“Conosciamo il SIGNORE, sforziamoci di conoscerlo!” (Osea 6:3).
E’ molto probabile che l’affermazione: “Non c’è nulla di più importante che lo studio della teologia” susciti nel clima culturale oggi prevalente persino nelle chiese, quando non un coro di reazioni negative che vanno dall’indignazione alla derisione, almeno grande perplessità.
Di fatto, negarlo è possibile solo là dove si assolutizzano realtà materiali, contingenti, relative. Se Dio, però, e Lui solo, è la realtà assoluta ultima e il valore supremo, la contemplazione e lo studio di ciò che Dio rivela su Sé stesso è per noi cosa di suprema importanza.
La teologia è la scienza che cerca di comprendere ed articolare in maniera sistematica le informazioni che Dio ci rivela su Sé stesso attraverso le Sacre Scritture. La teologia è essenzialmente lo studio di Dio. In senso lato lo studio della teologia può includere tutto ciò che la Bibbia ci rivela ed insegna.
Dato che Dio è la realtà fondamentale dell’essere, l’Essere supremo che ha creato e che è in controllo di tutto ciò che esiste, dal quale tutto dipende e trova la sua ragione ultima, la realtà assoluta rispetto alla quale tutto il resto è relativo, il valore supremo, lo studio della teologia può essere considerato l’attività più importante che l’essere umano mai possa intraprendere. In quanto Dio è la realtà ultima, la riflessione teologica può essere considerata l’attività umana fondamentale, quella che definisce e governa ogni altra area del pensiero e della vita.
La teologia è detta sistematica perché espone in maniera strutturata e formula tutto ciò che la Bibbia presuppone ed insegna. Una dottrina biblica è sempre vincolante ed un sistema dottrinale è autorevole nella misura in cui riflette diligentemente gli insegnamenti della Bibbia.
Vi sono cristiani che pensano che sia sbagliato studiare la teologia di per sé stessa come un valore a sé stante. Vi sono ambienti cristiani che tanto sono stati condizionati dall’avversione verso ciò che chiamano “intellettualismo” da rifiutarsi di credere che l’attività intellettuale possieda un valore intrinseco. Sembrano credere che conoscere Dio debba servire ad uno scopo più grande, che debba essere funzionale ad un fine di carattere pratico od etico. Sebbene sia vero che la conoscenza di Dio debba necessariamente influire sulla propria condotta, è un errore credere che l’impresa intellettuale della teologia debba servire ad un proposito più alto di sé stessa. Al contrario, dato che lo studio della teologia significa conoscere Dio, e conoscere Dio è il fine o proposito più alto della creatura umana, la teologia di per sé stessa possiede il più alto valore intrinseco.
Come dice Geremia 9:23: “Così parla il SIGNORE: «Il saggio non si glori della sua saggezza, il forte non si glori della sua forza, il ricco non si glori della sua ricchezza: ma chi si gloria si glori di questo: che ha intelligenza e conosce me, che sono il SIGNORE. Io pratico la bontà, il diritto e la giustizia sulla terra, perché di queste cose mi compiaccio», dice il SIGNORE”.
Non esiste proposito più alto che la conoscenza di Dio intenda raggiungere e non esiste proposito più alto per l’essere umano che conoscere Dio. Certo, la conoscenza teologica deve produrre virtù morali ed altri effetti nella vita di una persona, ma non dovremmo considerare questi come valori più alti della conoscenza di per sé stessa di Dio e della Sua rivelazione perché la conoscenza e la comunione con il nostro Creatore è lo scopo ultimo della nostra vita. La gloria dell'essere umano è servire consapevolmente il proposito per il quale siamo stati creati. Come disse Agostino nelle sue Confessioni: «Ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te». Come noi non ci siamo "fatti da soli" (Salmo 100:3), così non siamo noi a determinare quale sia lo scopo ultimo della nostra vita.
Come per ogni altra cosa che Dio ha creato, la nostra esistenza è in Sua funzione, per Lui e in vista di Lui: "Poiché da lui, per mezzo di lui e in vista di lui sono tutte le cose" (Romani 11:36).
E’ molto probabile che l’affermazione: “Non c’è nulla di più importante che lo studio della teologia” susciti nel clima culturale oggi prevalente persino nelle chiese, quando non un coro di reazioni negative che vanno dall’indignazione alla derisione, almeno grande perplessità.
Di fatto, negarlo è possibile solo là dove si assolutizzano realtà materiali, contingenti, relative. Se Dio, però, e Lui solo, è la realtà assoluta ultima e il valore supremo, la contemplazione e lo studio di ciò che Dio rivela su Sé stesso è per noi cosa di suprema importanza.
La teologia è la scienza che cerca di comprendere ed articolare in maniera sistematica le informazioni che Dio ci rivela su Sé stesso attraverso le Sacre Scritture. La teologia è essenzialmente lo studio di Dio. In senso lato lo studio della teologia può includere tutto ciò che la Bibbia ci rivela ed insegna.
Dato che Dio è la realtà fondamentale dell’essere, l’Essere supremo che ha creato e che è in controllo di tutto ciò che esiste, dal quale tutto dipende e trova la sua ragione ultima, la realtà assoluta rispetto alla quale tutto il resto è relativo, il valore supremo, lo studio della teologia può essere considerato l’attività più importante che l’essere umano mai possa intraprendere. In quanto Dio è la realtà ultima, la riflessione teologica può essere considerata l’attività umana fondamentale, quella che definisce e governa ogni altra area del pensiero e della vita.
La teologia è detta sistematica perché espone in maniera strutturata e formula tutto ciò che la Bibbia presuppone ed insegna. Una dottrina biblica è sempre vincolante ed un sistema dottrinale è autorevole nella misura in cui riflette diligentemente gli insegnamenti della Bibbia.
Vi sono cristiani che pensano che sia sbagliato studiare la teologia di per sé stessa come un valore a sé stante. Vi sono ambienti cristiani che tanto sono stati condizionati dall’avversione verso ciò che chiamano “intellettualismo” da rifiutarsi di credere che l’attività intellettuale possieda un valore intrinseco. Sembrano credere che conoscere Dio debba servire ad uno scopo più grande, che debba essere funzionale ad un fine di carattere pratico od etico. Sebbene sia vero che la conoscenza di Dio debba necessariamente influire sulla propria condotta, è un errore credere che l’impresa intellettuale della teologia debba servire ad un proposito più alto di sé stessa. Al contrario, dato che lo studio della teologia significa conoscere Dio, e conoscere Dio è il fine o proposito più alto della creatura umana, la teologia di per sé stessa possiede il più alto valore intrinseco.
Come dice Geremia 9:23: “Così parla il SIGNORE: «Il saggio non si glori della sua saggezza, il forte non si glori della sua forza, il ricco non si glori della sua ricchezza: ma chi si gloria si glori di questo: che ha intelligenza e conosce me, che sono il SIGNORE. Io pratico la bontà, il diritto e la giustizia sulla terra, perché di queste cose mi compiaccio», dice il SIGNORE”.
Non esiste proposito più alto che la conoscenza di Dio intenda raggiungere e non esiste proposito più alto per l’essere umano che conoscere Dio. Certo, la conoscenza teologica deve produrre virtù morali ed altri effetti nella vita di una persona, ma non dovremmo considerare questi come valori più alti della conoscenza di per sé stessa di Dio e della Sua rivelazione perché la conoscenza e la comunione con il nostro Creatore è lo scopo ultimo della nostra vita. La gloria dell'essere umano è servire consapevolmente il proposito per il quale siamo stati creati. Come disse Agostino nelle sue Confessioni: «Ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te». Come noi non ci siamo "fatti da soli" (Salmo 100:3), così non siamo noi a determinare quale sia lo scopo ultimo della nostra vita.
Come per ogni altra cosa che Dio ha creato, la nostra esistenza è in Sua funzione, per Lui e in vista di Lui: "Poiché da lui, per mezzo di lui e in vista di lui sono tutte le cose" (Romani 11:36).
Interessanti alcune reazioni negative all'argomentazione di questo articolo comparse su FaceBook e non menzionate qui. Sono quelli degli spiritualisti pentecostaloidi che, negando la necessità e la legittimità della teologia, dicono di dipendere solo da un non meglio precisato "Spirito Santo", divenendo, in realtà, inconsapevoli vittime di predicatori ignoranti che tacitamente portano avanti una teologia deviante.
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