D. 46. In che cosa consisteva lo stato di umiliazione di Cristo?
R. Lo stato di umiliazione di Cristo consisteva in quella bassa condizione per la quale Egli, per amor mostro, spogliandosi della Sua gloria, prese forma di servo, e questo nel Suo concepimento e nascita, vita, morte, come pure dopo la Sua morte, fino alla Sua risurrezione. [Catechismo Maggiore di Westminster, D/R 46].
Vi sono racconti in diverse culture che ci parlano di personaggi nobili e persino divini che scendono in incognito a camminare fra la gente comune "come uno qualunque" e la cui vera identità rimane celata o è rivelata solo a pochi. Si tratta di echi di quello che di fatto è avvenuto quando l'eterno Figlio di Dio, il Cristo, è sceso in questo mondo nella persona di Gesù di Nazareth per compiere la Sua particolare missione di salvezza. Lo rammentano spesso, in forma poetica, tradizionali canti natalizi come "Tu scendi dalle stelle", che descrive la condizione, lo stato umile e povero assunto dal Cristo in questo mondo. Spesso questo è oggetto di pietismo melenso, di devozione esagerata, ma si tratta di un concetto centrale nella teologia cristiana. In italiano vi è pure il detto "dalle stelle alle stalle", il passaggio da una condizione di prestigio ad una di miseria.
Il termine "stato di umiliazione" viene usato in questo contesto in contrapposizione allo "stato di gloria". L'eterno Figlio di Dio, si sveste della gloria, splendore e beatitudine della comunione celeste con Dio Padre, e scende in questo mondo per vivere nelle limitazioni, strettoie e miserie dell'attuale condizione umana. Questo concetto è evidenziato in Filippesi 2:7-8 "...spogliò sé stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce". Il verbo "umiliarsi" (ἐταπείνωσεν etapeinōsen nell'originale) è anche tradotto "abbassarsi" (ND, Riveduta e Diodati), da cui la possibilità di rendere "umiliazione" come "abbassamento". "Umiliarsi" è quindi da intendersi come "sottomettersi", "abbassarsi" e non nel senso morale di "degradarsi". L'espressione "trovato esteriormente come un uomo" (Riv.) o "trovato nell'esteriore" (ND, Riv. Diod.), "divenendo simile agli uomini" (CEI) (σχήματι schēmati nell'originale) non deve suggerire che l'umanità di Cristo fosse solo apparenza esteriore, una maschera. Il Cristo è diventato veramente uomo, si è incarnato in un autentico corpo fisico umano. L'unica differenza da noi è che la Sua condizione umana non era contaminata dal peccato. Egli è "Colui che non ha conosciuto peccato" (2 Corinzi 5:21); "egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato" (Ebrei 4:15).
L'abbassamento del Cristo è prefigurato in Isaia 53: "Chi ha creduto a quello che abbiamo annunciato? A chi è stato rivelato il braccio del SIGNORE? Egli è cresciuto davanti a lui come una pianticella, come una radice che esce da un arido suolo; non aveva forma né bellezza da attirare i nostri sguardi, né aspetto tale da piacerci. Disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo di dolore, familiare con la sofferenza, pari a colui davanti al quale ciascuno si nasconde la faccia, era spregiato, e noi non ne facemmo stima alcuna. Tuttavia erano le nostre malattie che egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato; ma noi lo ritenevamo colpito, percosso da Dio e umiliato!" (1-4).
Alcuni ritengono che lo "spogliarsi", lo "svuotarsi" del Cristo che si fa uomo significhi che Egli si fosse spogliato, svuotato della Sua divinità. Secondo questa interpretazione, Cristo era divino quando si trovava in cielo, ma avrebbe accantonato la Sua divinità come uomo qui sulla terra. Però, dato che molti testi nel Nuovo Testamento insegnano che Cristo era veramente e pienamente Dio mentre era sulla terra, quell'interpretazione non può essere corretta. Il vero significato è che Cristo si è spogliato o svuotato del godimento della Sua gloria divina, prendendo, al posto, "forma di servo". La Sua natura era sempre la stessa, ma la Sua posizione era differente.
La gloria divina che si nasconde in Gesù di Nazareth era e rimane accessibile solo agli occhi della fede. Nonostante gli straordinari segni che Gesù compiva durante la Sua vita terrena, molti continuavano a non credere in Lui trovando "spiegazioni" e scuse di ogni genere. Lo stesso accade ancora oggi: l'incredulità ostinata rimane tale contro ogni evidenza. "Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscita" (Luca 16:31).
Gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni avevano avuto il privilegio di vedere la Sua gloria, prima della Sua risurrezione, nell'episodio della Trasfigurazione quando: "fu trasfigurato in loro presenza" (Marco 9:2). Pietro lo testimonia: "Egli, infatti, ricevette da Dio Padre onore e gloria quando la voce giunta a lui dalla magnifica gloria gli disse: «Questi è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto». E noi l'abbiamo udita questa voce che veniva dal cielo, quando eravamo con lui sul monte santo" (2 Pietro 1:17-18). In questo mondo noi cristiani, però, "camminiamo per fede e non per visione" (2 Corinzi 5:7).
Il "seguire Cristo" può voler dire pure essere disposti a rinunciare ai nostri privilegi e comodi per servire Dio fra i più bisognosi, i disprezzati e gli abbandonati. "Infatti, fratelli, guardate la vostra vocazione; non ci sono tra di voi molti sapienti secondo la carne, né molti potenti, né molti nobili; ma Dio ha scelto le cose pazze del mondo per svergognare i sapienti; Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti; Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose disprezzate, anzi le cose che non sono, per ridurre al niente le cose che sono, perché nessuno si vanti di fronte a Dio" (1 Corinzi 1:26-29).
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