lunedì 10 giugno 2019

Morti e viventi con Cristo (11. Galati 2:20-21)



Aderire ad una religione viene normalmente inteso come il doversi sottomettere a una serie di regole, leggi, ed osservanze, e questo per guadagnarsi il favore e l'approvazione della divinità. Questo vale, per esempio, per l'ebraismo, per l'islam e per diverse versioni di cristianesimo. Da queste regole sempre di più persone oggi vogliono sentirsi libere, per cui si dichiarano "senza religione", "non praticanti" o "non credenti". Se, però, ci si attiene all'insegnamento originale della fede cristiana "sorprendentemente" troveremo che la nostra osservanza di regole, leggi e cerimonie NON è il requisito della nostra salvezza, ma... Vediamo.
"Io sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me; e quella vita che ora vivo nella carne, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me. Io non annullo la grazia di Dio perché, se la giustizia si ha per mezzo della legge, allora Cristo è morto invano" (Galati 2:20-21).
Chi pretende di imporre ai cristiani, in qualsiasi forma, il sistema legale della legge mosaica (o un qualunque altro sistema) dalla cui osservanza si vorrebbe far dipendere la salvezza, di fatto annulla e rinnega la grazia di Dio in Gesù Cristo proclamata dall'Evangelo e fraintende così tutta la fede cristiana. E' un'accusa grave ma fondata che giustifica le forti ed indignate espressioni che l'Apostolo rivolge ai cristiani della Galazia, sviati da insegnamenti eversivi che vanificavano l'Evangelo di Cristo.

Ancora oggi c'è chi diffonde, in un modo o in un altro, insegnamenti altrettanto eversivi che pregiudicano la sostanza della fede cristiana proclamata dagli Apostoli. In questo testo Paolo dichiara come e perché egli, insieme ad ogni autentico cristiano, debba essere considerato "morto" per la legge mosaica come requisito di salvezza, e quindi libero da essa.

La verità centrale proclamata dall'Evangelo è che il Signore e Salvatore Gesù Cristo ha amato i suoi eletti fino al punto di dare per loro Sé stesso completamente. Cristo, così, vive egli stesso una vita di perfetta conformità alla volontà di Dio per guadagnare lui, al loro posto, la loro salvezza; e muore in croce pagando in quel modo Egli stesso, al posto ed in favore dei suoi eletti, la pena che la giustizia di Dio prescrive per averla trasgredita. Coloro che si affidano a Cristo come loro Salvatore possono così dire, come afferma l'Apostolo, che essi siano stati crocifissi con Cristo. "Là su quella croce, con Cristo ed in Cristo, io sono morto. Il debito che avevo verso la legge di Dio è stato pagato. Io non devo più nulla alla legge. Essa non può più pretendere nulla da me così come non si può più pretendere nulla da chi è morto. La pena è stata completamente espiata. Ciò che la giustizia prescrive è stato soddisfatto".

E' chiaro, così, come chi ripropone la presunta esigenza salvifica di sottoporsi, conformarsi, ai dettami di un qualsiasi sistema legale religioso come requisito di salvezza non abbia ancora compreso tutte le implicazioni per il credente del sacrificio di Cristo. Anzi, riproponendo l'esigenza di sottoporsi dettami della legge, egli, di fatto, vanifica la morte di Cristo in croce, la rende inutile. Se, infatti, per la mia salvezza, io dovessi ancora conformarmi a ciò che la legge prescrive, pena la mia dannazione, perché mai Cristo sarebbe morto in croce? Forse per Sé stesso? O forse che Cristo ha pagato solo parte del mio debito verso la legge e io ancora devo risarcirne il resto nei termini di ubbidienza o di parziale condanna? No, "Cristo ha pagato completamente il prezzo della mia salvezza e io alla legge non devo più nulla. Essa non può più pretendere nulla da me. Con Cristo ed in Cristo, io sono morto".

C'è di più: con Cristo ed in Cristo io sono risuscitato ad una nuova vita. "La vita che vivo ora nella carne la vivo nella fede nel Figlio di Dio". Così come per fede io sono morto con Cristo in croce, così per fede io vivo con Cristo la vita di risurrezione, una vita nuova, impostata ai principi espressi dalla volontà rivelata di Dio. L'identificazione di Paolo e di ogni credente con Cristo non riguarda, così, solo la morte, ma anche la vita. Paolo può così dire: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me". Affidandomi a Cristo io mi sono lasciato alle spalle, "morto e sepolto", pure il mio vecchio modo di pensare, di parlare e di agire. Ora ragiono, parlo ed agisco, secondo nuove categorie, quelle di Cristo, tanto che ora è possibile dire che Cristo vive in me. I cristiani, perciò, sono coloro attraverso i quali vive il Cristo, tanto che essi legittimamente, calcando le Sue orme e guidati dal Suo insegnamento e Spirito, sono considerati "il corpo di Cristo", del quale Egli è anima e capo.

Possiamo allora affermare anche noi con l'Apostolo: "Io non annullo la grazia di Dio" ? Presto forse ascolto e do credito a chi vorrebbe tornare a sottoporre il cristiano a dei sistemi legali considerati in qualche modo "essenziali" alla salvezza? Così non sia. L'Evangelo autentico ha a che fare con ciò che Cristo per me ha compiuto, il che solo è "il carburante" di una vita conforme alla volontà di Dio.

Preghiera. Signore Iddio, Ti ringrazio che Cristo ha conseguito, con la Sua vita, morte e risurrezione, tutto ciò che vale per la mia salvezza. Che io non mi lasci sottoporre più ad alcuna servitù, ma viva con fiducia e riconoscenza la libertà dei figli di Dio. Amen.

Domenica 16 giugno 2019 - Prima domenica dopo Pentecoste - Domenica della Trinità

Letture: Proverbi 8:1-4, 22-31; Roman1 5:1-5; Giovanni 16:12-15; Salmi 8

Preghiera:
Onnipotente ed eterno Dio, hai dato a noi, tuoi servi la grazia, attraverso la confessione della nostra fede, di riconoscere la gloria dell'eterna Trinità, e nella potenza della tua divina Maestà, di adorare l'unità: conservaci perseveranti in questa fede e culto, e portaci alla fine a vederti nella tua gloria unica ed eterna. O Padre, che con il Figlio e lo Spirito Santo vivi e regni, un solo Dio, ora e per sempre. Amen.

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