La divina arte del sapersi accontentare
“Non lo dico perché mi trovi nel bisogno, poiché io ho imparato ad accontentarmi dello stato in cui mi trovo” (Filippesi 4:11).
Queste parole sono introdotte in forma di prolessi[1] per anticipare o prevenire un’obiezione. Nei versetti precedenti l’Apostolo si era espresso con molte e celesti esortazioni, fra le quali quella di non stare in ansia per cosa alcuna[2]. Con questo egli non intende escludere che: (1) noi non si debba essere solleciti nel lavorare diligentemente per provvedere ai bisogni nostri e della nostra famiglia[3], difatti: “Se uno non provvede ai suoi, e in primo luogo a quelli di casa sua, ha rinnegato la fede, ed è peggiore di un incredulo”[4]; e nemmeno che (2) noi non si debba essere solleciti nell’impegnarci altrettanto diligemente per rendere sicura la nostra vocazione ed elezione[5]; ma egli intende che (3) non dobbiamo avere “ansiose sollecitudini”, preoccupazioni eccessive per gli esiti e gli avvenimenti, di “come le cose andranno a finire” le cose: “Non siate dunque con ansietà solleciti, dicendo: Che mangeremo? che berremo? o di che ci vestiremo?” [6]. E’ in questo senso che un cristiano deve aver cura di non stare in ansia per cosa alcuna. Il termine greco originale che traduciamo con “stare in ansia”[7] deriva da una radice che letteralmente significa “tagliare il cuore in pezzi”, una sollecitudine, un’ansia, una preoccupazione che “ci taglia l’anima a fettine”. Facciamo molta attenzione a questo. Ci viene comandato di “rimettere la nostra sorte nel Signore”[8], di confidare in Lui. La parola che traduciamo qui con “rimettere” in ebraico letteralmente significa “srotolare” come chi srotola un tappeto davanti a qualcuno, nel nostro caso di fronte al Signore. E’ compito nostro quello di deporre di fronte al Signore le nostre cure, la nostra ansietà, ed è compito di Dio quello di prendersene cura. Con le nostre eccessive preoccupazioni, le nostre sollecite cure, tendiamo, infatti, ad esagerare e strappiamo dalle mani del Signore quello di cui Lui ha promesso di occuparsi.
La preoccupazione, quando è eccentrica, squilibrata, quando tradisce mancanza di fiducia in Dio oppure quando è paralizzante, è molto disonorevole verso Dio. Nega infatti la Sua provvidenza, come se Egli sedesse in cielo senza minimamente curarsi delle cose quaggiù, come un uomo che fa un orologio e poi lo lascia andare da sé stesso. Le preoccupazioni smodate distolgono il cuore dalle cose migliori; e di solito, mentre pensiamo a come faremo per vivere, ci dimentichiamo di come morire (in grazia di Dio).
Le preoccupazioni eccessive sono come un cancro spirituale che ci consuma e ci toglie ogni vigore. Con tutte le nostre preoccupazioni se noi non possiamo aggiungere un’ora alla nostra vita[9], sicuramente aggiungiamo anni alle nostre afflizioni. Dio stesso la minaccia come se fosse una maledizione: “Mangeranno il loro pane con ansietà”[10]. Meglio digiunare che mangiare di un tale pane! !
“Non siate in ansia per cosa alcuna”.
Ora, affinché nessuno dica, “Sì, sì, Paolo, tu predichi a noi quello che a malapena hai imparato tu. Hai tu imparato a non stare in ansia?”. L’apostolo sembra tacitamente rispondere a tale obiezione nelle parole del testo: “io ho imparato ad accontentarmi dello stato in cui mi trovo”. Questo parlare sarebbe degno di essere in lettere nell’oro delle corone e dei diademi dei principi. [Continua, 1].
[1] La prolessi (dal greco πρόληψις, derivato da προλαμβάνω, «prendo prima») è una figura retorica di tipo sintattico che consiste nell'anticipazione di una parte della proposizione o del periodo che nella costruzione normale andrebbe dopo, per mettere in evidenza un concetto o una parola
[2] “Non angustiatevi di nulla” (4:6).
[3] L’autore la chiama sollecitudine provvidenziale, quella di chi provvede.
[4] 1 Timoteo 5:8.
[5] L’autore la chiama: sollecitudine religiosa, cfr, 2 Pietro 1:10.
[6] Matteo 6:31.
[7] μεριμνᾶτε (merimnate).
[8] Salmo 37:5.
[9] “E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un'ora sola alla durata della sua vita?” (Matteo 6:27).
[10] Ezechiele 12:19 Diodati.
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