lunedì 12 settembre 2011

L'attuale confusione semantica


Viviamo in un tempo di grande confusione, dove parole e concetti perdono sempre più il loro significato oggettivo e sono relativizzate. Dalla prospettiva post-moderna oggi prevalente si nega che vi siano definizioni universali di una qualsiasi parola particolare rispondenti a criteri assoluti con i quali sia necessario confrontarsi. Si crede che il significato delle parole sia essenzialmente un "costrutto sociale" variabile ed "elastico", che dipenda da come determinate parole siano generalmente usate da un individuo od un gruppo in un contesto specifico nell'ambito di una particolare storia in evoluzione. "Siamo noi", si dice, che determiniamo quale sia il significato da darsi ad un particolare concetto, in dipendenza da ciò che noi, o il contesto in viviamo, riteniamo importante o non importante, conveniente o non conveniente. Se poi a questo si aggiunge il corollario agnostico che non si possa conoscere la verità ultima e che noi si operi solo e sempre con le nostre percezioni o interpretazioni discutibili, il quadro che ne risulta è desolante: tutto questo rende il linguaggio e la comunicazione un processo complesso e talvolta quasi impossibile, generando costantemente conflitti fra coloro che, per una determinata parola, forniscono definizioni e interpretazioni diverse ed asseriscono il loro diritto a farlo. Per questo motivo, nel tentativo di evitare conflitti, molti si accontentano di attribuire a concetti e parole dei significati molto generali, vaghi, illudendosi, magari, che tutti quanti si intenda e si realizzi la stessa cosa.

Nell'ambito del variegato mondo cristiano si parla, per esempio, di "amore" e di "evangelizzazione" (per citare solo due termini fra i tanti) e ci si potrebbe rallegrare quando si vede "un impegno comune" in quel senso. Solo però un ingenuo potrebbe credere che con quei termini si intenda la stessa cosa o, peggio, che questo non importi più di quel tanto, che l'importante sia "amare" o "evangelizzare". Di fatto non è così, e quindi c'è poco da rallegrarsi, soprattutto quando il richiamo alla Bibbia, che dovrebbe definire i nostri termini, viene relativizzato dal cosiddetto metodo storico critico e/o influenzato più o meno consapevolmente, da ideologie o "tradizioni" estranee.  E' questo il caso dell'intendimento dell'ultimo sinodo della Chiesa Valdese, che, in un ordine del giorno, afferma:
Il Sinodo delle chiese metodiste e valdesi ribadisce che l’evangelizzazione, cioè l’annuncio esplicito della salvezza in Cristo, è vocazione imprescindibile della chiesa; sottolinea la necessità di un appassionato e rinnovato impegno delle chiese, dei circuiti, dei distretti, di tutti e di ciascuno nella missione di annuncio dell’Evangelo all’Italia e dà mandato alla Tavola di studiare forme, mezzi e finanziamenti al fine di organizzare una campagna evangelistica a livello nazionale

Evviva, finalmente, potremmo dire. In realtà c'è ben poco di cui rallegrarsi, visto che cosa viene oggi largamente fatto passare da questa chiesa come "vangelo" che, del vangelo è una visione così "riveduta e corretta" da essere piuttosto di fronte ad un "altro vangelo" il cui contenuto sono indubitabilmente gli slogan dell'umanesimo religioso moderno e della "correttezza politica" che ben poco ha a che fare con il messaggio del Nuovo Testamento. Un simile discorso, sia ben chiaro, può essere fatto per la "evangelizzazione" che vorrebbe promuovere il Cattolicesimo romano, o certa "evangelizzazione" evangelicale a cui si assiste di tanto in tanto, per non parlare poi di quella dei gruppi séttari. Il quadro è davvero disperante. E' la confusione profetizzata per "gli ultimi tempi"? Ci sarebbe da crederlo.

Ecco così l'esigenza di definire ciò che intendiamo per i termini che usiamo sulla base delle sempre attuali confessioni di fede della Riforma. Esse, infatti, come siamo persuasi, precisano autorevolmente e definiscono in consonanza con quanto è stato conseguito da quei cristiani che sono stati fedeli al messaggio ed ai presupposti del canone biblico attraverso i secoli. Naturalmente, per lo stesso clima in cui viviamo, vi sarà sempre chi, a gran voce, squalificherà e negherà la legittimità di questo nostro intendimento, ma questo non ci scoraggerà dal continuare a farlo, sicuri che i "contesti culturali" e chi ne è influenzato cambiano costantemente,  "...ma la parola del Signore permane in eterno. E questa è la Parola della Buona Novella che vi è stata annunziata'' (1 Pietro 1:25).

2 commenti:

  1. Just kidding. I agree entirely.

    But it is even worse than that. It is becoming alarmingly common that people do not even recognize categories like good, evil, right and wrong, finding the contents of those categories to merely be individualistic opinions.

    And this is particularly problematic from this standpoint: How can you speak of guilt or sin if it is all merely personal preference? You cannot do any evangelizing -- not even the imitation of it that you spoke of -- in an environment like that.

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