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sabato 7 settembre 2013

E' tutta una questione di rispetto!

Il terzo comandamento afferma: "Non pronunciare il nome del SIGNORE, Dio tuo, invano; perché il SIGNORE non riterrà innocente chi pronuncia il suo nome invano" (Esodo 20:7).
Che cosa si esige nel terzo comandamento? Nel terzo comandamento si esige che il nome di Dio, i Suoi titoli, attributi, ordinanze, la Parola, sacramenti, preghiera, giuramenti, voti, sorti, le Sue opere, e con qualunque altra cosa Egli si faccia conoscere, sia usato in modo santo e riverente in pensiero, meditazione, parola, e scritto; da una santa professione e comportamento responsabile [idoneo], per la gloria di Dio e per il bene di noi stessi e degli altri. (Catechismo maggiore di Westminster, 112).
Si può dire che il III Comandamento sia tutto "una questione di rispetto". Per il termine "rispetto" un vocabolario della lingua italiana dice, fra l'altro: "Sentimento e atteggiamento di riguardo, di stima e di deferenza, devota e spesso affettuosa, verso una persona ... anche con riferimento a istituzioni civili o religiose o alle cose che le simboleggiano ... Con riferimento alla manifestazione concreta di tale sentimento mediante azioni o parole ... Sentimento che porta a riconoscere i diritti, il decoro, la dignità e la personalità stessa di qualcuno, e quindi ad astenersi da ogni manifestazione che possa offenderli ... Riferito, invece che alla persona, ai suoi stessi diritti, alle sue cose, ai suoi pensieri e sentimenti ... Osservanza, esecuzione fedele e attenta di un ordine, di una regola, di una norma o di una prescrizione ... Riguardo, considerazione, attenzione"

La mancanza di rispetto per Dio riguarda due tipi di persone: coloro che Gli sono ribelli e, pretendendo autonomia da Lui, ignorano, negano, deridono e insultano in svariati modi Lui e tutto ciò che Gli si riferisce (la religione e le sue varie manifestazioni). Mancano di rispetto per Dio, però, anche quei cristiani che manifestano "troppa familiarità" con Lui abusando del Suo essere Padre trattandolo come il loro "amicone" e magari pretendendo che Egli sia al loro servizio rispondendo a tutto ciò che essi desiderano. La riconciliazione con Dio attuata tramite Gesù Cristo, infatti, non elimina il necessario timore che dobbiamo avere di Lui, la dovuta "distanza".

Il "nome" di Dio. Con "nome" di Dio, il terzo comandamento non si riferisce soltanto agli appellativi con i quali Dio si rivela nella Bibbia, ad es. Jahvè, Altissimo, ecc. tradotti in modo diverso a seconda delle versioni della Bibbia, e neanche solo il termine generico "Dio", ma l'auto-rivelazione di Dio nella sua molteplice pienezza. In ebraico per "nome" si intende l'identità di Dio com'è rivelata nel Suo carattere ed essenza. Quando Dio "giura per il Suo grande nome" (Geremia 44:26) Egli giura per l'attestata Sua potenza di realizzare sempre i Suoi propositi, promesse e Parola. Il nome di Dio, eccelso su tutta la terra (Salmi 8:1) è l'espressione del Suo essere com'è manifestato nella Creazione e nella Redenzione. Conoscere il nome di Dio significa essere testimoni di quegli attributi e fare nostro quel carattere che il nome denota (Esodo 6:3,7; 1 Re 8:43; Salmi 91:14; Isaia 52:6; 64:2; Geremia 16:21). Il "nome" di Dio include ogni forma in cui Dio rivela Sé stesso, sia nella Rivelazione generale nella natura che nella Sua Rivelazione speciale come si trova oggi nella forma di Sacra Scrittura (incluse tutte le ordinanze del culto divino prescritto dalla Scrittura, come i sacramenti, la preghiera, i giuramenti, i voti ecc.).

Un atteggiamento santo e riverente. Un atteggiamento "santo e riverente" verso il nome di Dio significa avere un atteggiamento sobrio, serio e rispettoso che ci trattenga dal trattare l'auto-rivelazione di Dio alla leggera o in modo poco seri. In secondo luogo è l'atteggiamento di adorazione per il quale l'infinita maestà e grandezza di Dio si imprime sulla nostra coscienza riempiendoci di timore reverenziale, consapevoli di essere alla presenza di Colui che è Spirito infinito, eterno ed immutabile nel Suo Essere ed attributi. Questo atteggiamento santo e riverente verso Dio dovrebbe essere in completo controllo della nostra consapevolezza ed espressione. Nella nostra consapevolezza interiore e come noi parliamo e scriviamo, dobbiamo essere permeati da un atteggiamento di riverenza verso il nome di Dio.

Questo deve trovare espressione in "una santa professione e comportamento responsabile [idoneo]", vale a dire nella professione pubblica della nostra fede quando noi ci atteniamo esclusivamente a ciò che Dio ci ha rivelato (il modo in cui lo dobbiamo onorare), nell'integrità e coerenza del nostro comportamento e stile di vita.

Il primo e più alto fine dell'onorare il nome di Dio è la gloria di Dio (che pure è il fine ultimo della nostra vita). Inoltre, in modo subordinato: "per il bene di noi stessi e degli altri". L'amore per Dio, per noi stessi e per il nostro prossimo, richiedono tutti che il nome di Dio sia onorato e considerato con il massimo rispetto.

Solo dei cristiani autentici possono veramente onorare e riverire il nome di Dio, perché solo dei veri cristiani conoscono Dio come si conviene, e solo essi vedono veramente l'auto-rivelazione di Dio nel suo vero significato, sia nella natura che nella Scrittura. E' l'obiettivo a cui dobbiamo giungere. Una persona che non sia cristiana potrà certo avere l'abitudine di non profanare Dio con letterali bestemmie. Astenersi dalla "profanità" può essere semplicemente frutto della sua cultura generale e di buona educazione, eppure, non essendo cristiano, questi non ha un vero rispetto per Dio in senso spirituale e positivo. 

Onorare il nome di Dio, nel senso autentico del termine, significa essere stati rigenerati spiritualmente per credere, amare e servire consapevolmente Dio che si rivela in Gesù Cristo, così come le Scritture ce Lo annunciano, ed essere il nostro Signore e Salvatore.

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