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domenica 7 luglio 2019

Come conseguenza buona e necessaria

Noi crediamo che la Bibbia sia Parola di Dio verbalmente ispirata, ma non siamo "letteralisti" nel leggere ed applicare l'insegnamento biblico. Autorevole per noi non è solo "il puro testo" della Bibbia, ma anche le conseguenze buone e necessarie che possono essere tratte da quei testi. Dottrine possono essere dedotte della Bibbia pure se non sono esplicitamente insegnate. Qual è la differenza?

"Io non vedo la parola Trinità nella Bibbia", dice il propagandista di una setta che bussa alla vostra porta. "Non ci sono versetti della Bibbia che dicono non si possa andare veloci", dice l'automobilista (fedele membro di chiesa) dopo essere stato fermato per l'ennesima volta dalla polizia stradale per eccesso di velocità. "Non vedo alcun chiaro esempio nelle Scritture di una donna che partecipi alla Santa Cena" dice un altro che si preoccupa di salvaguardare il primato maschile nella chiesa. Hanno ragione, o no?

Come evangelici, giustamente vogliamo essere il popolo della Parola. La Bibbia per noi è un tesoro in quanto Parola di Dio ispirata dallo Spirito Santo. Riconosciamo che essa è priva di errori, sufficiente ad ogni nostro bisogno di discepoli. La riconosciamo come nostra autorità suprema che proviene dal nostro Signore e Re. Questa Parola autorevole, però, è limitata forse alle sole parole del testo? I padri della Riforma ritenevano di no. Prendete questo paragrafo della Confessione di Fede di Westminster: "L'intero consiglio di Dio al riguardo di tutte le cose necessarie alla Sua propria gloria, la salvezza degli uomini, la fede e la vita, è espressamente contenuto nella Scrittura, oppure può esserne derivato come conseguenza buona e necessaria" (CFW 1:6).

La frase chiave ai nostri propositi qui è: "può esserne derivato [o dedotto] come conseguenza buona e necessaria". In altre parole, questo significa che non soltanto il testo esplicito, ma anche quelle verità che inevitabilmente sorgono dal testo sono pure parte del significato della Parola di Dio

Consideriamo, per esempio il nostro automobilista che va veloce. C'è forse nella Scrittura un testo specifico che parli di limiti di velocità? Chiaramente no. Se, però, noi consideriamo il nostro dovere di ubbidire a quelle autorità terrene che Dio pone su di noi (Romani 13:1-7) siamo giustificati nell'affermare che non è solo la polizia ma anche Dio che vuole che noi rispettiamo i limiti di velocità. C'è poi un esempio esplicito di una donna che mangia il pane e beve il vino della Cena del Signore? Forse no. Una volta, però, che mettiamo diligentemente assieme testi sulla condizione delle donne nella chiesa e sul proposito della Cena del Signore, ne concludiamo non solo che le donne cristiane possano accostarsi alla comunione, ma che esse debbano farlo, a meno che non siano sottoposte ad una sanzione di disciplina ecclesiastica. Sarebbe sbagliato rifiutarsi di ammettere alla Cena sulla base del suo genere una persona che professi credibilmente la fede in Cristo o che sia giusto astenersene sulla base di remore personali ingiustificate.

La questione delle "conseguenze buone e necessarie" è pure pastorale. Dobbiamo imparare a distinguere fra conseguenze "buone" e conseguenze "necessarie". Non farlo conduce al legalismo o ad una vita disubbidiente. In breve, fintanto che un dato insegnamento che abbiamo derivato dalla Scrittura è sia buono che necessario, non possiamo utilizzarlo per forzare qualcuno a sottomettersene.

Occasionalmente potremmo trarre una conclusione che sembra necessaria per la nostra mente umana limitata, ma che non lo è. Torniamo al testo menzionato più sopra. Romani 13:1 dice: "Ogni persona stia sottomessa alle autorità superiori" (o "costituite"). Considerando solo quel testo, qualcuno potrebbe sostenere che se un particolare governo ordina di piegarci ad adorare un idolo, noi lo dovremmo fare. Di primo acchito questa sembra essere una conseguenza "necessaria" del comando a sottometterci alle autorità civili. Anche però solo una conoscenza superficiale del resto della Bibbia, mostra come questa non sarebbe una buona conseguenza; abbiamo testi chiarissimi nella Bibbia che proibiscono l'idolatria. Così, mentre che "la logica" di Romani 13:1 potrebbe portare qualcuno a pensare che piegarsi di fronte ad un idolo sia ubbidire a quel comandamento, noi, come popolo di Dio sottoposto all'autorità della Parola di Dio, sapremmo che si tratta di un ragionamento fallace. Non tutte le conclusioni apparentemente "necessarie" che traiamo da un particolare testo sono "buone" - e non di meno perché la nostra mente è limitata e oscurata dal peccato.

Più sottile, ma forse più comune, è il pericolo di trasformare conseguenze buone in conseguenze necessarie. Immaginate di dover fare un breve discorso su 2 Timoteo 3:16 che dice: "Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia". Voi presentate una prospettiva fedele della Bibbia, chiamando il vostro uditorio ad averne fiducia in quanto Parola di Dio. Poi, la vostra mente si volge all'applicazione: Che cos'é che questo testo ci chiama a fare? E' questo punto che una retta comprensione delle conseguenze buone e necessarie diventa molto importante. I vostri pensieri vanno all'abitudine che avete di leggere voi stessi ogni mattina una porzione della Bibbia. E' questa una conseguenza buona del credere che la Bibbia sia Parola di Dio? Certamente! Ma è pure una conseguenza necessaria? Certamente no. Forse che questo versetto - o, francamente, ogni altra sezione delle Scritture - impone a tutti i cristiani di leggere per sé stessi la Bibbia ogni giorno? No, per la ragione ovvia che per la maggior parte della storia della chiesa di Dio, questo sarebbe stato impossibile. La gente non sapeva leggere e non aveva una copia personale della Bibbia. Possiamo così giustamente comandare alle persone di "meditare" sulla Parola (Salmo 1:2) ma non possiamo legislare sui mezzi per ricevere quella Parola oltre al comando di raccoglierci per il culto per udire la predicazione della Parola di Dio. Un credente fedele potrebbe forse prendere il sermone predicato domenica scorsa e meditare su di quello e, nel contempo, raramente leggere la Bibbia per sé stesso. In sè stesso questo non sarebbe inerentemente disubbidiente. Per quanto zelanti noi siamo a che le persone si rallegrino nella Parola di Dio, noi dobbiamo trasformare delle pratiche buone in necessarie, altrimenti opprimeremmo il gregge di sensi di colpa non necessari.

Potremmo moltiplicarne gli esempi. Ebrei 10:25 ci ammonisce a non abbandonare la nostra comune adunanza. Forse che questo vuol dire che è assolutamente necessario essere membri di un circolo biblico nelle case? No, i circoli biblici nelle case sono una conseguenza "buona" di quel testo, ma non una conseguenza buona e necessaria. Quindi, non dovrebbe essere reso obbligatorio per essere membri di chiesa, altrimenti metteremmo condizioni per essere membri di chiesa maggiori di quelle che Cristo dispone per il Suo regno.

Naturalmente, nel predicare e nell'insegnare, possiamo raccomandare conseguenze "buone", ma dobbiamo fare attenzione a non dare l'impressione che esse siano vincolanti oppure "i veri segni" di un discepolato impegnato. Preghiamo a che lo Spirito di Dio ci aiuti né a venir meno nell'insegnare la pienezza della Sua rivelazione, né ad andare oltre e opprimere la gente con fardelli non necessari.

Adattamento. Il Rev. Jonty Rhodes è ministro della Christ Church Central Leeds di Leeds, Inghilterra. E' autore di: "He is author of Covenants Made Simple: Understanding God’s Unfolding Promises to His People".

https://tabletalkmagazine.com/posts/by-good-and-necessary-consequence-2019-06/

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