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sabato 26 gennaio 2013

Pecore, lupi, serpenti e colombe

Quando Gesù ci manda a rendere testimonianza a Lui nel mondo, Egli non ci manda come persone dominanti e forti, ma come deboli e in noi stessi apparentemente privi di difese. L'unica ragione per la quale dico "apparentemente" privi di difese è che è possibile che, dato che a Gesù appartiene "ogni podestà" (Matteo 28:18), Egli ben possa intervenire e chiudere la bocca dei lupi, proprio come aveva chiuso le fauci dei leoni che circondavano Daniele.

Dato, però, che quella non appare essere sempre Sua intenzione, Egli procede col dire che i "lupi" consegneranno le "pecore" ai tribunali, le flagelleranno, le trascineranno davanti a governatori, avranno genitori e figli messi a morte, le odieranno, le perseguiteranno di città in città, le diffameranno e le uccideranno (Matteo 10:17-31). E' chiaro, così, che quando Gesù dice che Egli ci manda come pecore in mezzo ai lupi, Egli intende dire che saremo trattati nello stesso modo in cui i lupi trattano le pecore.

Anche se le pecore sono proverbialmente stupide - il che è ciò che sembra quando esse camminano verso i lupi e non fuggono da essi - Gesù controbilancia l'immagine dicendo "siate furbi come serpenti". Il punto di chiamarci pecore non è la stupidità, ma la vulnerabilità. Siate come serpenti, non pecore, quando è necessario essere furbi. Essere come serpenti vuol dire essere veloci a togliersi di mezzo, perché i serpenti si nascondono fra le rocce.

Allora sì, andate fra i lupi ed accettate di essere vulnerabili quando predicate l'Evangelo, ma quando stanno per balzarvi addosso, fate un passo laterale. Quando aprono le loro fauci non saltateci dentro. E non solo quello, siate innocenti come colombe. Non date loro legittima ragione di accusarvi di ingiustizia o di immoralità. Fate in modo che la vostra reputazione sia il più possibile pulita.

Sia l'intelligenza dei serpenti che l'innocenza delle colombe sono intese a tenervi lontano dai guai. Gesù non intende che noi si debba "vivere pericolosamente" con irresponsabile spavalderia. Egli intende dire che noi si debba accettare il rischio di essere testimoni coraggiosi, vulnerabili, non aggressivi, come pecore, ma cercare di rendere la nostra testimonianza in modo da non tirarci addosso persecuzioni non necessarie.

Questo ci porta al dilemma che hanno dovuto affrontare molti fedeli testimoni: Quand'è che noi dobbiamo fuggire dal pericolo? E quand'è che dobbiamo affrontare il pericolo e testimoniare attraverso di esso? Nel 1684 John Bunyan pubblica un libro dal titolo: "Consigli appropriati, o Consiglio ai sofferenti". In questo libro Egli affronta la questione: Quand'è che un sofferente deve fuggire dal pericolo e quando deve affrontare il pericolo e soffrirlo? Bunyan sapeva come rispondervi per sé stesso. Aveva quattro figli, uno di essi cieco, ed aveva scelto di rimanere in prigione per dodici anni piuttosto che promettere di non predicare più l'Evangelo. In che modo egli risponde a questa questione per gli altri? Possiamo cercare di fuggire?
"Tu lo puoi fare secondo quello che hai in cuore. Se hai in cuore di fuggire, fuggi; se hai in cuore di resistere, resisti. Fa tutto quello che ritieni giusto, ma non rinnegare mai la verità. Colui che fugge ha motivo di farlo; colui che resiste ha motivo di farlo. Sì, lo stesso uomo potrà o fuggire o resistere, così come Dio lo chiama ed opera nel suo cuore a fare. Mosè era fuggito (Esodo 2:15); Mosè aveva resistito (Ebrei 11:27); Davide era fuggito (1 Samuele 19:12); Davide aveva resistito (1 Samuele 24:8); Geremia era fuggito (Geremia 37:11-12); Geremia aveva resistito (Geremia 38:17). Cristo si era ritirato (Luca 19:10); Cristo aveva resistito (Giovanni 18:1-8); Paolo era fuggito (2 Corinzi 11:33), Paolo aveva resistito (Atti 20:22-23); (...). 
Vi sono poche regole in questo caso. La persona stessa è nella condizione di giudicare la forza che ha a disposizione e il peso delle ragioni che ha in cuore per resistere oppure per fuggire... Non fuggite per servile paura, ma perché siete persuasi che Dio vi comandi di fuggire, aprendo per alcuni una via di fuga, una porta aperta per la provvidenza di Dio, e la fuga consentita dalla Parola di Dio (Matteo 10:23). (...). 
Se, quindi, quando fuggite siete presi, non lamentatevene con Dio o con l'uomo: non con Dio, perché siete i Suoi servitori, la vostra vita e tutto ciò che avete è Suo; non con l'uomo, perché egli non è che il bastone di Dio, ed è destinato, in questo, a farvi del bene. Siete fuggiti? Ridetene. Siete catturati? Ridetene. Voglio dire, siate compiaciuti comunque le cose andranno, perché le cose rimangono nelle mani di Dio". (p. 726).
Non affrettiamoci a giudicare il missionario che sceglie la morte piuttosto che la fuga, e non affrettiamoci a giudicare il missionario che sceglie la vita. Al contrario, immergiamoci nella disciplina ed ubbidienza della Parola che ci trasforma con il rinnovamento della mente per conoscere per esperienza quale sia la volontà di Dio, quella buona, accettabile e perfetta nel momento dell'assoluta urgenza (Romani 12:2).

John Piper © Tabletalk magazine.(2011).

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