Le aspirazioni all'autonomia ed alla cooperazione federalista non possono essere realizzate senza una profonda riforma culturale di paesi come i nostri ancora troppo intrisi di cultura gerarchica, delegante, individualista o collettivista che sia. Le radici del federalismo affondano nella fede biblica e protestante tanto che senza una conversione ad essa, un autentico federalismo è impossibile. Ne parla Leonardo De Chirico, nel numero 59 di Studi di Teologia dedicato alle "Ricchezze della teologia dell'alleanza" (Padova, 1° semestre 2018). In interessante articolo dal titolo "La raggiera culturale della teologia dell'alleanza", dopo aver rilevato come la teologia dell'alleanza sia "la spina dorsale di tutta la rivelazione biblica" il De Chirico riflette sulle implicazioni di questa teologia, fra cui quelle politiche nel paragrafo intitolato "Dalla teologia federale al federalismo politico". Riprendo alcune sue argomentazioni che ci danno molto su cui riflettere.
"La ricchezza della teologia dell’alleanza travalica il confine delle relazioni interpersonali, sociali ed ecclesiali. Essa ha anche stimolato il ripensamento dell’architettura istituzionale dello stato. Si capisce allora che il tema del patto non è solo ispiratore di una soteriologia o di un’ermeneutica biblica o di una ecclesiologia particolare. Nelle sue ricadute culturali e pubbliche, è una matrice portatrice di una creatività e di una applicabilità trasversale.
Storicamente, si può sostenere che il federalismo moderno come noi lo conosciamo sia stato elaborato e sperimentato all’interno di una cultura europea e americana profondamente intrisa di protestantesimo. II federalismo moderno è nato con la teologia riformata di Johannes Althusius (1557-1638). Questo non è un dato privo di significato. Il federalismo moderno viene ideato in una cornice religiosa evangelica. Il protestantesimo ha per così dire fornito gli strumenti concettuali e ha costituito l’universo cli valori di riferimento per il suo sviluppo. Tutto ciò ha fatto sì che il protestantesimo sia di fatto diventato la matrice culturale del federalismo. Non l’unica certamente, ma comunque determinante. Questo non è vero solo per quanto riguarda le origini del pensiero federalista, ma anche per quanto riguarda la sua traduzione istituzionale. Il federalismo ha attecchito e funzionato nei paesi di tradizione protestante o comunque con una massiccia presenza protestante. Ancora oggi, quali sono i principali stati ad assetto federale se non alcuni paesi fortemente impregnati di cultura protestante?
Se il discorso sul binomio federalismo-protestantesimo è plausibile, come è possibile parlare di federalismo e soprattutto attuare il federalismo in Italia quando la nostra cultura è stata refrattaria al protestantesimo? Come possiamo attuare riforme in senso federalista se nei nostri geni culturali il cattolicesimo non ha instillato valori come quelli di patto, di libertà, di responsabilità bensì quelli di mediazione che esautora la responsabilità, di delega in bianco e di autoritarismo ecclesiastico? Con questo si vuol suggerire che non basta lottare per una costituzione vagamente federale per avere il federalismo. Senza una cultura giuridica, politica, sociale capace di nutrire il federalismo, una riforma costituzionale in senso federale non servirebbe granché. Sarebbe come avere una bella macchina senza saperla guidare.
Non si può innestare artificialmente il federalismo su una piattaforma che lo respinge culturalmente in quanto ancora impregnata di cultura gerarchica, delegante, individualista o collettivista che sia. Sarebbe un’operazione surrettizia e inconcludente. Ci vuole una cultura diversa, una cultura in grado di reggere il federalismo.
Allora è possibile affermare che la via di avvicinamento al federalismo in Italia ha una strada obbligata, e cioè la scoperta di categorie ideali e valoriali nuove e diverse da quelle che la nostra cultura cattolica ci ha trasmesso. Per il federalismo, l’armamentario culturale italiano è inadeguato, nel suo assetto attuale. Per superare il deficit della nostra cultura cattolica, non bastano nemmeno le istanze autonomiste/localistiche o la protesta anti-centralista o il qualunquismo populista che contesta gli abusi e i soprusi: ci vuole qualcosa di qualitativamente diverso. Per fare il federalismo, bisogna appropriarsi di strumenti che la cultura protestante ha nel tempo affinato: patto trasparente, libertà rendicontabile, responsabilità diffusa, autonomia della comunità locale. Questa è la grande scommessa del federalismo in Italia. La prima, vera riform anecessaria è una riforma spirituale e culturale. Le scorciatoie non portano da nessuna parte. Un discorso analogo vale anche per l’architettura istituzionale dell’Europa".
"Studi di Teologia" può essere richiesto a: "La Casa della Bibbia", Via G. Massari 189a, 10148 Torino, www.lacasadellabibbia.it
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