In Giovanni 9 troviamo il racconto della guarigione operata da Gesù di un uomo che era nato cieco. Allora come oggi il racconto è uno splendido esempio di testimonianza resa alla potenza del Cristo, ma possiamo definirlo "evangelizzazione"?
"Essi dunque chiamarono per la seconda volta l'uomo che era stato cieco, e gli dissero: «Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore». Egli rispose: «Se egli sia un peccatore, non so; una cosa so, che ero cieco e ora ci vedo" (Giovanni 9:24-25).L'affermazione "Da' gloria a Dio" sembra positiva fintanto che leggiamo il resto della frase, in cui leggiamo che i Farisei ne avevano concluso che Gesù era un peccatore e che quindi non avrebbe potuto operare quel miracolo. "Da' gloria a Dio" in quel contesto, significa: "Dà gloria a Dio dicendo la verità che ...non è possibile che quel Gesù ti abbia guarito, perché è un peccatore". Quell'uomo, che non conosceva Gesù, può solo affermare: "una cosa so, che ero cieco e ora ci vedo". Con le sue semplici parole l'uomo rende testimonianza a Gesù. Rende testimonianza dell'opera di Cristo che guarisce. Però, egli non predica l'Evangelo.
Dove voglio arrivare? Che nell'ambito evangelicale si fa spesso uso di un linguaggio che non è sempre sano o biblico. Avete, per esempio, sentito di qualcuno che, con gergo tipico, dice: "È mia intenzione diventare un evangelista così potrò testimoniare per Cristo", oppure "L'altro giorno ho avuto l'opportunità di testimoniare", per significare: "Ho condiviso con qualcuno l'Evangelo". Tendiamo a fare uso dei termini "evangelizzare" e "testimoniare" in modo intercambiabile, ma non si tratta di sinonimi. Ogni qual volta richiamo l'attenzione sulla persona ed opera di Cristo io rendo testimonianza a Cristo, va bene, ma non è però la stessa cosa che predicare l'Evangelo.
Una tecnica di testimonianza pubblica usata in circoli evangelicali è quella di mettere per iscritto il racconto di come si è giunti alla fede e poi impararlo a memoria per essere pronti a farlo conoscere quando se ne presenta l'occasione. È cosa certamente importante che dimostra la concretezza e la rilevanza dell'opera di Cristo. Non dovremmo, però, confondere la nostra personale testimonianza di fede con l'Evangelo. Raccontare di come siamo divenuti credenti non è evangelizzazione. Si tratta, al massimo, di pre-evangelizzazione, di un'introduzione all'Evangelo, che dovrà necessariamente seguirne. Di per sé, però, non è evangelizzazione. Evangelizzare non è parlare di noi, ma significa parlare di Gesù. Non è parlare della nostra vita, ma della vita, morte e risurrezione di Gesù. È proclamazione della Persona e dell'opera di Cristo e del suo valore, seguita dall'appello al ravvedimento ed alla fede in Lui.
Lo vediamo da questo brano del'Evangelo di Giovanni. L'uomo guarito certo poteva dire: "Ero cieco ed ora ci vedo": indubbiamente una meravigliosa testimonianza. Non si trattava, però, dell'Evangelo. Quell'uomo non poteva dire ai Farisei dell'opera redentrice di Gesù morto in croce come sacrificio espiatorio dei peccati di coloro che Gli appartengono (cosa che allora non era ancora avvenuta) e di come essi avrebbero potuto essere salvati dai loro peccati, vale a dire per fede in Lui.
Abbiamo così bisogno di apprendere non solo le nostre testimonianze, ma soprattutto gli elementi concreti ed il contenuto dell'Evangelo biblico. L'evangelizzazione avviene quando la Buona Notizia è proclamata ed annunciata alla gente - quello è l'Evangelo.
Da R. C. Sproul: http://www.ligonier.org/blog/your-testimony-not-gospel/
Nessun commento:
Posta un commento