Il social network FaceBook oscura alla vista dell'utente immagini particolarmente cruente, dandogli poi la scelta di vederle oppure no. La crudeltà umana può raggiungere livelli spaventosi e, indubbiamente turbare. A volte, però, può essere salutare rendersene conto non per morbosità, ma per cercarne la soluzione. Nascondere alla vista soprattutto la condizione del nostro cuore è sfuggire alla realtà e tenerci lontani dal medico che la potrebbe guarire. Quando Gesù sale verso il Golgota portando la croce, è uno spettacolo spaventoso per chi lo ama. Gesù, però, si volta verso chi lo piange e dice...
"Or lo seguiva una grande folla di popolo e di donne, che facevano cordoglio e lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete per me, ma piangete per voi stesse e per i vostri figli" (Matteo 23:27-28).
Che angoscia, che immensa tristezza, che pianti di disperazione e di impotenza per il popolo che lo amava, vedere Gesù, quel meraviglioso ed innocente maestro, che sale faticosamente già grondante di sangue, costretto a portare sulle spalle una trave sulla quale sarà inchiodato e fatto morire come il peggiore fra i criminali. Politici senza scrupoli non si erano fatti alcun problema a liberarsi così di quello che percepivano essere un potenziale fastidioso concorrente.
Per loro indubbiamente era anche una figura scomoda, perché il suo esempio e messaggio faceva loro rimordere la coscienza (eh si, anche loro, benché la reprimessero, ce ne avevano una!).
Nonostante l'insopportabile orrore causato da quello spettacolo e soprattutto dal suo proprio inmitigato dolore, Gesù respinge la compassione verso di lui. Com'è possibile? Dice: "Non piangete per me, ma piangete per voi stesse e per i vostri figli".
Gesù aveva piena consapevolezza che ciò che gli stava capitando avesse piuttosto rapporto con la drammatica condizione morale e spirituale non sua ma di coloro che lo stavano a guardare (allora ed oggi). Sembra dire loro: "Voi che piangete per quello che mi sta capitando, in realtà dovreste piangere e disperare per la vostra condizione morale e spirituale, che è molto più drammatica e dolorosa della mia, della quale neppure vi rendete conto e di cui persino neghereste la realtà!".
Vero, un insopportabile orrore dovrebbe piuttosto essere guardare ai nostri peccati, alla corruzione del nostro cuore, quella che ci separa irreparabilmente da Dio (fonte di ogni vita e salute) e che rovina noi stessi ed il mondo in cui viviamo.
Gesù dice: "Compassione e orrore per i miei patimenti? Certo, mi consola, ma quel che ora patisco, però, è causato proprio da voi!".
No, Gesù lo dice non per rivalsa, per colpevolizzarci per le sue sofferenze, ma per dirci che "quella fine", quella condanna, egli volontariamente se n'è fatto carico affinché noi ne fossimo liberati. Sì, perché Gesù pativa in quel momento "le pene dell'inferno" perché da esse noi ne fossimo liberati. Non molti neanche oggi riescono a entrare "in quell'ordine di idee", così "strano", inconsueto, o persino insensato per questo mondo.
L'antica profezia di Isaia, però, lo afferma chiaramente: "Disprezzato e rigettato dagli uomini, uomo dei dolori, conoscitore della sofferenza, simile a uno davanti al quale ci si nasconde la faccia, era disprezzato, e noi non ne facemmo stima alcuna. Eppure egli portava le nostre malattie e si era caricato dei nostri dolori; noi però lo ritenevamo colpito, percosso da DIO ed umiliato. Ma egli è stato trafitto per le nostre trasgressioni, schiacciato per le nostre iniquità; il castigo per cui abbiamo la pace è su di lui, e per le sue lividure noi siamo stati guariti" (Isaia 53:3-5).
Chi ancora oggi piange amaramente di pentimento a causa della profonda corruzione del suo cuore, del nostro cuore di creature decadute, che ci danna irreparabilmente? Non abbiamo bisogno di aver commesso "chissà che" per piangerla. È la nostra attuale natura che dovrebbe farci orrore perché quand'anche non avessimo infranto alcuna legge umana, noi potenzialmente potremmo renderci colpevoli dei crimini più efferati. Sappiamo che questo è vero, anche se tentiamo di negarlo a noi stessi ed agli altri. In ogni caso, siamo colpevoli di fronte alla legge morale di Dio e, per quanto potremmo contestarlo, la Parola di Dio è chiara sul fatto che "le pene dell'inferno" noi tutti le meritiamo abbondantemente. Nessuna scusa.
Gesù da quelle pene (certe) è venuto per liberarcene, per riconciliarci con Dio, e cominciare noi oggi a essere, rinnovati nell'anima, ad essere nuove creature. Ecco perché ancora oggi l'Evangelo di Cristo ci chiama a partecipare ai benefici della vita, morte e rusurrezione del Salvatore Gesù Cristo.
Prendere molto sul serio la diagnosi che Gesù fà (insieme a tutta la Bibbia) del cuore umano, rilevarne tutto l'orrore, ed accogliere la buona notizia di ciò che egli ha compiuto per noi, ci porta al ravvedimento ed alla fede in lui, e con lui alla nostra riabilitazione davanti a Dio e salvezza. Ignorare, deridere e respingere il vangelo che annunzia, vuole dire solo confermare la nostra perdizione e renderci inescusabili.
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