Essendo la mia famiglia di tradizione cattolica-romana, mi ricordo come mia mamma, molto religiosa, inviasse regolarmente del denaro ad un noto santuario affinché si "dicessero messe" in suffragio dei nostri parenti morti. L'idea è che queste messe avessero il potere di diminuire il periodo di permanenza di questi defunti in purgatorio, dove supponeva che le loro anime scontassero la pena prevista per i loro peccati prima di accedere finalmente al paradiso. Si considerava così che la permanenza di questi defunti in purgatorio fosse di migliaia di anni e che quindi pagando per queste messe si facesse sicuramente un'opera di misericordia e solidarietà. D'altro canto, non fare questo, mia madre l'avrebbe considerato una malvagità simile a quando non si aiuta qualcuno (un familiare, poi) quando lo si potrebbe fare.
Il cattolicesimo-romano sostiene tutto questo con una logica "inattaccabile" (nel proprio quadro concettuale tradizionale) e gli è sicuramente conveniente. Sono perciò molti i modi in cui tenta di giustificare tutto questo, ma si tratta di dottrine aberranti che non hanno alcuna ragionevole base biblica e che anzi mortificano e vanificano lo stesso annuncio dell'Evangelo come annunziato dal Nuovo Testamento. Reiterare o cercare abilmente di giustificare queste concezioni (come spesso avviene) equivale di fatto ad un insulto alla perfetta e completa opera espiatrice e purificatrice del sacrificio di Cristo che assicura la grazia della salvezza agli eletti e riiproporre antiche e sempre popolari eresie semipelagiane.
La dottrina del purgatorio insegnata dal Cattolicesimo romano non trova basi sufficienti nelle Sacre Scritture, sebbene si appelli ad esempi biblici di punizione temporale (non "temporanea") di credenti come sanzione disciplinare (terrena). Gli esempi biblici che adducono a "sostegno" della dottrina del purgatorio, infatti, non si riferiscono a punizioni temporanee delle anime dopo la morte, ma si tratta di casi in cui Dio, durante la vita terrena dei credenti (singoli e come popolo) "fa pesare" le conseguenze dei loro errori ed infedeltà per spingerli al ravvedimento e farli crescere nella fede (vedasi Ebrei 12).
La dottrina del Cattolicesimo romano cita pure testi come 1 Corinzi 3:11-15 dove si parla de "il fuoco proverà quale sia l'opera di ciascuno". Se si legge questo brano nel suo contesto, però, si vede come l'Apostolo stia parlando dell'opera di evangelisti e leader di chiesa. La "consistenza" e permanenza della loro opera sarà messa alla prova dal "fuoco" di difficoltà di vario genere. Non si parla qui di "salvezza eterna", che per ogni autentico credente è garantita dall'opera di Cristo che non può essere frustrata da niente e da nessuno, difatti "...ma egli stesso sarà salvo; però come attraverso il fuoco" (v. 15) della prova.
La dottrina del Purgatorio esprime la dottrina cattolica-romana che i "peccati veniali" dai quali non ci si è ravveduti devono essere "purificati" attraverso sanzioni disciplinari terrene comminate dalle autorità ecclesiastiche. Se però questo non è avvenuto durante la vita terrena, esse dovranno essere scontate nel purgatorio dopo la morte. Il pensiero della Riforma protestante, però, correttamente afferma che il castigo dovuto ai credenti a causa dei loro peccati è caduto su Cristo alla croce, inclusi tutte le punizioni temporali (Romani 8:1-4; Colossesi 2:14; Ebrei 1:12-14; 1 Pietro 2:24). Il sacrificio di Cristo è sufficiente ed efficace: per questo i credenti non dovranno mai soffrire il giudizio di Dio (temporale o eterno), ma solo eventualmente la Sua amorevole disciplina terrena (Ebrei 12).
Un importante insegnamento che confuta l'idea del purgatorio è quello dell'unione con Cristo. Coloro che Dio ha eletto a salvezza e sono stati portati al ravvedimento ed alla fede, sono stati tanto uniti a Cristo da condividere la Sua perfetta condizione di giustizia di fronte a Dio (Galati 3:16-29). Coloro che son uniti a Cristo godono di un perfetto perdono perché essi "sono morti con Lui" sulla croce (Romani 6:3-4) e sono "nascosti in Lui" (Galati 2:20; Colossesi 3:3). A coloro che Dio ha eletto a salvezza e sono stati portati al ravvedimento ed alla fede viene accreditato il pieno pagamento per i loro peccati tanto che Dio per essi non dovrà più punirli (sebbene possa ancora sempre disciplinarli sulla terra con amore).
Sebbene sia vero che il cristiano deve vivere una vita di ravvedimento e di confessione (1 Giovanni 1:9), è pure vero che Dio non conserva per loro una sorta di libro mastro dove registra diligentemente quali siano i peccati commessi, quali siano stati debitamente trattati e quali no. La confessione ed il ravvedimento nella vita di un credente sono elementi importanti della santificazione, ma non c'è corrispondenza fiscale fra confessione/ravvedimento e il nostro perdono. Al contrario, Giovanni insegna che la vita di un credente è caratterizzata dal ravvedimento e dalla confessione, e che tutti i credenti ricevono i benefici della purificazione e del perdono. Come Giovanni ci assicura in 1 Giovanni 2:1-2, ogni qual volta cadiamo nel peccato Cristo stesso intercede in nostro favore facendo appello al sangue che Egli ha versato come pagamento per i nostri peccati (Ebrei 9:12-14). La Sua intercessione per noi è costante ed efficace (Romani 8:34), come pure fa lo Spirito Santo (Romani 8:26-27). Questa intercessione non elimina la disciplina (per l'amore e della misericordia di Dio), ma elimina ogni castigo ultimo (per la giustizia e l'ira di Dio).
Quando i credenti "sono assenti dal corpo" (morti), le loro anime sono presenti con il Signore in Cielo (2 Corinzi 5:8). Che cosa esattamente sia il luogo "lontano" nel "seno di Abraamo" menzionato da Luca 16:22-23 ha suscitato sempre molte discussioni. Si tratta di una parabola o di un racconto fattuale? In ogni caso si può sempre dire che "il seno di Abraamo" sia un modo di definire il Cielo, e che l'Ades, il "luogo dei tormenti" per le anime condannate sia quello che sarà a suo tempo "gettato nello stagno di fuoco e di zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta; e saranno tormentati giorno e notte, nei secoli dei secoli" (Apocalisse 20:10). Il "seno d'Abraamo" corrisponde così all'essere con il Signore (il luogo dove pure dimora il Signore e Abraamo). Naturalmente, quando Gesù insegna queste cose, ancora non era giunto il tempo in cui essere "assenti dal corpo" significasse essere "col Signore", cosa alla quale Paolo si riferisce in 2 Corinzi 5:8, perché Gesù non era ancora asceso al cielo.
Bene e grazie Paolo per essere sempre coerente con i testi della Bibbia. Oggi più che mai con l'approssimarsi della parausia di nostro Signore Gesù Cristo la chiesa ha bisogno di chiarezza e basi solide per non cadere nell'errore.
RispondiEliminaMolto illuminante
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