Tutta l'umanità discende da Adamo?

Tutta l'umanità discende da Adamo? 

La risposta che dà il cristiano fedele alle Sacre Scritture è "Certamente!". Il problema è che a metterlo in questione oggi non è solo chi cristiano non è (e lo fa da tempo), ma pure tanti che si professano cristiani - e non solo di "tendenza liberale", ma anche molti evangelici che altrimenti si direbbero conservatori. Essi sembrano disposti ad ammettere che si tratti di "un mito", di "un simbolo", e che metterlo in questione non sia particolarmente significativo per la loro confessione di fede, che "non cambi nulla". Di fatto non è così: mettere in questione l'esistenza storica della coppia primordiale dalla quale discende l'intero genere umano compromette seriamente presupposti della fede cristiana e l'Evangelo stesso annunciato dalle Scritture. L'Evangelo viene minato alla sua stessa base e vanificato, salvo crearne una "versione riveduta e corretta" che di fatto ne è la falsificazione.

Non importa quanto mettere in questione l'esistenza di Adamo ed Eva sia "in buona fede" e senza cattive intenzioni; mettere in questione che tutti gli esseri umani discendano da Adamo sovverte di fatto l'intera storia della redenzione facendole perdere significato

Le ragioni addotte a questa contestazione della confessione storica della fede cristiana al riguardo dell'origine e della caduta dell'umanità, sono di due tipi: scientifiche ed esegetiche. Questi risultati si accumulano in diverse aree - primariamente la paleontologia, l'archeologia, l'antropologia e, specialmente negli ultimi decenni, la genetica, che renderebbero "certo" che tutti gli esseri umani non discenderebbero da una coppia originale. Secondo questi studi, affermare che tutti gli esseri umani viventi oggi abbiano gli stessi progenitori viene considerato non più credibile. E' così?

A loro volta queste "scoperte" scientifiche hanno sollecitato la riconsiderazione delle Sacre Scritture, soprattutto Genesi 2-4. Si percepisce la scienza come qualcosa che "ci forza" a riconoscere che, comprendendo questi testi alla lettera, alcuni dettagli semplicemente non renderebbero sensata l'idea che tutti gli esseri umani discendano da Adamo ed Eva. Per esempio, spesso citato è il problema, da lungo riconosciuto, di dove escano le mogli dei figli di Adamo.

Il resto di questo articolo non tratterà direttamente con le affermazioni della scienza, ma sulle concezioni bibliche e teologiche di solito associate ad essa, incluse le implicazioni e le conclusioni tratte per interpretare la Sacra Scrittura. Questo non vuol dire che le asserzioni della scienza possano trovare risposte facili o possano semplicemente essere ignorate. Valutarle in maniera scientificamente responsabile va oltre, però, alla nostra competenza, così come lo è per la maggior parte dei cristiani. Non dobbiamo disprezzare gli esperti che hanno conoscenze scientifiche nelle aree prima menzionare, e vi è sicuramente la necessità urgente d'avere cristiani qualificati in questi ed altri campi. Non ci possiamo, però, esimere dal riflettere su queste questioni considerandone tutte le implicazioni, né prendere per scontato che "la scienza" debba essere l'autorità ultima alla quale noi tutti ci dovremmo sottomettere. Se così fosse, vi sarebbe veramente da mettere in questione pure quale sorta di cristiani noi siamo, i presupposti della nostra fede.

 Sacre Scritture e scienza 

Le considerazioni bibliche e teologiche qui abbozzate sono, per molti versi, obbligatorie per qualsiasi interesse cristiano o coinvolgimento diretto nell'investigazione scientifica in questioni come l'origine dell'umanità. Coloro che condividono i dubbi che stiamo considerando spesso perorano uno sforzo cooperativo fra gli scienziati ed i teologi nell'onesta considerazione dei dati scientifici disponibili in modo da comprendere adeguatamente la stessa dottrina biblica. Si tratta certamente di uno sforzo lodevole. 

Quando però ci chiediamo quale sorta di collaborazione ci debba essere fra scienziati e teologi, siamo lasciati con la risposta che non solo dobbiamo fare del nostro meglio, ma pure dare un contributo necessario nell'insistere risolutamente a perorare i commenti che qui seguono, soggetti, naturalmente ad essere corretti noi stessi se ci trovassimo in errore. Siamo pure tenuti a chiedere a questi scienziati se essi non dovrebbero piuttosto almeno riconsiderare gli aspetti del modello macro-evolutivo "teistico" sulle origini dell'umanità, rispetto alle quali la maggior parte di loro, se non tutti, sembrano essere impegnati a sostenere.

L'idea che mette in questione se Adamo sia il primo essere umano da cui tutti gli altri discendono, è essa stessa problematica nel suo approccio generale alle Scritture in almeno due rispetti. Entrambe influiscono negativamente sulla chiarezza delle Scritture. 

In primo luogo, ai ritrovamenti scientifici si dà priorità nel senso che sono considerati indiscutibili e che, sulla loro base "si debba" respingere e conseguentemente reinterpretare ciò che prima si considerava certo, vale a dire un insegnamento biblico di base. A questo riguardo non si deve credere che qui si abbia un ulteriore "momento di Galileo" che imporrebbe ai cristiani di riaggiustare il loro pensiero per salire a bordo con la scienza. La questione chiaramente qui non è un aspetto della nostra comprensione sempre mutevole della dinamica dell'ambiente in cui viviamo e dell'universo in generale, ma questioni perenni e immutabili che stanno alla base della questione sul chi noi siamo come esseri umani - ciò che significa essere stati creati ad immagine di Dio e il tipo di rapporto con Lui che questo comporta. 

Certamente, la rivelazione salvifica di Dio che culmina in Cristo, messa per iscritto per noi in modo sufficiente ed autorevole, non può essere compresa di per sé stessa senza la Sua auto-rivelazione nella natura. Sia la creazione (che sta "davanti ai nostri occhi come un bel libro, al quale tutte le creature, piccole e grandi, servono per noi da lettere che ci fanno contemplare le cose invisibili di Dio, e cioè la sua potenza eterna e la sua divinità" Confessione di fede belga, art. 2), che la Scrittura sono necessarie per conoscere e vivere davanti a Dio e con gli altri. Ma il rapporto reciproco che segna questi due "libri" e il loro studio è asimmetrico. La Scrittura, e non la natura, deve sempre avere priorità, nel senso che in essa Dio rivela Sé stesso, come pure dice la Confessione belga, "più manifestamente ed evidentemente", particolarmente su questioni di base come la nostra identità come esseri umani ed il nostro rapporto con Lui.

Come dice in modo memorabile Giovanni Calvino, la Scrittura ci fornisce "gli occhiali" che permettono agli esseri umani di leggere rettamente il complesso della realtà creata, inclusi sé stessi come portatori della Sua immagine, come auto-rivelazione di Dio. Come regola generale, quindi, le discipline scientifiche umane, nel loro studio della rivelazione generale, devono sempre rimandarci alla rivelazione speciale fattasi Scrittura. L'idea che sostiene che noi non si possa più confessare che le Scritture insegnano la discesa di tutti gli esseri umani da Adamo, ha effettivamente capovolto questa regola. La Scrittura viene così fatta piegare di fronte alla scienza.

Questo ci conduce, in secondo luogo, all'osservazione che questa idea è pure in difetto perché ci porta a considerare la Scrittura non chiara e meno che certa sull'origine e la discendenza dell'umanità. Focalizzarci primariamente su Genesi 2-4 di fatto è miope. Dato che è la Scrittura che deve interpretare la Scrittura, questi testi, come qualunque altro, devono essere compresi alla luce di altri brani che parlano più chiaramente (Confessione di fede di Westminster, 1:9).

Come regola generale, nell'ambito dello sviluppo della rivelazione speciale di Dio compiuta nel Cristo e registrata per la chiesa nel canone completato della Scrittura, l'Antico Testamento deve leggersi alla luce del Nuovo. Ogni brano deve essere letto dal punto di osservazione di Dio che ci parla "per mezzo di Suo Figlio" "in questi ultimi giorni" (Ebrei 1:2). Specificatamente, nel profilo complessivo della rivelazione biblica, è stato dato a Paolo, come apostolo di Cristo, di parlarci sull'origine dell'umanità in modo tale da avere chiara e decisiva rilevanza sulle questioni che stiamo considerando. Questo avviene principalmente in due luoghi: Romani 5:12-191 Corinzi 15:21-22,45-49.

Il "primo" uomo e il "secondo" 

Di interesse centrale sia in Romani 5:12-19 che in 1 Corinzi 15:21 è chiaramente la persona e l'opera del Cristo. Ugualmente chiaro in entrambi i brani sono (1) la radicale prospettiva storica su Cristo e l'opera di salvezza che egli ha compiuto, e (2) nell'ambito di questa prospettiva storica, e fondamentale per essa, è il contrasto con Adamo. 

In 1 Corinzi 15:44-49 questa prospettiva è la più onnicomprensiva possibile e copre niente meno che l'intera storia umana dall'inizio alla fine, dalla creazione primigenia al suo compimento ultimo. Di conseguenza, nel versetto 45, Adamo, così com'era in virtù della sua creazione e prima della Caduta (Adamo in Genesi 2) è messo in contrasto con Cristo, "l'ultimo Adamo", com'è in virtù della sua risurrezione.

In Romani 5 e nei versetti precedenti di 1 Corinzi 15, il raggio della prospettiva storica è appena un poco meno comprensivo. Da una parte, si considera Adamo come egli era dopo la sua caduta, cioè come peccatore (Adamo in Genesi 3). Per Paolo, la storia della redenzione si conclude in modo chiaro e compiuto con Cristo, proprio così come ha un ben definito ed identificabile inizio con Adamo.

In entrambi i brani si considerano chiaramente Adamo e il Cristo come precise persone individuali. In modo non meno chiaro, però, esse comportano un significato che è più che individuale. Esse sono messe a contrasto l'una con l'altra in quanto ciascuna di esse sono considerate in rappresentanza di altri: ciascuna di esse è "capo" in maniera determinante per tutti coloro che sono "in lui". 

Questo contrasto basato sull'unione personale esprime il principio rappresentativo o federale che sta alla base della teologia biblica del patto, così com'é insegnata, per esempio, nei Canoni di Westminster. Questa dottrina può essere riassunta così: "Come Adamo, con la sua disubbidienza, ha introdotto il peccato in una buona creazione originale, comportando per lui e per tutti coloro che sono 'in lui' delle conseguenze, così il Cristo, con la sua ubbidienza, ha conseguito la salvezza dal peccato e dalle sue conseguenze per coloro che sono 'in lui'".

Il significato dei termini di identificazione in questo contrasto non deve sfuggirci. Cristo, nella sua opera salvifica, è "secondo" e "ultimo"; Adamo è "il primo" (1 Corinzi 15:45,47). La collocazione unica e cruciale di ciascuno di loro nello sviluppo della storia della redenzione, l'uno all'inizio e l'altro alla fine, è tale che nessun altro "conta". Solo Adamo, nel suo ruolo di rappresentanza in unione o solidarietà con "tutti", è "figura di colui che doveva venire" (Romani 5:14), o "tipo". Come il Cristo è il punto omega della storia della redenzione, così Adamo è il punto alfa. 

Non sarà mai abbastanza evidenziare come questi brani insegnino che essenziale all'opera salvifica del Cristo di esseri umani peccatori è la Sua piena solidarietà con loro, ad eccezione del peccato, perché Egli è "secondo" e "ultimo", e che Egli possiede (e solo lui possiede) questa identità così come Adamo è "primo". Se Adamo non fosse il primo uomo, che cadde nel peccato, allora l'opera di Cristo perderebbe il suo significato. Senza il "primo" uomo, Adamo, non vi sarebbe posto per il Cristo sia come "secondo" che come "ultimo" (il paragone non avrebbe senso). L'integrità e coerenza della storia della redenzione nella sua interezza dipende da questo contrasto. Non è semplicemente vero che, come affermano alcuni, che non importa se Adamo sia o non sia stato il primo essere umano e che l'Evangelo non ne sarebbe pregiudicato, almeno se accettiamo il chiaro insegnamento di questi brani

Paolo è altrettanto chiaro in altri luoghi. La risurrezione del Cristo, il giudizio finale, l'appello che vi è connesso al ravvedimento rivolto a gente di ogni luogo, tutto si regge o cade sul fatto che Dio "ha tratto da uno solo tutte le stirpi degli uomini" (Atti 17:26-30).

Altre interpretazioni di Adamo 

In che modo coloro che negano che tutti gli esseri umani discendano da Adamo e che intendono rimanere fedeli in qualche modo all'autorità della Parola di Dio, comprendono i riferimenti ad Adamo in questi brani (ed altri, come Luca 3:38; 1 Timoteo 2:13-14; Giuda 14)? Pare che prendano due approcci: uno nega la storicità di Adamo; l'altro afferma la sua storicità, ma nega che egli sia stato il primo essere umano e padre di tutta l'umanità. 

Nella prima, si afferma che Paolo, con gli altri scrittori del Nuovo Testamento, possano ben aver creduto che Adamo fosse un personaggio storico reale, ma quella credenza sarebbe irrilevante per la dottrina paolina e può essere ignorata, e questo senza danneggiare l'Evangelo o la fede in Cristo. Nei nostri brani, "Adamo" sarebbe presumibilmente una personificazione o dell'umanità in generale o di Israele come nazione in luogo di tutta l'umanità. Adamo sarebbe tutti noi. Adamo servirebbe ai propositi di Paolo come una figura esemplare, un "modello di insegnamento" per evidenziare l'universalità del peccato umano. Però, basti qui notare che quest'idea contraddice nettamente l'enfasi sostenuta in Romani 5 sul peccato di Adamo come peccato di quell'unico uomo, distinto dal peccare di "molti" o di "tutti". Concluderne che la storicità di Adamo per Paolo sia irrilevante, significa di fatto rendere irrilevante un'esegesi responsabile.

Un'altra idea afferma la storicità di Adamo, ma nega che egli sia stato il primo essere umano. Alcuni fra coloro che assumono questa posizione almeno asseriscono che Adamo sia stato "il primo" nel senso che, ad un certo punto della storia, Dio lo abbia scelto come rappresentante dell'umanità da un numero considerevole di esseri umani pre-esistenti, e questo per relazionarsi a quel punto con essa con un nuovo inizio. Quest'idea, però, si scontra con una difficoltà insuperabile: Adamo non è semplicemente "il primo"; egli è "primo" in rapporto a coloro che hanno "portato l'immagine del terrestre" (1 Corinzi 15:49). Come potrebbero gli umani essere descritti come portatori dell'immagine di Adamo se ve n'erano altri prima di lui o che susseguentemente non sono discesi da lui? Adamo è il rappresentate di tutti coloro che, discendendo da lui, sono in unione naturale o in solidarietà con lui, ed egli rappresenta solo essi. Non basta oggi semplicemente affermare la storicità di Adamo. Non si tratta di un punto di minore importanza. Paolo lo dice chiaramente nel versetto 49. I credenti in Cristo porteranno l'immagine celeste del Cristo, l'immagine redenta e glorificata di Dio, così come hanno portato l'immagine terrestre di Adamo, l'immagine originale di Dio susseguentemente deturpata dal peccato. 

Del tutto estraneo a questo brano, specialmente data la prospettiva complessiva notata più sopra, è supporre che alcuni che non abbiano portato l'immagine di Adamo porteranno l'immagine gloriosa di Cristo. Non c'è alcuna speranza di salvezza per i peccatori che non portano l'immagine di Adamo per generazione ordinaria. Cristo non può redimere e non redime coloro di cui Egli non ha assunto prima la natura, e ciò che Egli ha assunto è la natura di coloro che portano l'immagine di Adamo - ed essi lo fanno per discendenza naturale.

 Le implicazioni del negare Adamo 

Mettere in questione o negare la nostra comune discendenza da Adamo come primo essere umano, comporta, dunque, estese e significative implicazioni per la fede cristiana. Altera radicalmente la comprensione del peccato, in particolar modo l'origine e la natura della depravazione umana, con il corrispondente abbandono di ogni nozione significativa della colpevolezza del peccato. Altera radicalmente la comprensione della salvezza, specialmente nel fatto di eclissare o persino negare il valore della morte del Cristo come espiazione vicaria che propizia la giusta e santa ira di Dio contro il peccato. E altera radicalmente la comprensione della persona del Salvatore, evidenziando la Sua umanità, in particolar modo gli aspetti esemplari della Sua persona ed opera, fino al punto di minimizzare o persino negare la Sua divinità. 

Non possiamo in questa sede dettagliare queste implicazioni. Basti indicare le trattazioni più estese, fra le altre di J. P. Versteeg"Adam in the New Testament: Mere Teaching Model or First Historical Man?[1]", il capitolo " “Was Adam Historical?” in "Confident of Better Things"; il capitolo di Robert B. Strimple e Michael Reeves “Adam and Eve,” in "Should Christians Embrace Evolution?".

Concludiamo con le parole di chiusura dello studio del Versteeg: "In quanto storicamente primo uomo e capo dell'umanità, Adamo nel Nuovo Testamento non è semplicemente citato di passaggio. La correlazione storico-redentiva fra Adamo e Cristo non può più essere confessata secondo il significato delle Scritture, se è estrapolata dalla struttura teologica che in esse la porta. Chiunque strappa l'opera della redenzione dalla struttura teologica in cui si trova nelle Scritture, non permette più alla Parola di funzionare come norma che determina ogni cosa. Non c'è stata nei secoli per la teologia alcun'altra tentazione peggiore di questa. Non c'è pericolo maggiore di questo che la teologia debba temere".

Adattamento italiano da: "All Men Descending from Him?", di Richard Gaffin, Alliance of Confessing Evangelicals, 2014.

[1]
Denying the historicity of Adam has become increasingly present within evangelical circles. Was Adam the first historical man? Does the answer really matter? And does it affect any important doctrines in the Bible? Carefully examining key passages of Scripture, Versteeg proves that all human beings descended from Adam, the first man. He argues that if this is not true, the entire history of redemption documented in Scripture unravels and we have no gospel in any meaningful sense. Vedi qui

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