Anche la teologia, come le Alpi e gli Appennini ha un suo spartiacque, come pure un altipiano su cui la chiesa cristiana deve ancorarsi saldamente se non vuole scivolare più o meno gradualmente o persino precipitare, nell'apostasia. Questo "altipiano" è una concezione elevata di Dio fedele all'insegnamento delle Scritture, alla quale storicamente è stato dato il nome di Calvinismo. Questo essenziale ancoraggio è quanto espone in questo articolo il teologo riformato Steven Lawson, del Ligonier Ministries.
La linea di spartiacque della teologia
Una linea spartiacque (o displuvio) è un limite geografico virtuale che divide il territorio in diversi bacini idrografici. In ogni territorio ai lati di questa linea di separazione, infatti, l'acqua fluisce in una diversa direzione, riversandosi e alimentando diversi corsi d'acqua o addirittura diversi bacini marini. L'Italia è interessata principalmente da due spartiacque: lo spartiacque alpino, che percorre tutte le Alpi che contornano la pianura padana, e lo spartiacque appenninico, che percorre tutta la penisola dalla Liguria alla Calabria.
La geografia non è l'unico posto in cui troviamo una linea di spartiacque. Vi è una linea virtuale che percorre pure tutta la storia della chiesa - uno spartiacque teologico. Questo spartiacque dottrinale separa due diversi corsi o correnti di pensiero che fluiscono in direzione diversa. Per essere specifici, questa linea determina la propria teologia su Dio, sulla creatura umana e sulla salvezza. Si tratta del punto più alto del pensiero e divide ogni dottrina in due scuole. Storicamente, questi due modi di pensare su Dio e sulla Grazia salvifica sono stati chiamati in modo diverso. Alcuni li hanno identificati come Agostinismo e Pelagianesimo. Altri li hanno chiamati Calvinismo ed Arminianesimo. Altri li hanno definiti come riformato e cattolico-romano, mentre altri ancora hanno usato i termini Predestinazione e Libero Arbitrio. Qualunque nome si attribuisca loro, queste correnti hanno determinato lo Spartiacque della teologia.
Questa linea divisoria differisce dallo spartiacque geografico solo per un aspetto chiave. Mentre l'acqua scorre verso il Nord e verso il Sud delle Alpi (per dirne una) per discendere verso le pianure e poi nel mare, il terreno di entrambi i versanti dello spartiacque dottrinario sono molto diversi. Da una parte troviamo i solidi altipiani della verità, dall'altra parte gli scoscesi precipizi delle mezze verità e dell'errore pieno.
Lungo i secoli, stagioni di riforma e di risveglio nella chiesa sono sopraggiunti quando la Grazia sovrana di Dio è stata proclamata apertamente ed insegnata chiaramente. Quando una concezione elevata di Dio è stata infusa nel cuore e nella mente del popolo di Dio, la chiesa si è posta a sedere sugli elevati altipiani della verità trascendente. Questo terreno elevato è stato il Calvinismo - davvero un altipiano per la chiesa. Le Dottrine della Grazia servono per elevare l'intera vita della chiesa. Il grande teologo di Princeton B. B. Warfield, scrivendo ormai più di un secolo fa, con grande percezione aveva notato: "Il mondo dovrebbe rendersi conto con sempre maggiore chiarezza che l'Evangelicalismo si regge o cade con il Calvinismo". A prima vista, questa sorprendente affermazione può sembrare un'esagerazione, o persino un'iperbole. Più la si soppesa, però, maggiormente si può discernere che l'Evangelicalismo - quella parte del corpo di Cristo che giustamente sostiene l'inerranza delle Scritture, la depravazione totale dell'uomo, e la sovranità di Dio in ogni aspetto della vita - ha sempre bisogno delle dottrine della Grazia sovrana per ancorarsi fermamente sull'altipiano. Senza gli insegnamenti teologici della verità affermata dalla Riforma al riguardo della sovranità di Dio nella salvezza delle creature umane, la chiesa ne esce indebolita e vulnerabile, e presto inevitabilmente declina in credenze più basse, inadeguate oppure errate, che se ne renda conto oppure no.
Ogni qual volta la chiesa diventa sempre di più antropocentrica (incentrata nell'Uomo), essa comincia a scivolare a valle, spesso senza più la possibilità di risalire, e sempre a suo detrimento. Una volta lasciato l'altipiano del Calvinismo, una chiesa assorbita in sé stessa si lascia andare completamente sul piano inclinato dell'Arminianesimo, il che risulta in una perdita di stabilità fondazionale. Tragicamente, però, la discesa raramente non finisce lì. Storicamente la dottrina antropocentrica ha servito solo come catalizzatore per cadute sempre più grandi. Scendendo dai pendii dell'Arminianismo si troverà ben presto la chiesa che affonda sempre di più nel pantano fangoso di idee eretiche. Una tale discesa inevitabilmente lascia spazio al liberalismo, la reiezione totale dell'autorità assoluta della Scrittura. Dal liberalismo - a suo tempo - la chiesa cade ancora più in basso nell'ecumenismo, quella filosofia mortale che abbraccia tutte le religioni come se avessero una parte di verità. Continuando a scendere a spirale, la chiesa precipita nell'universalismo, la dannata credenza che alla fine tutti saranno salvati. Peggio ancora, l'universalismo lascerà spazio all'agnosticismo, quella concezione degenerata che non si può neanche sapere alla fine se vi sia o no un Dio. Infine, la chiesa cade nell'abisso più profondo - le fiamme infernali dell'ateismo, la credenza che non vi sia alcun Dio.
La necessità che le dottrine della Grazia sovrana siano fermamente stabilite nella chiesa non è mai stata più grande di oggi. Il pensiero della chiesa su Dio ha disperato bisogno di fluire nella direzione giusta. Ciò che la chiesa pensa influisce necessariamente sul culto e, una chiesa che renda a Dio il culto che gli è dovuto, sarà una che vive, serve ed evangelizza. La retta concezione della chiesa su Dio e sul modo in cui viene trasmessa la Grazia è quella che plasma ogni cosa ed è di importanza vitale. La chiesa deve ritrovare una visione elevata su Dio e, in quel modo, ancorarsi alla solida roccia della Sua assoluta supremazia su ogni cosa. Solo allora la chiesa avrà un orientamento teocentrico in ogni aspetto del suo ministero. Questo, io credo, è il disperato bisogno del tempo in cui viviamo.
Questo estratto è adattato dall'opera di Steven J. Lawson Foundations of Grace.
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