lunedì 18 febbraio 2013

Riposa in pace


D. 86 In che cosa consiste la comunione nella gloria che i membri della chiesa invisibile hanno con Cristo dopo la loro morte?  
R. La comunione nella gloria con Cristo, che i membri della chiesa invisibile godono immediatamente dopo la loro morte, consiste nel fatto che, nella loro anima, essi sono resi perfetti in santità e accolti nel più alto dei cieli, dove essi contemplano il volto di Dio in luce e gloria, attendendo la piena redenzione del loro corpo, il quale, persino nella morte, continua ad essere unito a Cristo e riposa nella tomba come in un letto, fintanto che, nell'Ultimo Giorno, esso sarà riunito con l'anima. Le anime dei malvagi, d'altro canto, alla loro morte, vengono gettate nell'inferno, dove esse rimarranno nei tormenti e in totale oscurità, e i loro corpi tenuti nelle loro tombe, come in una prigione, fino alla risurrezione ed al giudizio del grande giorno. [Catechismo Maggiore di Westminster, D/R 86].
Spesso si trova incisa sulle tombe la sigla "R.I.P." che sta per "Riposa in pace": si tratta del presupposto od auspicio che i superstiti fanno per coloro che lì sono stati sepolti. Essa presuppone la credenza della sopravvivenza dell'anima e la fiducia che essa si trovi nella pace e nella gioia del paradiso fra le braccia amorevoli di Dio. E' così? Dipende!

A parte dai materialisti che vedono nella morte la dissoluzione completa di tutto ciò che era la persona deceduta e la sopravvivenza solo nel ricordo dei viventi, oggi sembra prevalere l'universalismo che immagina che tutti, senza distinzione alcuna, siano o saranno salvati da quello che si suppone l'amore di Dio. Non è assolutamente questo, però, l'insegnamento autorevole delle Sacre Scritture ed in particolare di Gesù Cristo, quello che noi intendiamo prendere sul serio senza pascersi di pii ma infondati desideri.

Consideriamo prima di tutto l'espressione "riposare in pace" come l'esperienza che si può fare in questa vita, qui ed ora, di coloro che trovano in Dio la realizzazione piena della loro esistenza. Fra le espressioni iniziali de "Le Confessioni" di Sant'Agostino si trova una frase spesso citata e che esprime l'esperienza di cristiani di ogni tempo e paese. Lodando e benedicendo Dio, Agostino dice: "Signore, Tu ... ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te". In comunione con Dio, fonte e sorgente della vita, la creatura umana trova una pace ed una soddisfazione profonda, riposo autentico. Questa comunione con Dio gli è possibile grazie all'opera mediatrice del Signore e Salvatore Gesù Cristo, il quale solo può riconciliarlo con Dio liberandolo da tutto ciò che gli impediva questa comunione. La Bibbia esprime questo riposo profondo paragonandolo al bimbo che riposa fra le braccia di sua madre, dalla quale si sente protetto e sicuro, madre che gli provvede tutto ciò di cui ha bisogno. Lo troviamo nel breve ma intenso Salmo 131: "SIGNORE, il mio cuore non è orgoglioso e i miei occhi non sono altèri; non aspiro a cose troppo grandi e troppo alte per me. In verità l'anima mia è calma e tranquilla. Come un bimbo divezzato sul seno di sua madre, così è tranquilla in me l'anima mia. O Israele, spera nel SIGNORE,ora e per sempre" (Salmo 131).

Quest'esperienza di pace e riposo in comunione con Dio, per il cristiano sarà sempre parziale ed imperfetta in questo mondo, ma, per la Sua grazia, continuerà e sarà resa perfetta al momento della morte, quando la sua anima si distacca dal corpo per essere accolta da Dio. Con Dio, "contemplando il Suo volto", l'anima del cristiano attende il momento in cui, nella nuova creazione, verrà ricongiunta ad un corpo glorificato, quello di cui il Cristo risorto dai morti era "primizia". Infatti: "Cristo è stato risuscitato dai morti, primizia di quelli che sono morti", come pure: "...ciascuno al suo turno: Cristo, la primizia; poi quelli che sono di Cristo, alla sua venuta" (1 Corinzi 15:20,23). La comunione con Dio dopo la morte è quella che esprime il giusto Giobbe quando dice: "E quando, dopo la mia pelle, sarà distrutto questo corpo, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò a me favorevole; lo contempleranno i miei occhi, non quelli d'un altro; il cuore, dal desiderio, mi si consuma!" (Giobbe 19:26-27). E' lo stesso desiderio dell'apostolo Paolo, quando altresì scrive: "...ho il desiderio di partire e di essere con Cristo, perché è molto meglio" (Filippesi 1:23).

Quest'intera prospettiva è espressa dal Catechismo Maggiore di Westminster che, nella D/R 86, insegna le verità bibliche di base sulla condizione di coloro che muoiono nel Signore. La Rivelazione biblica parla chiaramente della condizione di coloro che Dio ha affidato a Cristo affinché ricevano la grazia della salvezza, subito dopo la morte del loro corpo e sicuramente presuppone la sopravvivenza della loro identità spirituale (anima) in una dimensione diversa da quella di cui noi oggi abbiamo esperienza. Questa condizione può essere biblicamente caratterizzata come una condizione di:
  • consapevolezza (coscienza di sé stessi); 
  • memoria (ricordo delle proprie esperienze terrene); 
  • santità (piena conformità agli standard morali e spirituali di Dio); 
  • beatitudine (piena soddisfazione, non più ansie o paure, caratterizzata dalla visione rassicurante di Dio); 
  • attesa del completamento della loro redenzione nella risurrezione del loro corpo; "riposo" per quanto riguarda il loro corpo fino alla risurrezione; 
Questa concezione si oppone a quella che è definita "il sonno dell'anima". Il “sonno dell’anima” è la credenza secondo la quale, dopo la morte, l’anima della persona “dorme” (non sia consapevole) fino al momento della risurrezione finale. Il concetto di “sonno dell’anima”, però, non è biblico. Quando la Bibbia descrive una persona che “dorme” in rapporto alla morte (Luca 8:52; 1 Corinzi 15:6), essa non intende che il sonno sia letterale. Dormire è semplicemente un altro modo di descrivere la morte, in quanto il corpo morto sembra dormire. Per i credenti, essere "assenti dal corpo" equivale ad essere presenti con il Signore (2 Corinzi 5:5-8; Filippesi 1:23). Quando Gesù dice a proposito de "il ricco e Lazzaro" e quanto Egli promette al ladrone pentito e credente sulla croce, lo confermano (Luca 16:19-31; 23:39-43).

E' chiaro pure come la condizione dell'anima dei coloro che sono stati affidati a Cristo per la loro salvezza non sarà in quel modo permanente. Per quanto per loro, infatti, essa sia una condizione di perfetta santità e beatitudine, essa non sarà ancora la più alta loro destinata. Il godimento della suprema beatitudine deve ancora attendere la risurrezione dei corpi in quello che la Bibbia chiama "l'ultimo Giorno", quello del promesso Ritorno di Cristo in terra, giorno che non ci è stato dato di precisarne la data. La Scrittura ci dice che in quel giorno il corpo di coloro che appartengono a Cristo verrà ristabilito dalla potenza di Dio. Per questo è detto che il corpo di chi è morto nel Signore riposa come su un letto: "Egli entra nella pace; quelli che hanno camminato per la retta via riposano sui loro letti"(Isaia 57:2). Non sappiamo come, ma avverrà: il nostro corpo, per quanto dissolto, non verrà dimenticato da Dio. Per questo il Catechiso afferma che pur il nostro corpo continuerà, in qualche modo, ad essere unito a Cristo: "Infatti, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, crediamo pure che Dio, per mezzo di Gesù, ricondurrà con lui quelli che si sono addormentati" (1 Tessalonicesi 4:14). Pure il corpo, quindi, non deve essere considerato privo di valore, ma prezioso, per quanto logorato e straziato esso possa essere stato. La Bibbia paragona il corpo del cristiano ad un seme che è stato piantato e che, a suo tempo, scaturirà a nuova vita (vedasi  1 Corinzi 15:36-38). Esso non è, come qualcuno dice, una "prigione per l'anima", né un ostacolo o un fardello di cui la morte ci libera. La morte ci libera dalle conseguenze negative del peccato, ma pure il corpo, a suo tempo, verrà ristabilito glorificato.

Quella che abbiamo descritto è e sarà la condizione di coloro che Dio ha affidato a Cristo affinché ricevano la grazia della salvezza. La salvezza, per, non sarà "universale" come alcuni pretendono, perché il resto dell'umanità dovrà subire la giusta condanna che il peccato merita. La Scrittura dice chiaramente che non vi sarà alcun riposo per gli empi dopo la loro morte: non facciamoci illusioni. "Ma gli empi sono come il mare agitato, quando non si può calmare e le sue acque cacciano fuori fango e pantano. «Non c'è pace per gli empi», dice il mio Dio" (Isaia 57:20-21). Di questo oggi non si vorrebbe sentire parlare e, contro a quanto le Scritture chiaramente affermano, si immagina e si vorrebbe rendere plausibili altri scenari illusori. Il nostro Catechismo, però, non teme di affermare, così come fanno le Sacre Scritture, che: "Le anime dei malvagi, d'altro canto, alla loro morte, vengono gettate nell'inferno, dove esse rimarranno nei tormenti e in totale oscurità, e i loro corpi tenuti nelle loro tombe, come in una prigione, fino alla risurrezione ed al giudizio del grande giorno". Nessuna "distruzione", quindi, né "salvezza" per i ribelli all'autorità di Dio. Di questo se ne parlerà ancora con la D/R 89. Una "concezione medioevale"? No, la concezione della Parola di Dio, quella stessa che predicava il Signore e Salvatore Gesù Cristo: "E non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima; temete piuttosto colui che può far perire l'anima e il corpo nella Geenna" (Matteo 10:28); "Se l'occhio tuo ti fa cadere in peccato, cavalo; meglio è per te entrare con un occhio solo nel regno di Dio, che avere due occhi ed essere gettato nella geenna, dove il verme loro non muore e il fuoco non si spegne. Poiché ognuno sarà salato con il fuoco" (Marco 9:47-49).

Il peccato (quello che Dio definisce come tale nella Sua Parola) è cosa molto seria e comporta per noi eterne conseguenze. E' saggio non colui o colei che si pasce di illusioni, ma accoglie ora il messaggio di salvezza dell'Evangelo affidandosi completamente con fede ed ubbidienza, al Salvatore Gesù Cristo. Egli solo ci può dare fin da oggi la pace di cui abbiamo bisogno: "Vi lascio pace; vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà. Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti" (Giovanni 14:27).

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