giovedì 15 ottobre 2015

Cinque false teorie da contestare su Gesù

Chi era davvero Gesù?

La fede cristiana è da sempre costantemente attaccata da ogni parte e in ogni modo possibile ed immaginabile. La cosa non ci sorprende ed i motivi ci sono chiari. La stessa figura di Gesù che ne sta al centro non è nemmeno mai esente da contestazioni, tanto che spesso ancora oggi ne viene messa in questione la sua stessa esistenza storica, o che quanto di lui le chiese proclamano (che egli sia il risorto Figlio di Dio) venga presentato come un costrutto a lui posteriore, un mito messo in piedi ad arte, ben lontano, così affermano, dal "vero" Gesù della storia. Non c'è, però, contraddizione alcuna fra "il Gesù della storia" e "il Cristo della fede", nonostante tutto ciò che i critici possano affermare. Di fatto, per noi, lo studio di Gesù come figura della storia è tale da rafforzare la nostra fede, non pregiudicarla. Questo, però esige che noi si esamini onestamente ciò che affermano i critici e se ne valutino le pretese. In questo articolo, così, esamineremo le cinque teorie alternative più popolari sull'argomento, giungendo a conclusioni che ci potranno aiutare, come cristiani, a rispondervi.

1. Gesù, il mito pagano?

Sebbene che questa teoria non trovi più tanto supporto oggi fra gli studiosi, essa rimane popolare in siti web che promuovono l'ateismo. La teoria sostiene che Gesù, come figura storica, non sia mai esistita veramente e che i racconti della sua nascita, vita, morte e risurrezione non siano che miti costruiti dai primi cristiani ad imitazione delle religioni misteriche pagane, come, ad esempio, il culto di Dionisio[1] e di Mitra[2], che si sostiene precedano il Cristianesimo di secoli. All'origine di questa teoria vi è lo studioso tedesco del XIX secolo David Strauss[3] (1808-1882) che sosteneva che il Nuovo Testamento non sia che una collezione di favole mitogiche costruite sulla vita di Gesù, e Bruno Bauer[4] (1809-1874) che affermava molto più radicalmente che Gesù non fosse mai esistito. La teoria acquistò prominenza per un certo tempo nella "Scuola della Storia delle Religioni" (O “fenomenologia della religione”[5]) all'Università di Gottinga, ma cominciò a declinare durante il XX secolo allorché gli studiosi cominciarono ad esaminarne le evidenze più da vicino. Richard Carrier e Robert Price ancora oggi la sostengono, ma anche studiosi non cristiani come Bart Ehrmann la contestano. Vi è oggi un generale consenso sul fatto che la maggior parte dei supposti paralleli fra il Cristianesimo e le religioni misteriche sono o non-esistenti (spesso pure fabbricazioni), coincidenze o anacronistiche. Di fatto non esistono evidenze che religioni misteriche pagane esistessero nell'Israele del primo secolo e gran parte delle evidenze raccolte provengono da altri luoghi e posteriori alla nascita del Cristianesimo. È così che se si può parlare di prestiti ed influenze ci si deve piuttosto riferire a quelle che il Cristianesimo ha esercitato su altre religioni.

2. Gesù, il profeta fallito?

Questa teoria, maggiormente popolare fra gli studiosi critici, è basata su certe interpretazioni di alcune profezie apocalittiche di Gesù (ad es. Matteo 16:28; 24:34[6]) in cui Gesù predice la venuta del Regno di Dio, accompagnata da segni di cataclismi celesti, che sarebbero avvenuti durante la vita stessa dei suoi discepoli. Si sostiene che di fatto che il mondo non è finito durante la vita dei suoi discepoli. Gesù si sarebbe così ingannato al riguardo e che l'intera religione cristiana sia dunque basata su un errore. Inoltre, molti che sostengono questa tesi negano che Gesù abbia mai sostenuto di essere divino. Egli magari considerava sé stesso come un profeta, o come un re, ma certamente non il pre-esistente Figlio di Dio. Questo significherebbe che, a loro dire, possiamo fidarci molto poco di ciò che il Nuovo Testamento dice su Gesù Cristo - o almeno sembra che ce lo presenti in cattiva luce[7]. La teoria del "profeta fallito" la si fa generalmente risalire allo studioso tedesco Albert Schweitzer[8] (1875-1965). Sebbene Schweitzer abbia avuto ragione nell'attirare la nostra attenzione al carattere escatologico (della "fine dei tempi") del messaggio di Gesù, egli tendeva ad avere un metodo molto selettivo nel raccoglierne le prove, mettendo in rilievo solo alcune affermazioni escatologiche e non altre - come quella che il Regno di Dio è una realtà già presente (Luca 11:20; 17:20-31[9]) o la sua confessione di ignorate il tempo del suo ritorno (Matteo 24:36). I critici che seguono Schweizer, inoltre, erroneamente suppongono che il linguaggio apocalittico del primo secolo (ad es. il sole che si oscura, le stelle che cadono dal cielo, ecc.) debba essere inteso in maniera letterale. Se lo si mette, però, a confronto il sermone di Pietro a Pentecoste (Atti 2:17-21[10]), questo mostra come non sempre fosse il caso. Gesù certamente attendeva che dovesse avvenire qualcosa di drammatico durante la vita dei suoi discepoli, ma non era necessariamente la fine dell'universo fisico. Il Regno di Dio, come lo vedeva Gesù, sfidava ogni aspettativa.

3. Gesù, il filosofo morale?

Se la teoria del " profeta fallito" tende ad esagerare le aspettative apocalittiche di Gesù, la teoria del "filosofo morale" tende ad ignorarle completamente. Il ritratto di Gesù come un maestro di sapienza che promuove verità morali senza tempo è molto comune fra i laici non-cristiani, ma fra gli studiosi ha spesso preso la forma più precisa di Gesù come "il filosofo cinico". Il termine " cinico" nel mondo greco-romano non si riferiva ad una persona generalmente pessimista o malfidente (come di solito oggi si usa questo termine) ma piuttosto chi rinunciava ai beni di questo mondo ed alle convenzioni sociali. Critici del materialismo e dell'ipocrisia che vedevano attorno a loro, i cinici spesso rinunciavano a tenersi puliti ed ordinati, facevano le loro funzioni corporali in pubblico e per questo si erano guadagnati il nomignolo di uomini-cane (il significato di "cinico" in greco). La teoria del Gesù cinico è di solito associata ai membri del "Jesus Seminar[11]" che raggiunge notorietà negli anni 1980-90. Alcuni fra questi studiosi, come Burton Mack e John Dominic Crossan, hanno contribuito afarci ri!evare le somiglianze fra Gesù e i filosofi cinici. Vi sono, però, almeno due grossi difetti al ritratto che si vuol fare di Gesù come un filosofo cinico. In primo luogo, non abbiamo alcuna evidenza storica della presenza della filosofia cinica in Galilea al tempo di Gesù. Di fatto, sono più le differenze che le somiglianze. Nel mondo accademico sono molto pochi coloro che promuovono questa teoria.

4. Gesù, il rivoluzionario violento?

Questa vecchia teoria su Gesù la si sente ancora ogni tanto, ma non ha mai raggiunto molto credito. Le sue radici risalgono al padre stesso della moderna ricerca del "Gesù storico", il deista tedesco Hermann Reimarus[12] (1694-1768). Reimarus sosteneva che Gesù non avesse mai inteso fondare una nuova religione o morire per i peccati dell'umanità, al contrario, il suo messaggio sarebbe stato suscitare un movimento di liberazione dall'oppressione dei romani, cosa che però era finita nel fallimento e nella crocifissione. Questa teoria è stata fatta risuscitare nel XX secolo da S. G. F. Brandon (1807-1971), che sosteneva come Gesù fisse influenzato dal movimento degli Zeloti[13]. Come negli altri ritratti alternativi di Gesù, anche questo metodo si appoggia ad una lettura molto selettiva delle evidenze. Essa mette in evidenza gli aspetti socio-poltici del Regno proclamato das Cristo e trascura del tutto quelli spirituali. Come rileva lo studioso del NT Farrell Bock, Gesù dichiara l'arrivo del Regno non ammassando un esercito, ma cacciando démoni e guarendo malati (Luca 11:20). I nemici che Gesù fa oggetto di attacco non sono i Romani, ma le forze spirituali che tengono il mondo in soggezione al peccato. Di fatto, le critiche più forti che Gesù solleva nei vangeli non sono verso i Romani, ma verso i suoi compatrioti giudei che si aspettavano che Dio li vendicasse. Basati sul loro zelo nazionalista e sulla loro rigorosa adesione alla Legge (Matteo 23:1-36[14]). Vale pure la pena di rammentarsi che uno dei discepoli stessi di Gesù fosse un ufficiale del fisco, dal quale meno si aspetterebbe far causa comune con un movimento rivoluzìonari anti-romano.

5. Gesù, l'esistenzialismo a-storico?

Ultimo, alcuni studiosi hanno rinunciato del tutto alla ricerca del Gesù storico. Per loro, determinare ciò che Gesù abbia "realmente" detto non solo è impossibile, ma anche inutile. Scopo del NT, essi dicono, è quello di portarci ad un rapporto personale con Dio, non comunicarci certi supposti fatti del passato. fatti che, comunque, nemmeno sino veramente accaduti ... Questa teoria risale allo studioso tedesco Rudolf Bultmann[15] (1884-1976), il padre della "demitologizzazione" applicata alle Scritture. Essa implicava "l'andare oltre" a tutti i dettagli immaginosi ed irrilevanti dei racconti evangelici su Gesù per raggiungere quel che Bultmann considerava la verità centrale della fede cristiana il "kerygma" (dal greco "proclamazione") dell'Evangelo. Il kerygma era definito in termini esistenzialisti, sottolineando l'esperienza individuale di Dio ed il personale appello alla decisione. Così come gli altri studiosi critici prima di lui. Bultmann accettava l'idea di separare il Gesù della storia dal Cristo della fede. Mentre, però, gli altri studiosi cercavano di usare la storia per sovvertire la fede, Bultmann cercava di isolare la fede dalla storia. Si potrebbe dire che egli trattasse il NT come una spiga di granoturco, togliendone le foglie per giungere alla parte a noi utile, il cuore, il "kerygma", appunto. Il problema di questo approccio, naturalmente, era il suo essere totalmente soggettivo. Se non possiamo confidare in ciò che il NT ci dice che Gesù diverse e facesse, allora siano liberi di definirlo come vogliamo. Chi può decidere quale sia l'essenza del vangeli, se non Gesù stesso?

Un Gesù comprensibile, crocifiggibile e conseguenziale

Se studiamo Gesù nel quadro del suo contesto storico e alla luce di quei fatti che generalmente persino gli studiosi non-cristiani considerano veri, possiamo giungere a conclusioni certe su come egli avrebbe potuto essere. Ecco tre test che un qualsiasi ritratto di Gesù deve essere sottoposto per essere considerato storicamente plausibile.
  • Comprensibile. Gesù era un ebreo del primo secolo che proveniva dalla Galilea e possiamo attenderci che le sue parole e azioni combacino con questo contesto storico e geografico. Il suo messaggio deve essere stato comprensibile e, a certi livelli, plausibile ad ebrei del primo secolo, per poter essere ascoltato. Ecco perché è molto difficile vedere in Gesù un mito pagano o un filosofo cinico. Questi ritratti semplicemente non avrebbero senso nel contesto ebraico di Gesù.
  • Crocifiggibile. Gesù deve pure avere detto e fatto cose piuttosto offensive per far sì che le autorità ebraiche lo volessero crocifiggere. Se egli fosse stato un semplice maestro di morale, o se avesse solo parlato contro l'oppressione romana, è ben difficile immaginarci come ebrei che condividevano gli stessi fini e valori avrebbero voluto vederlo crocifisso. Vi deve essere stato qualcosa di veramente blasfemo nelle sue parole ed azioni.
  • Conseguenziale. Gesù ha tanto influito sui primi cristiani da renderli disposti a soffrire e morire per la loro testimonianza che egli sia risorto dai morti. Un profeta fallito od un rivoluzionario potrebbe avere attratto al massimo un'ammirazione durevole, ma che cos'è successo per spingere degli ebrei devoti e monoteisti ad adorare quest'uomo dopo la sua morte?
Sebbene non manchino teorie rivali su Gesù, i cristiani non devono sentirsene minacciati. Con adeguata preparazione, confrontarci con questi critici può di fatto approfondire la nostra fede e rafforzare il nostro rapporto con il Signore che davvero ha camminato fra di noi.

Tratto da: http://www.thegospelcoalition.org/article/refuting-5-false-theories-about-jesus

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