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giovedì 16 agosto 2018

La caduta di una torre e le sue vittime

Quando era caduta la torre di Siloe il Salvatore Gesù Cristo non aveva detto: “Piangiamone la vittime e preghiamo per loro”, ma aveva inviato “un tweet” piuttosto controverso che diceva (fra l'altro): “Se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo”. Qualcuno oggi l’avrebbe accusato di “sciacallaggio”... Che intendeva?
Una torre cade e uccide diciotto persone: un castigo che Dio infligge a quelle persone per le loro colpe? Lo pensavano i discepoli di Gesù che commentano un episodio di cronaca avvenuto allora a Gerusalemme. Gesù non risponde loro: “No, è stata una fatalità, piangiamo quelle vittime e preghiamo per loro...”, ma in un modo che anche oggi lascia perplesso il lettore. Il testo dice: “...oppure pensate voi che quei diciotto, sui quali cadde la torre in Siloe e li uccise, fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico; ma se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo” (Luca 13:4-5).

Un Gesù insensibile e vendicativo che sfrutta l’episodio per i suoi fini come in una sorta di “sciacallaggio”, senza una parola di compassione per quella gente e per le loro famiglie? Qualcuno lo potrebbe persino pensare. Ravvedimento? Da che cosa? Perdizione, rovina? Perché?

...perché viviamo in un mondo governato dalla legge di causa-effetto e la maggior parte della gente vive “imbambolata” nel loro mondo di illusioni e di magia... Umberto Eco ebbe a scrivere: “La magia ignora la catena lunga delle cause e degli effetti e soprattutto non si preoccupa di stabilire provando e riprovando se ci sia un rapporto replicabile fra causa ed effetto. [...] Il desiderio della simultaneità tra causa ed effetto si è trasferito alla tecnologia, che sembra la figlia naturale della scienza”. Lo stesso come chi disse, notando la follia umana: “Siamo venuti al mondo accidentalmente in un universo governato dal caso. Le nostre vite sono decise da combinazioni puramente fortuite di geni. Tutto quello che accade, accade per caso. I concetti di causa ed effetto sono sofismi. Esistono solo cause ‘apparenti’ che portano a effetti ‘apparenti’. Dal momento che niente dipende realmente da qualcos'altro, navighiamo ogni giorno in oceani di caos e non si può predire nulla, nemmeno quello che succederà tra un istante. Voi ci credete? Se è così, vi compiango perché la vostra deve essere una vita triste, spaventosa e sconsolata” (Robert Silverberg).

Ecco perché Gesù, con quello che dice in quella circostanza, “ci dà una sveglia”, ci richiama al realismo (biblico), alle responsabilità collettive, all’analisi critica che la società, e ciascuno di noi, deve sempre fare in tutto ciò che fa, in ogni sua impresa, confrontandosi con la realtà delle leggi “scientifiche” (in realtà le leggi nel cui ambito ha disposto il creato), che sono pure leggi morali. Questo è un universo sottoposto a leggi morali e da esse “non si sfugge”, né collettivamente, né singolarmente. In questo senso la legge è “spietata”, ma è sommamente giusta. Un'azione comporta sempre una reazione, denominata "conseguenza". Non ci sono eccezioni. Il “giudizio” è una realtà, come pure la sentenza di condanna che ineluttabilmente cade sui trasgressori e sul trasgressore.

Agli abitanti di Gerusalemme (che qui rappresentano l’intero popolo eletto da Dio), Gesù mette in rilievo come Dio avesse stabilito con loro, da lungo tempo, un preciso patto, un accordo sempre in vigore, che comprendeva benedizioni per chi lo rispetta, e conseguenze (penali) per chi lo trasgredisce. La torre di Siloe era caduta e vi erano state vittime, ma anche Gerusalemme sarebbe caduta e rasa al suolo (per la seconda volta) da forze nemiche, e vi sarebbero state molte di più vittime. Una “fatalità”? No, una conseguenza scritta nell’accordo stesso: “Carta canta”. Questo vale per l’intera umanità e “la carta” è la rivelazione biblica, per la quale pure vale il principio “la legge non ammette ignoranza”.

Ecco perché l’analisi critica (collettivamente e singolarmente) e il confronto costante con la realtà della Legge è essenziale, com'è essenziale il ravvedimento e l’azione riparatrice (se siamo ancora in tempo).

E la grazia? Certo, vi può essere la grazia, ma pure “grazia” è un termine giuridico che si muove in ambito giuridico. Qualcuno, sempre i soliti illusi, pensano alla grazia come a Dio che mette da parte leggi e castighi, e che accoglie e perdona tutti, tanto... Non c’è però grazia che non coinvolga analisi critica (confronto con la legge morale oggettiva) e ravvedimento (cambiare modo di pensare e di agire), ma soprattutto fede e riconoscenza per l’opera del Salvatore Gesù Cristo che, per liberarcene, prende lui su di sé, sulla croce, le conseguenze ultime del peccato.

Siamo disposti (a livello collettivo e individuale) a questa analisi critica passando poi, senza ulteriore ritardo, all'azione? Allora si comprende meglio il Salvatore Gesù Cristo, quando dice: “Se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo”. Indubbiamente questo non è il Gesù di cui si sente parlare da tanti (troppi) pulpiti e finestre.

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