"3 Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna colta in adulterio; e, fattala stare in mezzo, 4 gli dissero: «Maestro, questa donna è stata colta in flagrante adulterio. 5 Or Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare tali donne; tu che ne dici?» 6 Dicevano questo per metterlo alla prova, per poterlo accusare. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere con il dito in terra" (Giovanni 8:3-6).
La verità è che nessuno lo sa con certezza che cosa Gesù avesse scritto in terra. Giudicando, però, dal contesto (Mosè e la Legge scritta), la fraseologia del testo, la natura accusatoria della situazione ed il fatto che il solo altro luogo delle Scritture dove vediamo l'illustrazione del dito di Dio che scrive è nell'inscritturazione della legge, vi sono buoni motivi per dedurre che Gesù stesse scrivendo per terra uno o più comandamentî del Decalogo, almeno la prima volta.
"Quando il SIGNORE ebbe finito di parlare con Mosè sul monte Sinai, gli diede le due tavole della testimonianza, tavole di pietra, scritte con il dito di Dio" (Esodo 31:18).
"il SIGNORE mi diede le due tavole di pietra, scritte con il dito di Dio, sulle quali stavano tutte le parole che il SIGNORE vi aveva dette sul monte, parlandovi dal fuoco, il giorno dell'assemblea" (Deuteronomio 9:10).
Questa era la legge di Dio, scritta con il dito di Dio, quella che "ci accusa" tutti! Allo stesso modo, il contesto di Giovanni 8 è la legge di Dio (la legge di Mosè) e di come essa accusa questa donna e la condanna a morte per la sua trasgressione. Gesù, però, essendo venuto per adempiere la legge (non per abolirla) affinché non condanni pure noi che siamo tutti trasgressori della legge, si leva in piedi e dice:
"E, siccome continuavano a interrogarlo, egli, alzato il capo, disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». 8 E, chinatosi di nuovo, scriveva in terra" (Giovanni 8:7-8).
E' in questo contesto che Gesù torna a scrivere in terra. Dopo aver posto la questione su chi di fatto potesse stare di fronte a Dio senza essere condannato per le sue trasgressioni, Egli scrive di nuovo con il dito di Dio, vale a dire: "Chi di loro non ha trasgredito questi comandamenti di Dio?". Nessuno, neanche uno! Forse Gesù stava scrivendo il comandamento specifico che essi avevano trasgredito, o forse i loro nomi a terra in corrispondenza dei comandamenti che avevano infranto. Non lo sapremo mai di certo quaggiù, perché Dio non ha scelto di rivelarcelo. Qualunque cosa il Signore può aver scritto, però, quella era un'illustrazione che tutti noi siamo colpevole di violazione della legge di Dio proprio come quella donna. Quando infatti consideriamo onestamente noi stessi dobbiamo ammettere come sia solo per la grazia di Dio che siamo in vita. Questo è esattamente ciò che Egli aveva "costretto" quella gente a fare. Tutti noi, ignorando le leggi di Dio, meritiamo che i nostri nomi siano scritti in terra e là saremmo, se non fosse per la grazia di Dio.
"Speranza d'Israele, o SIGNORE, tutti quelli che ti abbandonano saranno confusi; quelli che si allontanano da te saranno iscritti sulla polvere, perché hanno abbandonato il SIGNORE, la sorgente delle acque vive"(Geremia 17:13).
Gesù scrive i loro nomi in terra per significare che essi, come quella donna, avevano trasgredito la legge di Dio? Qualunque cosa Egli avesse scritto, aveva fatto vergognare gli accusatori di quella donna, perché erano stati persuasi da quel gesto delle proprie trasgressioni della legge. Nessuno di loro in coscienza avrebbe potuto dire di essere senza peccato, e così nessuno di loro avrebbe potuto di fatto condannarla. "...infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio" (Efesini 2:8). Non siamo salvati perché siamo brava gente ed osserviamo la legge morale di Dio mentre gli altri non lo fanno, o perché noi siamo più giusti degli altri. Siamo salvati solo per la grazia sovrana di Dio. Nessuno di noi potrebbe giustamente condannare un altro. Quello è il privilegio solo di Dio.
"Essi, udito ciò, e accusati dalla loro coscienza, uscirono a uno a uno, cominciando dai più vecchi fino agli ultimi; e Gesù fu lasciato solo con la donna che stava là in mezzo"(Giovanni 8:9).
Vi sono alcuni teologi che sostengono che l'unica ragione per la quale Gesù non avesse loro permesso di lapidarla era perché essi erano in mala fede e cercavano solo un modo per far cadere Gesù in trappola. Ovviamente è vero che essi fossero venuti con quella donna per mettere in trappola Gesù facendogli dire delle cose che avrebbero potuto usare contro di Lui di fronte alle autorità. Il fatto è che Gesù è Dio! Egli non avrebbe eluso la legge semplicemente per placare i Farisei. No, questa potrebbe essere una supposizione umana, ma non è quello che fa Gesù. Gesù fa questo come "ovvia" dimostrazione che essi non erano meglio di quella donna ed erano tanto trasgressori quanto lei, che si trovavano nella stessa posizione. Quello che Gesù fa è rivolgere la legge stessa contro di loro: questo fa aprire loro gli occhi tanto da vedere che di fatto essi pure accusavano sé stessi ed erano essi stessi trasgressori. Si tratta di un'ulteriore dimostrazione che ciascuno di noi senza eccezione ha bisogno di un Salvatore.
Così, quando gli accusatori sono messi a confronto con "la legge" e guardano onestamente a sé stessi, essi si rendono conto di non avere base alcuna per considerarsi migliori di quella donna. Così, cominciando da quello più anziano fra loro, il più saggio, se ne vanno via uno per uno consapevoli delle proprie trasgressioni.
La morale del racconto qui è che la donna, colpevole di avere trasgredito la legge, si trova, grazie al Signore Gesù di non avere più accusatori. E' un esempio spirituale della Chiesa. Essi non la potevano condannare perché Cristo li aveva trovati ugualmente colpevoli, e nemmeno più la legge la condannava, perché, grazie a Cristo, essa era stata liberata dalla sua forza accusatrice. La donna rappresenta la Chiesa e il suo adulterio i nostri peccati che ci accusano. Cristo rappresenta Colui che ci redime dalle trasgressioni della Legge che ci condanna. Si tratta di una verità spirituale che permea le Scritture.
"Gesù, alzatosi e non vedendo altri che la donna, le disse: «Donna, dove sono quei tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannata?» Ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neppure io ti condanno; va' e non peccare più»" (Giovanni 8:10-11)
Quella donna non aveva più accusatori perché, grazie all'intervento di Cristo, neanche Dio la condannava più. Gesù è il fedele Sommo Sacerdote che, come avveniva anticamente nel tempio di Gerusalemme, intinge il dito nel sangue e lo spruzza sul velo del tempio, simbolizzando così la redenzione dai peccati. Quella donna adultera poteva andarsene libera, non più condannata grazie all'intervento di Gesù e senza più peccato! Questa è l'immagine meravigliosa che Dio dipinge in Giovanni 8.
I comandamenti di Dio (la legge) li avrebbero accusati tutti a meno che tutti loro stessi fossero senza trasgressione. Nessuno, se non coloro che sono perdonati in Cristo e che "passano dall'altra parte della cortina" (la Sua carne) potrebbe sfuggire dalla condanna. La figura che qui Dio mostra è che noi tutti, considerando i comandamenti di Dio e i nostri peccati scritti in terra (la trasgressione di quella legge) non ha titolo di condannare gli altri. Proprio come queste persone erano state condannate dalla propria coscienza, noi tutti dobbiamo, giudicando noi stessi con il metro dei comandamenti di Dio, essere persuasi di essere peccatori, rendendoci conto di essere salvati solo per Grazia. Nessuno di noi potrebbe essere considerato privo di peccato.
«Non giudicate, affinché non siate giudicati; 2 perché con il giudizio con il quale giudicate, sarete giudicati; e con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi. 3 Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell'occhio tuo?" (Matteo 7:1-3).
Chiunque consideri le leggi di Dio e poi si guarda attorno per condannare altri come se egli stesso fosse privo di peccato, non comprende il principio che come Dio ha perdonato tutti i nostri peccati non per i nostri meriti, ma per la Sua grazia, così anche noi dobbiamo perdonare i fratelli.
"Dove sono i tuoi accusatori?", Gesù chiede alla donna. "Nemmeno io ti accuso! Va e non peccare più! Uno straordinario esempio che noi che abbiamo riposto la nostra fede in Cristo, non siamo più condannati dalla Legge, ma siamo sotto la grazia di Dio, il Suo favore immeritato. Se noi condanniamo, saremo anche noi condannati da Dio. Noi godiamo della misericordia e del perdono di Dio. Per questo noi dovremmo, allo stesso modo, avere misericordia e perdonare! Considerate la parabola del Re ingiusto (Matteo 18:21-235). Dobbiamo comprendere che quando i comandamenti di Dio sono scritti in terra, tutti noi, confrontandoci con essi, ci scopriamo colpevoli.bAllo stesso modo dobbiamo giudicare fra giusto e sbagliato, buono e cattivo, giusto ed ingiusto, ma non dobbiamo giudicare "il servo altrui" (Romani 14:4). Egli è responsabile solo verso il suo padrone. Non giudichiamo per non essere giudicati!
Naturalmente, non dovremmo prendere questo episodio per giustificare comportamenti contrari alla volontà rivelata di Dio. È la legge di Dio che ci giudica, ma noi veniamo a Cristo per essere liberati dalla condanna che noi dovremmo subire a causa dei nostri peccati e per incamminarci con Lui sulla via della riforma morale e spirituale della nostra vita.
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