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martedì 27 novembre 2012

Semplicità e complessità nella fede cristiana

Uno dei problemi dell'attuale generazione e che pure molti cristiani condividono, è quello di avere un pensiero confuso ed approssimativo sulle cose, non conoscere o non dare un significato preciso alle parole che usa, una diffusa incapacità a distinguere i concetti, analizzarli e categorizzarli logicamente. Spesso, così, la nostra generazione lascia molto a desiderare quanto a capacità logica e razionale, è superficiale e privilegia le sensazioni soggettive, le "esperienze" a scapito della approfondita riflessione. Tutto questo conduce inevitabilmente a quello scarso discernimento che la rende facilmente soggetta alle astute manipolazioni dei propagandisti di ogni genere. La chiesa responsabile non si accontenterà così di lasciare i suoi membri in stato di infanzia (sottosviluppo) spirituale ma, contrapponendosi alle tendenze del nostro tempo, promuoverà la maturità spirituale di tutti i suoi membri attraverso una diligente catechesi (1).

Il Nuovo Testamento presenta la fede cristiana in termini che si possono considerare a volte "facili" a volte sicuramente "complessi" a seconda del particolare uditorio a cui si rivolgevano originalmente i vari scritti di cui è composto. In esso possiamo così trovare efficaci sintesi del messaggio cristiano, come pure complesse sue analisi. Anche soltanto in singoli versetti, al riguardo della grazia della salvezza, troviamo, ad esempio, in forma sintetica: "Credi nel Signore Gesù, e sarai salvato tu e la tua famiglia" (Atti 16:31), come pure, in forma analitica, "Perché quelli che ha preconosciuti, li ha pure predestinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo ... e quelli che ha predestinati li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati li ha pure glorificati"' (Romani 8:29-30).

Questo implica che, se da una parte il messaggio cristiano, nel contesto dell'evangelizzazione, è certamente "semplice" da intendere, esso diventa "complesso" quando lo stesso messaggio viene poi approfondito ed esposto al convertito diventato ormai "discepolo", vale a dire, quando egli viene necessariamente istruito in dettaglio sulle "modalità" della salvezza di cui egli è stato fatto oggetto. Nel caso particolare del versetto citato, il convertito apprende come, di fatto, egli sia stato predestinato alla salvezza, che a suo tempo egli è stato efficacemente chiamato, che ha ricevuto la "giustificazione" (gli è stata cioè accreditata la giustizia di Cristo) e che un giorno verrà "glorificato" presso Dio. Queste "fasi" comprendono altri aspetti dell'esperienza cristiana, fra le quali la santificazione. 

I concetti di semplicità e complessità potrebbero essere illustrati dall'informatica. Il web propone strumenti sempre più semplici per realizzare pagine web, basati, per esempio, sul WYSIWYG, vale a dire "Quello che vedi è quello che ottieni", "Dietro", però, queste interfacce "semplici" esistono programmi molto complessi che le rendono possibili. Certamente non è indispensabile per l'utente dell'Internet conoscere, comprendere ed usare i programmi usati per realizzare i prodotti che utilizza, ma  nella fede cristiana comprendere "quel che sta dietro" all'esperienza cristiana è indispensabile e a suo tempo deve avvenire. Un'altro esempio potrebbe essere quello dell'arazzo, la cui complessità di realizzazione è evidente se soltanto si guarda dietro ad esso.

Già al tempo di Gesù vi erano due livelli di comunicazione del messaggio cristiano: il primo livello in forma di annuncio sintetico e spesso di parabole e, nel gruppo dei discepoli, in forma approfondita: 
"[Gesù] Non parlava loro senza parabola; ma in privato ai suoi discepoli spiegava ogni cosa" (Marco 4:34). 
Come il compito dell'evangelista, così, oggi è quello prima di cogliere dal Nuovo Testamento in che modo il messaggio cristiano sia annunciato agli increduli per adempiere poi al proprio mandato su quella traccia ed esempi, così il compito del teologo, quando si occupa, ad esempio, di soteriologia, è quello di raccogliere in che modo il Nuovo Testamento analizzi il piano e l'esperienza della salvezza, organizzarne e classificarne i dati, e, infine, produrre adeguati strumenti didattici (ad esempio i catechismi) da usarsi nelle classi di discepolato.

Possiamo accontentarci dell'insegnamento elementare dell'Evangelo trascurando quello più complesso e riservandolo, magari, agli "specialisti"? No, benché accogliere l'insegnamento elementare sia sufficiente per la salvezza, esso deve condurre sempre all'approfondimento: "Perciò, lasciando l'insegnamento elementare intorno a Cristo, tendiamo a quello superiore" (Ebrei 6:1).

Nella fase del suo necessario approfondimento, la teologia definisce come "ordo salutis" (letteralmente "l'ordine o piano della salvezza"), l'ordinamento logico delle varie fasi in cui può essere suddivisa l'opera di redenzione della creatura umana applicata al singolo credente. La sua elaborazione concettuale intende rispondere alla domanda: In quale modo i diversi aspetti della redenzione applicata ad una persona (come giustificazione, rigenerazione, conversione e santificazione,m glorificazione) si rapportano l'uno all'altro? 

Benché negata da alcuni "critici" che "si dilettano" nel trovare contraddizioni nella Bibbia, la coerenza razionale del sistema teologico derivato dalla Rivelazione è un dato di fatto che è stato legittimamente esposto nel corso dei secoli nell'ambito della teologia sistematica. La teologia sistematica rimane oggi un'esigenza (e un mandato) imprescindibile, checché ne dicano gli ingannevoli promotori del "solo la Bibbia" o "solo l'esegesi", perché risponde al principio biblico: "Dio non è un Dio di confusione" (1 Corinzi 14:33).


(1) Questa esigenza è certo sentita da alcune comunità cristiane che, come compare sugli annunci del loro sito web, propongono corsi di formazione biblica e teologica. Si pone poi ulteriormente la necessità di valutarne l'effettivo contenuto.

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