Un recente sondaggio ha rilevato una sorprendente tendenza nella nostra società. Secondo questo sondaggio, l'evidenza sembra indicare come non vi sia alcun chiaro modello comportamentale nella nostra società che distingua coloro che si professano cristiani da gli altri. Guardando ai mutevoli criteri della cultura contemporanea al riguardo della base di ciò che sia una condotta accettevole, sembriamo tutti marciare allo stesso passo, al ritmo battuto da un unico tamburino. Ci adattiamo acriticamente al "così fan tutti" come l'unica nostra norma etica. I promotori della secolarizzazione e coloro che ambiscono di omologare la società, di questo potrebbero rallegrarsene, ma non certo dei cristiani che guardano alla loro fede non solo come una sorta di "assicurazione per l'aldilà", ma come uno stile di vita per l'aldiqua conforme alla volontà rivelata da Dio. Un altro grave errore, pure molto diffuso, è quello di equiparare il vago umanesimo oggi prevalente (in maggiore o minor misura) con i principi della fede cristiana, o persino veder possibile ed auspicabile per il funzionamento ottimale della società una sorta di "minimo comune denominatore" fra le religioni, un "tollerante compromesso ecumenico. Si tratta ingenuità questa che solo ignoranza e superficialità può far contemplare.
Queste tendenze possono emergere solo in una società o chiesa dove ormai eclissata è la legge rivelata da Dio. La parola stessa "legge" per molti ha oggi persino un nonsoché di sgradevole, soprattutto in quei circoli cristiani dove si crede che essa sia "superata" e che basti, per caratterizzare il nostro comportamento, un generico e non meglio precisato "amore".
Ben altro era l'atteggiamento del popolo di Dio nell'Antico Testamento (e si badi bene, "antico" non vuole dire "superato") e del Signore Gesù stesso che affermava di non essere venuto per abolire la legge di Dio a per compierla.
Facciamo un esperimento. Legge del Salmo 119 in particolare i vv. 97, 11-12, 131, quelli riportati qui sotto. Cercate di mettervi "nella pelle" dello scrittore e manifestategli empatia. Cercate di sentire ciò che egli sentiva quando scriveva quelle parole migliaia di anni fa.
Vi sembrano i sentimenti di un cristiano d'oggi? Quanto spesso avete udito la gente dire di anelare appassionatamente la legge di Dio? Avete mai udito i vostri amici esprimere gioia nel contemplare e vivere i comandamenti di Dio rallegrandosene?
Come si può ubbidire alla legge morale senza diventare legalisti?
Noi ubbidiamo alla legge morale data da Dio per regolare il nostro comportamento, comprendendo, prima di tutto, a che cosa serve - e ci sono diversi modi per esprimerlo.
Pensiamo al gioco del golf o ad un qualsiasi altro sport. Il golf lo si gioca seguendo le sue regole. Non avrebbe senso un giocatore di golf che dicesse: "Aspetta che avvicino la pallina un po' di più alla buca". Se l'avversario dicesse: "Va bene, fallo pure" il gioco smetterebbe di funzionare perché non sarebbe giocato secondo le sue regole.
Prendete i Dieci Comandamenti, il Decalogo, che riassume la legge morale di Dio. La legge morale data in Esodo 20 è una forma scritta della maniera in cui Adamo ed Eva, i nostri progenitori, dovevano "funzionare" come creature umane. Essi, naturalmente, sono scritte ora per dei peccatori quali noi siamo - ecco perché molti di essi sono espressi come proibizioni. La legge, però, è il quadro di riferimento per una vita davvero compiuta. "Funzionerai" come immagine di Dio, quale sei, solo nella misura in cui darai espressione nella tua vita a quei princìpi.
Se facciamo così, confidando nel Signore, non si corre alcun pericolo di diventare legalisti. In un certo qual senso è vero, come dice qualcuno, che "ogni ubbidienza alla legge è legalistica", perché ciò che irrita chi dice così è che non vorrebbero che nessuno dicesse loro come comportarsi. Se però sei un cristiano, Gesù è il tuo Signore, ed ha ben il diritto di dirti come devi comportarti - e tu ne sei riconoscente, perché è solo per il tuo bene. Gesù dice: "Se mi amate, osserverete i miei comandamenti" (Giovanni 14:15). La fede in Cristo produce amore per Cristo, e l'amore per Cristo produce il desiderio di essere come Cristo. Cristo ha adempiuto la legge e quindi essere come Cristo adempie alla legge.
Vi sono due altri elementi. Uno è che osservare la legge vuol dire compiacere il nostro Padre celeste. L'altro è che sia la profezia dell'Antico Testamento del Nuovo Patto (Geremia 31:33) e l'epistola agli Ebrei, citano due volte il fatto che "nascere di nuovo" vuol dire vedersi "scrivere sul cuore" la legge di Dio. "...questa è l'alleanza che io stipulerò con la casa d'Israele dopo quei giorni, dice il Signore: porrò le mie leggi nella loro mente e le imprimerò nei loro cuori; sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo (...) Questa è l'alleanza che io stipulerò con loro dopo quei giorni, dice il Signore: io porrò le mie leggi nei loro cuori e le imprimerò nella loro mente" (Ebrei 8:10; 10:16). In un certo qual senso, sorprende non poco che così tanti cristiani che credono nell'opera dello Spirito Santo non siano apparentemente abbastanza istruiti da non sapere lo scopo per il quale è venuto lo Spirito Santo, che è operare nel nostro cuore il desiderio dell'ubbidienza alla legge di Dio, e quello proprio a causa dell'amore e della fiducia che abbiamo nel Signore Gesù Cristo.
Fintanto che teniamo di fronte a noi il nostro amorevole Padre celeste, fintanto che teniamo di fronte a noi il nostro Salvatore, fintanto che teniamo di fronte a noi lo Spirito Santo, saremo preservati dal pericolo di cadere nel legalismo, non importa quanto veniamo accusati di farlo, perché riteniamo importante essere ubbidienti alla legge di Dio.
Quel tipo di accuse di solito viene da gente che non sopporta che qualcuno dica loro che cosa debbono fare, e nel Nuovo Testamento vi sono molti comandi. La risposta a questa domanda è chiara. La sfida è crescere nella grazia affinché quello possa diventare una realtà nella nostra vita.
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