L’anno calviniano offre l’occasione per mettere a fuoco il modo in cui la fede evangelica è chiamata a fare i conti con coloro che ci hanno preceduto nel cammino del popolo di Dio. Il rapporto con i padri della fede e con la storia in generale non è una questione nuova, né originale.
Il Signore Gesù, nel suo confronto coi farisei, li punge proprio su questo tema quando dice: "Guai a voi perché edificate i sepolcri dei profeti (mnemeia tôn prophetôn) e i vostri padri li uccisero… essi li uccisero e voi edificate loro dei sepolcri" (Luca 11,47-48).
Il rimprovero non è solo rivolto a chi pensava di riparare all'ingiustizia del passato elevando monumenti alla memoria, ma anche a quei farisei che mostravano un deferente rispetto verso le figure del
passato senza prenderle veramente sul serio. In tal modo si pensava ad una sorta d'espiazione.
Questa forma d'ipocrisia andava di pari passo con una reverenza per personaggi ormai lontani idealizzati e svuotati della loro carica dirompente. Parlandone a distanza di tanti anni ci si metteva a posto la coscienza simulando una continuità realisticamente inesistente e pretestuosa.
Il rimprovero non è solo rivolto a chi pensava di riparare all'ingiustizia del passato elevando monumenti alla memoria, ma anche a quei farisei che mostravano un deferente rispetto verso le figure del
passato senza prenderle veramente sul serio. In tal modo si pensava ad una sorta d'espiazione.
Questa forma d'ipocrisia andava di pari passo con una reverenza per personaggi ormai lontani idealizzati e svuotati della loro carica dirompente. Parlandone a distanza di tanti anni ci si metteva a posto la coscienza simulando una continuità realisticamente inesistente e pretestuosa.
Atteggiamenti simili possono essere riscontrati anche oggi. Di fronte ad un padre della fede come Calvino, c’è il rischio di riempirsene la bocca senza davvero essere disposti a rivedere scelte di fondo che hanno allontanato dal suo insegnamento. C’è il rischio anche di portare un nome (“calvinista”) che richiama l’eredità di Calvino senza per questo essere con lui sui nodi nevralgici della fede cristiana.
Le celebrazioni corrono il pericolo di re-imbiancare dei sepolcri, più che promuovere una rivisitazione che porta con sé revisioni autocritiche ed il rilancio della fede evangelica storica.
Nella Scrittura, la coltivazione della memoria non ha un valore retorico, né meramente estetico. E’ l’occasione per fare i conti con il proprio percorso davanti a Dio e per riorientare il cammino nel segno della fedeltà. Dio è stato fedele. Noi lo siamo stati? Come abbiamo trattato i profeti che il Signore ci ha inviato? Come abbiamo risposto alla Sua Parola?
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