Non sono soltanto atei antichi e moderni che hanno avuto “problemi” nel come Dio sia presentato nell’Antico Testamento ma, come ammette R. C. Sproul nel capitolo VI del libro “La santità di Dio”, sono inclusi anche grandi personaggi della storia del cristianesimo come Martin Lutero, e sicuramente anche l’apostolo Paolo, ad aver rilevato, in diversi suoi testi, apparente brutalità. Prima, però, di affrontare queste difficoltà e “guardare in faccia il Dio dell’Antico Testamento, Sproul non teme di menzionare sin dall’inizio alcuni dei brani più difficili dell’Antico Testamento, quelli ritenuti più “offensivi” alla nostra sensibilità.
- Il castigo subito da Nadab e Abiu per aver offerto un sacrificio non autorizzato (Levitico 10:1-3).
- Il castigo subito da Uzza per aver osato toccare l’arca (1 Cronache 13:7-11).
- La pena di morte per crimini di diversa natura.
- Il comando dato ad Israele di sopprimere migliaia di cananiti.
Il capitolo sulla santa giustizia di Dio è quello fra i più notevoli di un libro davvero notevole e, io credo, uno dei più grandi capitoli che Sproul abbia mai scritto. Sebbene egli tratti meticolosamente di ciascuno degli avvenimenti citati, ecco il mio tentativo di sintetizzare le maggiori argomentazioni delle diverse sezioni.
- L’uccisione del Cristo sulla croce.
I colpevoli erano stati largamente avvertiti
Nel caso di Nadab, Abiu, e Uzza, Dio non può essere accusato di giudizi inaspettati, capricciosi o arbitrari. Al contrario, Dio aveva dichiarato proibizioni chiare ed inequivocaboli e, almeno nel caso di Uzza, chiare ed inequivocabili sanzioni nel caso si fosse disubbidito (Esodo 30:9-10; Numeri 4:15-20). Non si trattava di uomini innocenti e nemmeno di peccati d’ignoranza. Era sfidare e disattendere un chiaro “segnale di pericolo”.
I giudizi di Dio sono santi
La giustizia di Dio è conforme al Suo carattere santo. La Sua giustizia non è mai sconnessa dalla Sua assoluta rettitudine. Egli non condanna mai l’innocente, non tollera il colpevole o mai punisce con indebita severità. Inoltre, è bene pure rilevare come Dio non giudichi secondo criteri umani, ma secondo i Suoi criteri sovrani, e quelli e non altri devono essere il nostro punto di riferimento. È Dio il criterio per valutare ciò che sia giusto o sbagliato.
L’esecuzione dei giudizi di Dio è spesso ritardata
Sebbene il Nuovo Testamento sembri ridurre il numero delle trasgressioni che meritano la pena di morte, anche lo stesso Antico Testamento presenta una massiccia riduzione, rispetto all’elenco originale, delle pene capitali - morte istantanea per ogni singolo peccato. Anche l’Antico Testamento, quindi, evidenzia la grazia di Dio, perché il peccato in quanto tale, ogni peccato, è una trasgressione capitale e merita la morte. La questione non è tanto, perciò, perché Dio punisca il peccato, ma perché permetta la costante ribellione delle creature umane al Suo ordinamento e perché ancora esistiamo, perché non siamo stati ancora giustamente spazzati via tutti quanti come elemento di disturbo e di disarmonia del creato. L’Antico Testamento è testimonianza di come Dio sia paziente all’estremo con un popolo ribelle e che ritarda la piena esecuzione della Sua giustizia affinché abbia tempo di operare la grazia.
Il giudizio di Dio contro il peccato
La realtà è che siamo noi a non comprendere i giudizi di Dio perché non comprendiamo, o rifiutiamo di accettare, la gravità del peccato. Il peccato è un tradimento cosmico - un tradimento contro un sovrano perfettamente puro. Esso rappresenta in modo errato Dio, la cui immagine siamo chiamati a portare e viola l’integrità degli altri - ferendoli, spogliandoli e derubandoli. Nel comandare agli Israeliti di eliminare fisicamente i Canaaniti, Dio non fa loro un’ingiustizia occupandosi di Israele, ma esegue su Canaan la pena che meritano, accordando, nel contempo, grazia ad Israele. I Canaaniti non erano innocenti, ma popoli traditori che ogni giorno insultavano la santità di Dio (Deuteronomio 9:4-6).
Gesù approva i giudizi di Dio
Gesù chiamava “Padre” il Dio dell’Antico Testamento. Era il Dio dell’Antico Testamento che aveva mandato Suo Figlio per salvare il mondo ed era la volontà del Dio dell’Antico Testamento che Gesù era venuto a compiere. Era lo stesso zelo per il Dio che aveva ucciso Nadab ed Abiu a “consumare” Gesù (Giovanni 2:17).
E’ Gesù che fa esperienza del più grande giudizio di Dio
L’atto più potente di vendetta divina che la Bibbia conosca, e l’espressione più violenta dell’ira e della giustizia di Dio, la vediamo alla croce. Se abbiamo causa di indignazione morale, si concentri essa sulla croce. Ciononostante, la croce è stata sia il più bello che il più orribile esempio della giustizia di Dio. È stata l’atto più giusto e di maggiore grazia della storia.
Il giudizio di Dio non ci permette di accampare alcun diritto
Dato che tendiamo a prendere per scontata la grazia, Dio rammentava ad Israele attraverso i Suoi giudizi, che la grazia non può mai essere presa per scontata. I giudizi di Dio distruggono ogni segreta pretesa che noi si possa avere verso di Lui, e trasformano la domanda: “Perché Dio non salva tutti?” in “Perché mai Dio dovrebbe salvare me?”. Se, però, insistiamo nell’insistere di ricevere quel che meritiamo, riceveremo giustizia, non misericordia.
Fin qui i commenti di David Murray, ragionamenti che prendono seriamente la teologia biblica nella sua interezza considerandola normativa. Molto probabilmente i critici del “Dio dell’Antico Testamento” lo stesso non fanno perché, per la maggior parte di loro, quel che l’Antico Testamento dice su Dio sarebbe discutibile interpretazione degli scrittori umani di quei testi, e non Parola di Dio. Il che ci porta a rilevare come, di fatto, vi sia una sostanziale incompatibilità fra i presupposti da cui partono i critici e quelli dai quali partiamo noi. Sta a loro, però, dimostrare l’origine e la fondatezza dei loro presupposti, i presupposti delle loro critiche. È lì che, alla fin fine, tali critiche si giocano e che possono trovare risposta e non tanto, da parte nostra, contestando le loro affermazioni su singoli testi perché fintanto che non ci diranno da dove prendono la loro concezione di Dio e di ciò che è giusto e morale, tutto il resto lascia il tempo che trova.
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