Come cristiani dobbiamo evitare, tenerci alla larga, da quelle compagnie che ci potrebbero influenzare negativamente allontanandoci dal modo di pensare, di parlare e di agire che ci insegna Cristo nella Sua Parola. Come infatti afferma l’Apostolo: “Non v'ingannate: «Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi»” (1 Corinzi 15:33).
Se questo riguarda i nostri rapporti con “il mondo”, può sembrarci sorprendente quanto lo stesso Apostolo ci dice al riguardo della necessità di stare alla larga da ...certi fratelli in fede! Per alcuni questo potrebbe sembrare un’esortazione addirittura “scandalosa”. Non dovremmo forse cercare con essi l’unità, la fratellanza, la pace, la concordia? Eppure, in certi casi, “stare a distanza di sicurezza” da certi fratelli o sorelle, non solo è un consiglio dell’Apostolo, ma un comando che egli ci rivolge nel nome di Cristo!
Questo è quanto l’Apostolo scrive nella seconda lettera ai Tessalonicesi:
“Fratelli, vi ordiniamo nel nome del nostro Signore Gesù Cristo che vi ritiriate da ogni fratello che si comporta disordinatamente e non secondo l'insegnamento che avete ricevuto da noi” (2 Tessalonicesi 3:6).
Chi sono questi fratelli o sorelle che “si comportano disordinatamente”? Che cosa vuol dire “comportarsi disordinatamente”? Che cosa vuol dire “ritirarci” da essi?
In greco, il termine tradotto “disordinatamente” è ἀτάκτως, letteralmente (comportarsi) “in modo disordinato”, detto di persona che “non sta nei ranghi”, insubordinata alla Parola di Dio, mancante di ordine, di disciplina, indisciplinata. Questo termine deriva da “ἄτακτος”, vale a dire: senza ordine, “fuori dalle linee”, “fuori dalle righe”, “fuori posto”, sregolato, che agisce al di fuori dall’ordinamento stabilito da Dio, che si rifiuta di osservare le linee di condotta stabilite da Dio e che gli apostoli autorevolmente insegnano nel nome del nostro Signore Gesù Cristo. Può apparire sorprendente che questo possa avvenire per una persona che si professi cristiana, ma avviene non di rado.
Altre traduzioni italiane, allo stesso versetto, riportano: "Vi ordiniamo pertanto, fratelli, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, di tenervi lontani da ogni fratello che si comporta in maniera indisciplinata e non secondo la tradizione che ha ricevuto da noi.a" (CEI), "Fratelli, in nome del Signore Gesù Cristo, vi do un comando: state lontani da quei fratelli che vivono una vita disordinata e vanno contro le istruzioni che hanno ricevuto da me" (TILC).
Vi erano (e vi sono), dunque, fratelli in fede che si comportano in maniera indisciplinata, che “non stanno nei ranghi”, che non seguono le linee, i criteri, di condotta stabiliti dall’insegnamento apostolico (che per noi è Parola di Dio), che sono fondamentalmente insubordinati, indisciplinati, non solo per negligenza, ma anche per “partito preso”, che, come cavalli ancora del tutto da domare, ostinatamente seguono quanto più loro aggrada in modo individualista e soggettivo. Spesso si premurano persino di giustificare la loro insubordinazione facendo appello alla libertà che avrebbero, oppure ad una presunta “interpretazione diversa” che loro avrebbero del comportamento cristiano e che condannano, a loro volta, “chi sta nei ranghi”.
Mi ricordo sempre di un tale fratello in fede che, condannando la necessaria disciplina morale e spirituale che deve caratterizzare un figliolo di Dio ubbidiente al suo Signore e che consiste anche nell’ubbidienza ai legittimi conduttori della comunità e alle dottrine bibliche ortodosse, condannava con sarcasmo chi, secondo lui, stava diligentemente “allineato e coperto”. Questa espressione, che lui prendeva dalla terminologia militare, indica lo schieramento ordinato delle truppe comandato dal capitano ed imposto dal caporale, cosa che, evidentemente con vena antimilitarista, egli condannava, dileggiando chi vi si sottoponeva in nome di un “pensiero autonomo” e “responsabile”.
Ordine e disciplina, però, fanno parte del modo di pensare e di vivere di chi è parte di quel corpo che è chiamato chiesa. “...perché Dio non è un Dio di confusione” (1 Corinzi 14:33) e “ogni cosa sia fatta con dignità e con ordine” (1 Corinzi 14:40). Inoltre, secondo le confessioni di fede evangeliche riformate, la disciplina fa parte dei segni che contraddistinguono la vera chiesa, dopo la predicazione della Parola di Dio e la retta amministrazione dei sacramenti. La disciplina, però, “stranamente” è la grande “dimenticata” delle chiese moderne, alla quale molti si dimostrano del tutto “allergici”. E’ vero che una chiesa o comunità può abusare del concetto di disciplina e di ubbidienza, ma l’abuso non elimina l’uso legittimo. Il rifiuto di un uso esagerato e tirannico della disciplina non implica l’anarchia. Oggi sembra di essere nel tempo in cui “...non vi era re in Israele; ognuno faceva quello che gli pareva meglio” (Giudici 17:6).
La Confessione di fede belga afferma: “I tratti distintivi per conoscere la vera Chiesa sono questi: Se la Chiesa pratica la pura predicazione del Vangelo; se essa pratica la pura amministrazione dei sacramenti, come Cristo li ha ordinati; se la disciplina ecclesiastica è praticata per correggere i vizi. In breve, se ci si regola secondo la pura Parola di Dio, rigettando tutte le cose contrarie ad essa avendo Gesù Cristo come il solo capo. In base a questo si può essere sicuri di conoscere la vera Chiesa, ed è il dovere di ognuno di non esserne separato” (Dei tratti distintivi della vera chiesa, art. 29).
Qui “il fratello che si comporta disordinatamente” è quel credente che ostinatamente e persistentemente rifiuta di conformarsi a quanto la Parola del Signore prescrive per la sua vita come precisi suoi doveri morali a livello individuale, nella sua famiglia, per quanto riguarda il suo lavoro e i rapporti con gli altri. E’ la disciplina morale e spirituale della Chiesa.. Tale fratello è chi in modo persistente e notorio non è di buona testimonianza nella società che lo circonda e che è di scandalo.
La chiesa cristiana antica “godeva il favore di tutto il popolo” (Atti 2:47) dando testimonianza di una vita morale, amorevole, solidale e coerentemente religiosa. Gesù diceva: “Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Giovanni 13:35). Può capitare il caso, però, che vi siano credenti che non solo non danno una buona testimonianza nella società, ma sono addirittura di scandalo per il mondo. L’antico popolo di Israele talvolta era ripreso dai profeti in questi termini: «Il nome di Dio è bestemmiato per causa vostra fra gli stranieri» (Romani 2:24) e può succedere fra i cristiani.
Allora i responsabili della comunità hanno il dovere di riprendere e disciplinare il credente che se ne rende colpevole, applicandogli, nel caso di persistenza, le sanzioni disciplinari che la Scrittura prevede per “i disordinati”, le quali possono legittimamente giungere al suo allontanamento temporaneo dalla comunità.
Allora, nella comunità di Tessalonica vi erano alcuni che con il pretesto del ritorno imminente del Signore, non onoravano più le loro responsabilità lavorative e familiari. Altri, con la scusa della grazia e del perdono di Dio, “si concedevano un po’ troppe libertà”, cadendo in palesi immoralità e giustificando in vario modo il loro comportamento. Ecco allora che l’Apostolo ribadisce: “...quel che vi ho scritto è di non mischiarvi con chi, chiamandosi fratello, sia un fornicatore, un avaro, un idolatra, un oltraggiatore, un ubriacone, un ladro; con quelli non dovete neppure mangiare” (1 Corinzi 5:11).
In altre parole, la comunità “deve fargli pesare” il suo comportamento tenendolo “alla larga” fiontanto che non se ne ravvede e non cambia. “Ritirarci” è la traduzione di: στέλλεσθαι da στέλλω, bloccare, sospendere, “arrivare ad un punto morto”, figurativamente “reprimere” e, in modo riflessivo, “astenersi dall’associarsi con”, evitare. Questo non è solo un “consiglio”, ma un ordine dato ai credenti “in nome di Cristo”.
Casi come questo devono essere valutati di volta in volta, caso per caso, dai responsabili della comunità cristiana alla quale appartiene. Il “ritirarsi” da fratelli “disordinati” riguarda la comunità cristiana che ha il diritto ed il dovere di “giudicare” rispettando diligentemente i canoni biblici che riguardano la disciplina di chiesa.
Come ogni cosa anche questo è “rischioso” quando il giudizio su un fratello o una sorella in fede viene fatto sommariamente in modo ipocrita. Oggi si corrono rischi opposti: il liberalismo da una parte, dove tutto è tollerato, il “laisez faire” ed il rigorismo farisaico di chi si esige conformità alle proprie persuasioni, altrimenti “sei fuori”. Esiste “una via di mezzo”? Certamente. Con umiltà e compassione, ma con decisione dobbiamo stare lontani dai “disordinati” pertinaci. Questo non vuiol dire che non si possa parlare con loro, anzi, bisogna far loro capire che certi comportamenti non sono ammissibili per un cristiano. Di fronte, però, alla persistente ostinazione di chi “non sente ragione”, abbiamo il dovere di “ritirarci”.
Nessun commento:
Posta un commento