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venerdì 15 febbraio 2013

Se Cristo ha sconfitto la morte perché dobbiamo ancora morire?

85. Se la morte è il salario del peccato, perché i giusti non sono liberati dalla morte, dato che tutti i loro peccati sono perdonati in Cristo? 
R. I giusti saranno liberati dalla morte stessa nell'Ultimo Giorno, e persino nella morte essi sono liberati dal suo dardo e maledizione. Per questo, sebbene essi muoiano, essi lo sono per amore di Dio, per liberarli perfettamente dal peccato e dalla miseria, come pure per renderli capaci di ulteriore comunione con Cristo nella gloria, nella quale attraverso di essa essi entrano. [Catechismo Maggiore di Westminster, D/R 85].
Il messaggio cristiano dichiara che sofferenza e morte sono conseguenza del peccato e che il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, attraverso la Sua sofferenza, morte e risurrezione, ce ne libera. La domanda che a questo riguardo, però, molti si fanno è: se questo è vero, perché coloro che ripongono la loro fiducia in Cristo ancora soffrono e muoiono? Non è forse questo una contraddizione che rivela l'inconsistenza del messaggio cristiano? Se Cristo, morendo in croce, si dice che abbia pagato Lui, al posto nostro, il castigo che, come peccatori, noi ben meritiamo, perché dovremmo ancora morire? Perché Dio non porta i cristiani direttamente in cielo senza dover morire, come ha fatto con Enoc ed Elia? Sono domande legittime per rispondere alle quali dobbiamo mettere il tutto nella giusta prospettiva.

La vittoria riportata da Cristo sul peccato e sulla morte è un fatto certo e sicuro, ma i propositi di Dio si sviluppano secondo una precisa successione temporale. I nostri sono "tempi intermedi". La fine della realtà come noi la conosciamo avverrà solo al ritorno di Cristo, quando Egli dichiarerà compiuta questa fase storica ed inaugurerà "i nuovi cieli e la nuova terra", "...poi verrà la fine, quando consegnerà il regno nelle mani di Dio Padre, dopo che avrà ridotto al nulla ogni principato, ogni potestà e ogni potenza. Poiché bisogna ch'egli regni finché abbia messo tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico che sarà distrutto sarà la morte" (1 Corinzi 15:24-25).

Oggi è il tempo della testimonianza a quello che vi sarà un giorno. Oggi è il tempo delle primizie di un futuro completo raccolto. Cristo, infatti, è "il primogenito dei morti" (Apocalisse 1:5). Cristo è "il primogenito tra molti fratelli" (Romani 8:29). Coloro che Dio ha affidato a Cristo affinché ricevano la grazia della salvezza sono stati liberati dal "dardo" e dalla maledizione implicita nella morte. Oggi il cristiano soffre e muore, ma queste esperienze egli le trascende e ne fa esperienza in modo diverso dagli increduli, difatti Cristo è venuto per: "...liberare tutti quelli che dal timore della morte erano tenuti schiavi per tutta la loro vita" (Ebrei 2:15). 

La morte del suo corpo non fa più paura al cristiano. Essa per il cristiano non è che un passaggio per entrare in un autentico riposo ed accedere alla piena comunione del suo Signore e Salvatore Gesù Cristo. Non per nulla l'Apostolo dice: "Sono stretto da due lati: da una parte ho il desiderio di partire e di essere con Cristo, perché è molto meglio" (Filippesi 1:23). A quel ladrone inchiodato ad una croce accanto a Gesù e che Egli salva, Egli dice: "Io ti dico in verità, oggi tu sarai con me in paradiso" (Luca 23:43). Quando Gesù tornerà e metterà fine a questa fase storica, allora sì, quelli che appartengono a Lui non faranno più esperienza della morte. Perché? "Ecco, io vi dico un mistero: non tutti morremo, ma tutti saremo trasformati, in un momento, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba. Perché la tromba squillerà, e i morti risusciteranno incorruttibili, e noi saremo trasformati" (1 Corinzi 15:51-52).

Il cristiano, dunque, fa l'esperienza del decadimento e morte del suo corpo in modo diverso dagli increduli. Questa esperienza egli la trascende forte del messaggio dell'Evangelo che egli ha fatto proprio e che lo ha già trasformato moralmente e spiritualmente. La trasformazione fisica avverrà solo in un secondo momento. La morte non è più per lui "un dardo" fatale. Di fatto la morte fisica gli comporta un beneficio, un sollievo. "Il giusto è tolto di mezzo per sottrarlo ai mali che sopraggiungono. Egli entra nella pace; quelli che hanno camminato per la retta via riposano sui loro letti"(Isaia 57:1-2); "Ecco, io ti riunirò con i tuoi padri, e te ne andrai in pace nella tua tomba. I tuoi occhi non vedranno tutte le sciagure che io farò piombare su questo luogo" (2 Re 22:20). Questo non significa che la morte del corpo non sia qualcosa di temibile, ma che per lui risulta in un beneficio. Essa lo trasporta da un ambiente di peccato e di miseria in un ambiente perfetto di pace e di riposo, privo di ansie e tormenti. Il cristiano, anche se giustificato, adottato e in fase di santificazione, non potrà mai essere perfettamente felice e beato in questo mondo a causa della presenza da ogni parte e nel suo stesso cuore del peccato e di afflizioni.

La morte rimuove il cristiano da questa "valle di lacrime" e lo pone nella gloriosa presenza celeste di Cristo. La sua comunione con Cristo sarà perfezionata solo "dopo" questa vita terrena, quando non sarà più aggravato da debolezza, stanchezza, infermità, malattie e dolore. "Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate" (Apocalisse 21:4).

La sequenza delle domande e risposte con ulteriori testi biblici si trova a questo collegamento.

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