Non si avrebbe il diritto di parlare e di difendere la famiglia tradizionale se si è divorziati e risposati o conviventi o se si è stati coinvolti in questo o quest’altro episodio moralmente discutibile. È così?
Niente affatto. I ritornelli dei critici “esperti di moralità” sono solo pretesti spesso in mala fede e frutto di presunzione ed ignoranza. Fermo restando che i casi della vita privata sono appunto privati e riguardanti al massimo solo i propri confessori o pastori, è perfettamente legittimo credere, sostenere e promuovere un principio ideale ammettendo, nel contempo, la propria inadeguatezza a raggiungerlo e i propri fallimenti a cui si vuole, però, porre rimedio, assumendo quel principio a punto di arrivo a cui tendere. I cristiani credono a modelli etici e morali assoluti radicati nel messaggio biblico ai quali bisogna conformarsi per la gloria di Dio ed il nostro bene, ma anche nella corruzione della natura umana che ci porta spesso a cadere e ad esserne incoerenti. Cadere, però, non significa rimanere a terra, ma, con l’aiuto di Dio, rialzarsi e proseguire il cammino verso quella meta.
Inoltre, vi è la regola, la norma, e vi sono le inevitabili eccezioni. Non ci si può, però, riferire alle eccezioni, esaltandole, per relativizzare o per negare la regola, né si possono assumere le eccezioni per farle diventare regola (normalizzarle). Quest’ultima diventerebbe necessariamente provvisoria, relativa, mutevole nel tempo in una costante parabola discendente. Così si ottiene solo un sempre maggiore degrado e non il (conclamato) progresso. Per la creatura umana Dio ha stabilito una norma creazionale (la Sua legge morale): questa definisce e regola anche il matrimonio. Quella è la norma ultima a cui bisogna fare riferimento, quella è da onorare e promuovere, a quella bisogna tendere. Quando è subentrato il peccato e il conseguente degrado, sono apparse realtà corrotte ed eccezioni alla regola, di minore o maggiore lontananza dalla norma. Esse non sono e non devono essere considerate “la nuova norma”, tentare di “normalizzarle” ma, sostenendo la regola ultima, sono semmai da guarire, tendendo a ristabilirla.
Il Signore Gesù sosteneva pienamente la norma creazionale (la legge morale stabilita da Dio e condensata nel Decalogo), ma teneva conto misericordiosamente delle realtà degradate ed eccezioni che aveva attorno a sé, non per normalizzarle, per farle assumere a nuova norma, ma per guarirle e riportarle pazientemente in necessaria conformità alla norma creazionale. Il Signore Gesù accoglieva misericordiosamente, ad esempio, situazioni di divorzio, adulterio, promiscuità, e persino prostituzione, non per “accettarle” ed assumerle in maniera tollerante a nuova norma, a “accettabile alternativa”, ma con l’intenzione di risanarle e ristabilire così rapporti normali. Il Suo perdono ed accoglienza non era finalizzato alla tolleranza indiscriminata (“basta che ci sia l’amore”). Egli non “le benediva” ma la sua misericordia era tesa alla loro guarigione.
Da notare, inoltre, come le citate situazioni di degrado (divorzio, adulterio, promiscuità, prostituzione) rimangono nell’ambito del rapporto uomo-donna e non vi si comprende mai perversioni come omosessualità, incesto, pedofilia, bestialità ecc. Perché? Sono forse “implicate” e da annoverarsi fra le prime? No, Gesù è ben lungi dal “normalizzare” queste ultime e non dice: “Va bene, basta che ci sia l’amore”, ma le condanna. Egli lo fa, se non nei racconti dei vangeli (che non esauriscono l’insegnamento di Gesù) certamente negli altri scritti del Nuovo Testamento.
Non c’è dunque alcuna contraddizione o incoerenza per chi ha vissuto situazioni di cadute e degrado morale e se, grazie alla misericordia di Dio, se ne è ravveduto, sostenere e promuovere la norma creazionale, perché a quella intende tendere. Divorziati e risposati, ex-adulteri, ex-promiscui, ex-prostitute, e persino omosessuali che lottano contro le tendenze che hanno in sé stessi e riconoscono la norma creazionale della famiglia tradizionale (la norma creazionale), possono benissimo partecipare ad un “Family day”. Nessuna incoerenza in questo. Il “Family Day” non è fatto per coloro che aderiscono perfettamente (semmai esistessero) alla norma che essi intendono sostenere e promuovere, ma a per peccatori salvati per grazia in Gesù Cristo che si sono ravveduti dai loro peccati e che a quella norma intendono conformarsi, con l’aiuto di Dio. Potranno ancora inciampare e cadere. L’importante è che si rialzino. Se poi magari non lo fanno, è cosa che riguarda loro e Dio, e per la quale dovranno rendergli conto e la disciplina della comunità cristiana a cui appartengono. Proclamare la norma creazionale e chiamare l’intera società, per il suo stesso bene, a conformarvisi, rimane nostro dovere. Il guaritore pure porta le proprie dolorose ferite, il che non gli impedisce di parlare di piena salute e integrità e di adoperarsi per raggiungerla e farla raggiungere.
Niente affatto. I ritornelli dei critici “esperti di moralità” sono solo pretesti spesso in mala fede e frutto di presunzione ed ignoranza. Fermo restando che i casi della vita privata sono appunto privati e riguardanti al massimo solo i propri confessori o pastori, è perfettamente legittimo credere, sostenere e promuovere un principio ideale ammettendo, nel contempo, la propria inadeguatezza a raggiungerlo e i propri fallimenti a cui si vuole, però, porre rimedio, assumendo quel principio a punto di arrivo a cui tendere. I cristiani credono a modelli etici e morali assoluti radicati nel messaggio biblico ai quali bisogna conformarsi per la gloria di Dio ed il nostro bene, ma anche nella corruzione della natura umana che ci porta spesso a cadere e ad esserne incoerenti. Cadere, però, non significa rimanere a terra, ma, con l’aiuto di Dio, rialzarsi e proseguire il cammino verso quella meta.
Inoltre, vi è la regola, la norma, e vi sono le inevitabili eccezioni. Non ci si può, però, riferire alle eccezioni, esaltandole, per relativizzare o per negare la regola, né si possono assumere le eccezioni per farle diventare regola (normalizzarle). Quest’ultima diventerebbe necessariamente provvisoria, relativa, mutevole nel tempo in una costante parabola discendente. Così si ottiene solo un sempre maggiore degrado e non il (conclamato) progresso. Per la creatura umana Dio ha stabilito una norma creazionale (la Sua legge morale): questa definisce e regola anche il matrimonio. Quella è la norma ultima a cui bisogna fare riferimento, quella è da onorare e promuovere, a quella bisogna tendere. Quando è subentrato il peccato e il conseguente degrado, sono apparse realtà corrotte ed eccezioni alla regola, di minore o maggiore lontananza dalla norma. Esse non sono e non devono essere considerate “la nuova norma”, tentare di “normalizzarle” ma, sostenendo la regola ultima, sono semmai da guarire, tendendo a ristabilirla.
Il Signore Gesù sosteneva pienamente la norma creazionale (la legge morale stabilita da Dio e condensata nel Decalogo), ma teneva conto misericordiosamente delle realtà degradate ed eccezioni che aveva attorno a sé, non per normalizzarle, per farle assumere a nuova norma, ma per guarirle e riportarle pazientemente in necessaria conformità alla norma creazionale. Il Signore Gesù accoglieva misericordiosamente, ad esempio, situazioni di divorzio, adulterio, promiscuità, e persino prostituzione, non per “accettarle” ed assumerle in maniera tollerante a nuova norma, a “accettabile alternativa”, ma con l’intenzione di risanarle e ristabilire così rapporti normali. Il Suo perdono ed accoglienza non era finalizzato alla tolleranza indiscriminata (“basta che ci sia l’amore”). Egli non “le benediva” ma la sua misericordia era tesa alla loro guarigione.
Da notare, inoltre, come le citate situazioni di degrado (divorzio, adulterio, promiscuità, prostituzione) rimangono nell’ambito del rapporto uomo-donna e non vi si comprende mai perversioni come omosessualità, incesto, pedofilia, bestialità ecc. Perché? Sono forse “implicate” e da annoverarsi fra le prime? No, Gesù è ben lungi dal “normalizzare” queste ultime e non dice: “Va bene, basta che ci sia l’amore”, ma le condanna. Egli lo fa, se non nei racconti dei vangeli (che non esauriscono l’insegnamento di Gesù) certamente negli altri scritti del Nuovo Testamento.
Non c’è dunque alcuna contraddizione o incoerenza per chi ha vissuto situazioni di cadute e degrado morale e se, grazie alla misericordia di Dio, se ne è ravveduto, sostenere e promuovere la norma creazionale, perché a quella intende tendere. Divorziati e risposati, ex-adulteri, ex-promiscui, ex-prostitute, e persino omosessuali che lottano contro le tendenze che hanno in sé stessi e riconoscono la norma creazionale della famiglia tradizionale (la norma creazionale), possono benissimo partecipare ad un “Family day”. Nessuna incoerenza in questo. Il “Family Day” non è fatto per coloro che aderiscono perfettamente (semmai esistessero) alla norma che essi intendono sostenere e promuovere, ma a per peccatori salvati per grazia in Gesù Cristo che si sono ravveduti dai loro peccati e che a quella norma intendono conformarsi, con l’aiuto di Dio. Potranno ancora inciampare e cadere. L’importante è che si rialzino. Se poi magari non lo fanno, è cosa che riguarda loro e Dio, e per la quale dovranno rendergli conto e la disciplina della comunità cristiana a cui appartengono. Proclamare la norma creazionale e chiamare l’intera società, per il suo stesso bene, a conformarvisi, rimane nostro dovere. Il guaritore pure porta le proprie dolorose ferite, il che non gli impedisce di parlare di piena salute e integrità e di adoperarsi per raggiungerla e farla raggiungere.
Bravissimo Paolo, scritto in modo magistrale, grazie!
RispondiEliminaOttima riflessione pastore, condivido pienamente.
RispondiEliminaSe avessero diritto di parlare solo coloro che sono moralmente indefettibili, allora dovrebbe calare un profondo silenzio, poiché:
"Se tieni conto delle colpe, Signore, chi potrà resistere?
Ma presso di te è il perdono, perché tu sia temuto."
(Salmo 130:3-4).