa del regno, dato che tale promozione dipendeva dall’opera salvifica di Cristo attraverso la Sua sofferenza, morte e risurrezione. Inoltre, coloro che insistono sull’idea che i cristiani non debbano mai avere nulla a che fare con “le spade”, dovrebbero essere pacifisti in ogni situazione concepibile. Questo, per assurdo, significherebbe che non vi sarebbe alcuna base morale per i cristiani nell’essere coinvolti nei governi civili, le guerre giuste, l’autodifesa e la difesa degli altri, cosa che la Bibbia stessa legittima.
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