mercoledì 16 novembre 2011

Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto...


Orientato sempre di più alle cose terrene, nell’ansiosa sollecitudine di “essere rilevante”, gran parte del cristianesimo contemporaneo sta perdendo quasi del tutto di vista la dimensione ultraterrena del suo messaggio. Chi parla ancora oggi, infatti, di “salvezza dell’anima”? Se questo per alcuni è “un concetto superato”, addebitato magari ad una fantomatica “influenza platonica” sulla fede cristiana, nella migliore delle ipotesi oggi sembra prevalere l’atteggiamento di chi dice: “Occupiamoci di questo mondo: Dio penserà poi Lui alla salvezza della nostra anima. E’ Dio che vuole questo”. Davvero?

E’ così che, laddove non viene radicalmente criticato il concetto stesso di “aldilà” sfociando sostanzialmente nell’ateismo, sembra oggi prevalere una sorta di “fiducioso agnosticismo”. Chi si occupa di “religione” ci tiene a farci sapere che essa servirebbe (notate qui il pragmatismo) soprattutto al “miglioramento” di questo mondo: sarebbe solo una “questione di etica”, un promuovere la dignità dell’essere umano e dei suoi diritti, un operare per la pace, la giustizia e la “salvaguardia del creato”. A questo fine, ci viene detto, si deve collaborare “con tutti gli uomini di buona volontà”. Già, chi oserebbe mettere in questione la necessità di tutto questo? Magari solo qualche “sospetto” spacciatore di “oppio dei popoli” al servizio di qualche forza con ambizioni di dominio. E’ così?

La fede cristiana è questo? Che fine ha fatto il messaggio sulla “salvezza dell’anima”? Tutto sembra oggi essere stato assorbito e “reinterpretato” da quello che si potrebbe definire un vago umanesimo religioso, condiviso sempre di più dal Cattolicesimo romano, dal Liberalismo teologico moderno e persino da gran parte dell’Evangelicalismo moderno, che pure sembra concentrato solo a promuovere guarigioni del corpo e della mente, a dare buoni consigli di psicologia spicciola e consolatoria su come vivere. “A che servirebbe, sennò, la religione?”, sembrano pensare i più. Con cose diverse da queste la religione non sarebbe capita né apprezzata. E’ così? E’ una questione di marketing? E soprattutto: E’ questa la religione annunciata e spiegata dal Nuovo Testamento?

Chi non legge la Bibbia con i presupposti distorti oggi prevalenti, pur consapevole che la fede cristiana, per essere autentica, deve incidere ed influire profondamente sulla vita di chi la professa e sulla società nel suo insieme, sa che “la prospettiva terrena” non è l’unico campo di azione in cui essa possa intendersi “rilevante”. Il Nuovo Testamento dichiara espressamente: “Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miseri fra tutti gli uomini” (1 Corinzi 15:19). La nostra vita presente in tutte le sue manifestazioni deve certo essere trasformata dal Signore Gesù Cristo e vissuta nella Sua prospettiva. “Questa vita”, però, è relativa e temporanea. Infatti, “secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e nuova terra, nei quali abiti la giustizia” (2 Pietro 3:13). Questa non è una metafora dei cambiamenti che noi dobbiamo operare in questo mondo, ma l’affermazione che questo mondo, per quanto importante, è relativo e che sarà superato da una realtà di tipoi diverso alla quale Dio ci chiama a partecipare rendendocene adatti, Salvezza”, perciò, non è solo “riparare” questa nostra vita, ma “riparare”, ricuperare i nostri rapporti con Dio secondo l’insegnamento del Cristo per accedere ad una nuova dimensione dell’esistenza.

Concetti come “peccato”, “ira di Dio”, “giudizio”, “salvezza dell’anima”, “paradiso” ed “inferno”, “indigeribili” come essi sono per gran parte della nostra generazione, non sono “metafore” della vita in questo mondo, o peggio, dei “miti”. Indicano realtà oggettive che hanno reso necessaria la venuta stessa del Salvatore Gesù Cristo in questo mondo, e che faremmo bene a prendere molto sul serio. Non si tratta di cose che, come dice l’attuale “agnosticismo fiducioso”, “andranno a posto da sole”.  

Gesù stesso continua ancora a dirci: “Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima; temete piuttosto colui che può far perire l'anima e il corpo nella geenna” (Matteo 10:28). Quelle che Egli usa sono forse “immagini metaforiche” per sospingerci a ...impegnarci nel sociale? Sicuramente è dovere del cristiano “impegnarsi nel sociale”, ma in sé stesso questo non “gli salverà l’anima”. Riceverà salvezza da Cristo - in tutte le sue dimensioni - nel seguire diligentemente il Cristo delle Sacre Scritture allorché lo Spirito di Dio rigenera il suo spirito, “raddrizza” la sua mente e “riforma” il suo comportamento secondo la volontà rivelata di Dio e questo non solo in funzione dei suoi rapporti con gli altri, ma soprattutto in funzione dei suoi rapporti con Dio.


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