Ai cristiani di Efeso l’apostolo scrive: “Dio ha vivificato anche voi, voi che eravate morti nelle vostre colpe e nei vostri peccati” (Efesini 2:1). Parla della condizione di morte spirituale in cui quelle persone si trovavano prima che Dio, attraverso la sua predicazione dell’Evangelo, li portasse alla fede in Cristo, all’amore per Cristo ed al servizio attivo per la Sua causa.
In che termini era stato annunciato loro l’Evangelo? Forse con qualcosa di simile a ciò che molte organizzazioni che professano essere cristiane pensano essere evangelizzazione? Dio ti ama… Gesù vuole che tu sia felice… Gesù ti accetta come sei..?
Chi è morto nei suoi peccati di solito è perfettamente a suo agio e spesso già relativamente felice nella sua condizione di morte e dannazione, semplicemente perché il suo spirito è morto, insensibile, inconsapevole della sua condizione di morte spirituale. È come un sonnambulo che, sognando cose belle, sta di fatto camminando sul bordo di un precipizio, inconsapevole del pericolo in cui si trova e che al primo passo falso si sfracellerà giù in basso: un destino ineluttabile.
Chi è morto è privo di percezioni sensoriali è come chi è’anestetizzato durante un’operazione chirurgica nelle mani di un chirurgo incompetente ed omicida. Rivolgergli, quindi, un appello “evangelistico” dicendogli che Gesù può renderlo felice se solo Lo invoca, è del tutto risibile e inefficace. Lui pensa: “Potrà quel Gesù o quel Dio darmi più felicità e soddisfazione di quanta già ne abbia?”. E ...perché non la felicità che gli promette un sorridente e pasciuto Buddah? Potrà al massimo pensare a Dio o a Gesù come ad un qualche “supplemento di felicità” da aggiungere a quella che ha, o come chi prova qualche prodotto che la pubblicità gli presenta come migliore ma che, come ogni pubblicità, ne “sospetta” l’effettiva valenza. Potrà magari sentirsi non abbastanza accettato dalla società, “e questo Dio mi ama! Questo Gesù mi accetta come sono senza pretendere nulla in cambio? Sarà, ma…”.
Come un maiale che si rotola felice nel fango, egli è felice nella sua condizione di peccato. E quand’anche tu, semmai, gli chieda di ravvedersi e di cessare dal peccato contro Dio, gli stai chiedendo di rinunciare al suo peccato, cioè a quello che ama maggiormente. Egli non ha alcuna capacità morale e nessun desiderio di far qualcosa di quel genere.
È così necessario che il suo spirito sia rigenerato, fatto risorgere, da Dio stesso, che sia riportato spiritualmente in vita attraverso l’opera sovrana dello Spirito Santo per mezzo dell’annuncio dell’Evangelo (quello spiegato ed esemplificato nel Nuovo Testamento) ed applicato al suo cuore. Quando quell’opera di Dio comincia ad avvenire in lui, è allora comincia a vedere e sentire la sua misera condizione, il marciume della sua anima, cosa che Dio odia (e non ama) e di meritare altrettanto giustamente solo l’inferno. Egli ne ne sarà giustamente terrorizzato. Solo il Signore stesso, attraverso l’Evangelo biblico, potrà sovranamente calmare una persona in quella condizione e le concederà di vedere come Cristo abbia pagato per lui, morendo in croce, la pena che gli sarebbe dovuta toccare. Sarà così invitato a deporre ai piedi di Cristo, e li abbandonarli, i peccati che lo avrebbero dannato. Questo il peccatore lo farà volentieri riponendo in Cristo la sua fiducia ed incamminandosi come Suo discepolo ad imparare a vivere secondo il Suo insegnamento. E’ così che troverà pace e gioia profonda nella Persona e nell’opera che Cristo ha compiuto. Non sarà “un’aggiunta” alla sua vita, ma si rivelerà una trasformazione radicale.
Chi, sonnambulo, cammina sull’orlo del precipizio, deve essere guidato con grande attenzione (e non “persuaso” che non servirebbe) e portato al sicuro, là dove Dio lo sveglierà dai suoi sogni. Solo allora potrà capire il pericolo in cui si trovava.
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