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domenica 19 agosto 2012

Dio diventa uomo in Cristo (il Cristo, 4)

D. 39. Perché era necessario che il Mediatore fosse uomo? 
R. Era necessario che il Mediatore fosse uomo affinché Egli potesse promuovere la nostra natura decaduta, realizzare obbedienza alla Legge, soffrire e intercedere per noi nella nostra natura, simpatizzare con le nostre debolezze; affinché potessimo ricevere l'adozione di figli, avere conforto ed accesso con piena fiducia al trono della grazia. [Catechismo Maggiore di Westminster, D/R 39].
Vi sono persone che non comprendono "tutte queste complicazioni" e si chiedono perché mai Dio non abbia semplicemente fatto un decreto di "amnistia generale" per il perdono dei peccati... invece di assumersi tutti i fastidi e le sofferenze di mandare fra di noi Suo Figlio a vivere sulla terra, morire in croce, risorgere, comandare la predicazione dell'Evangelo, la costituzione di chiese ecc. ecc.

No, Dio non condivide la nostra superficialità e faciloneria. Vi sono leggi e principi da rispettare. Sono le Sue leggi ed i Suoi principi (quelli che noi non rispettiamo) ed Egli intende farlo per reiterarne la bontà e la necessità, dandovi pure per primo l'esempio in Cristo, il "secondo Adamo". Questa, come si vede, è pure una "necessità pedagogica". Tutto quello che Dio fa è fatto bene, ha un giusto motivo, spesso finalità che a noi ora sfuggono (e spesso è così) e la cui bontà comprenderemo solo più tardi (sperando che non sia "troppo tardi" per qualcuno!). Il senso dell'incarnazione di Cristo è, così, rivelato in molti dei suoi aspetti. E' quello di cui si occupa la D/R di oggi.

(1) Il Cristo doveva essere "il secondo Adamo" e quindi appartenere inequivocabilmente al genere umano. Non avrebbe in alcun modo potuto essere una creatura angelica o di altra natura. "Infatti, egli non viene in aiuto ad angeli, ma viene in aiuto alla discendenza di Abraamo" (Ebrei 2:16). Rammentiamoci, però, come dice la D/R precedente, che il Mediatore, il Cristo, pure doveva avere natura divina. Notiamo anche, nella risposta del Catechismo, come Egli, in quanto uomo, pure dovesse "promuovere" (nell'originale: "advance") l'essere umano, farlo ritornare (attraverso la redenzione e la rigenerazione) alla sua condizione ottimale secondo i progetti creativi di Dio, fargli "risalire la china".

(2) Il Cristo doveva rappresentare il genere umano. Il Mediatore, quindi doveva fungere come rappresentante del genere umano, doveva appartenervi. Dato che peccato e rovina erano venute dall'essere umano, la redenzione pure doveva venire da Colui che avrebbe avuto incontestabilmente natura umana. "Infatti, poiché per mezzo di un uomo è venuta la morte, così anche per mezzo di un uomo è venuta la risurrezione dei morti" (1 Corinzi 15:21).

(3) Il Mediatore avrebbe dovuto "nascere sotto la legge" stabilita da Dio per l'essere umano ed esservi completamente conforme. "...quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge" (Galati 4:4). Adamo e la sua posterità l'avevano infranta. Era dunque necessario che "il secondo Adamo" l'osservasse perfettamente. Dio, come supremo Legislatore, non essendo essere umano, non ne era soggetto. Il Cristo doveva essere umano, sottoposto alla Legge, e quindi aver successo là dove il primo Adamo aveva fallito. Egli doveva assolvere tutte le condizioni del Patto d'opere, vale a dire perfetta ubbidienza.

(4) Il Mediatore, per assolvere in nostro favore la funzione di Sommo Sacerdote, doveva "condividere" fino in fondo, "simpatizzare" ("soffrire con") con la nostra condizione. "Infatti ogni sommo sacerdote, preso tra gli uomini, è costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati; così può avere compassione verso gli ignoranti e gli erranti, perché anch'egli è soggetto a debolezza" (Ebrei 5:1-2). Questo testo non parla direttamente del Cristo, ma il Cristo, per poter assolvere questa funzione in nostro favore e in modo supremo, doveva assolvere pure a questa regola.

Ci si potrebbe chiedere perché allora non avesse potuto Dio direttamente "simpatizzare" con le sofferenze umane. Dio certamente conosce a fondo le umane sofferenze [sono conseguenza del peccato ed Egli stesso, nella Sua giustizia, le ha decretate!]. Egli pure ne ha pietà e compassione [e questo è in linea con il Suo amore]. Potremmo dire che Dio ha "simpatia per", ma (se non fosse venuto in Cristo) non "simpatia con" le umane sofferenze. Letteralmente "simpatia" significa "soffrire con" qualcuno. Dato che Dio è un Essere infinito, e soffrire implica limitazione, Dio stesso, secondo la Sua propria natura "non può" soffrire e quindi non potrebbe realmente "soffrire con" noi.

Quando oggi, in alcuni ambienti, si parla delle "sofferenze di Dio", se ne confondono i termini: questo contraddice la verità biblica che Dio è infinito ed immutabile. La sofferenza, per sua stessa natura, implica limitazioni e cambiamento, e un Essere infinito ed immutabile per Sua stessa natura "non può" soffrire. Dio conosce tutto sulle nostre sofferenze, perché Egli conosce ogni cosa, ma non ne può fare esperienza nella Sua stessa natura. 

L'unico modo in cui Dio poteva fare esperienza delle nostre umane sofferenze sarebbe stato diventare umano. Il Figlio di Dio, allora, Persona divina, assume in Cristo natura umana. Dio, così, "fa esperienza" delle sofferenze umane, non però, nella Sua propria natura, ma in una natura umana che Egli adotta. Si noti in questo lo stupefacente "abbassarsi" di Dio in Cristo per potere impartire la Sua grazia. Noi che siamo oggetto di un tale amore possiamo esserne davvero infinitamente riconoscenti. Notiamo, come nota in margine, come le ragioni e le necessità teologiche dell'operato di Dio rendano testimonianza all'assoluta coerenza della prospettiva biblica (e chi ha occhi per vedere lo vede!).

Per quanto riguarda il concetto di "adozione vedasi la D/R 57-60.

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