martedì 20 gennaio 2015

Un “passaggio segreto” fra Dio ed il mondo

Negli antichi castelli vi era spesso un passaggio segreto che, attraverso una scala, collegava le camere superiori della residenza del signore, con l’esterno, il mondo. Il signore stesso, in incognito, l’attraversava di tanto in tanto per mescolarsi, a loro insaputa, alla gente. Essa veniva pure usata da pochi fedelissimi ed eletti collaboratori per svolgere altrettanto segreti servizi. Qualcosa di simile esiste per la segreta comunicazione fra Dio ed il mondo. Ce lo rivelano le Scritture attraverso l’immagine della “scala di Giacobbe”.

In cammino verso la città di Caran, nella regione di Paddan-Aram (di fatto in fuga dalla sua famiglia), Giacobbe si ferma per passare la notte e si corica per terra in un luogo lontano da centri abitati. Giacobbe si pone una pietra “per capezzale” e si dispone a trascorrervi la notte nonostante sia solo e vulnerabile. È proprio lì che Dio gli concede la visione, in sogno, di una “scala di comunicazione” fra Cielo e terra, di cui lui (e la maggior parte) non si avvedeva, ma che esiste ed è pure “molto trafficata”. Giacobbe è un peccatore eletto e graziato, e quella visione gli è data come consolazione e conferma delle promesse e dei propositi che Dio ha fatto a lui ed attraverso di lui. L’immagine di quella scala è ripresa da Gesù stesso con simili finalità per rivelare la Sua identità e missione e rimane a tutt’oggi illuminante.
“(10) Giacobbe partì da Beer-Sceba e andò verso Caran. (11) Giunse ad un certo luogo e vi passò la notte, perché il sole era già tramontato. Prese una delle pietre del luogo, se la mise per capezzale e lì si coricò. (12) Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima toccava il cielo; e gli angeli di Dio salivano e scendevano per la scala. (13) Il SIGNORE stava al di sopra di essa e gli disse: «Io sono il SIGNORE, il Dio d'Abraamo tuo padre e il Dio d'Isacco. La terra sulla quale tu stai coricato, io la darò a te e alla tua discendenza. (14) La tua discendenza sarà come la polvere della terra e tu ti estenderai a occidente e a oriente, a settentrione e a meridione, e tutte le famiglie della terra saranno benedette in te e nella tua discendenza. (15) Io sono con te, e ti proteggerò dovunque tu andrai e ti ricondurrò in questo paese, perché io non ti abbandonerò prima di aver fatto quello che ti ho detto». (16) Quando Giacobbe si svegliò dal sonno, disse: «Certo, il SIGNORE è in questo luogo e io non lo sapevo!» (17) Ebbe paura e disse: «Com'è tremendo questo luogo! Questa non è altro che la casa di Dio, e questa è la porta del cielo!»” (Genesi 28:10-17).
“Poi gli disse: «In verità, in verità vi dico che vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo»” (Giovanni 1:51),
Vi sono due tipi di umanità, quella della “non religione” e quella della “religione”. I primi si illudono di “essersi liberati” di Dio o che Dio sia lontano e che non si interessi di questo mondo e che essi, del mondo e del proprio destino, sono signori e padroni. I secondi si illudono con la loro religione di essere in vario modo in comunicazione con Dio e di servirne gli interessi. I primi si ingannano, perché Dio “ha a che fare” in molti modi con il mondo e vi è costante interazione fra Lui e i Suoi; i secondi si illudono di raggiungerlo, ma invano, esistendo uniche e privilegiate vie di comunicazione, diverse da quelle che credono.

A coloro che, però, come Giacobbe, sovranamente Dio concede la grazia di essere partecipi dei Suoi propositi di salvezza, Dio stesso rivela loro quali siano questi “passaggi segreti” soprattutto quando, trovandosi in circostanze difficili, suppongono che Dio sia lontano da loro o disinteressato. Visioni come quella della scala di Giacobbe diventano così per loro di grande conforto. Infatti, con l’immagine biblica di una Scala che unisce Cielo e terra, attraverso la quale transitano costantemente i Suoi messaggeri (“Essi non sono forse tutti spiriti al servizio di Dio, mandati a servire in favore di quelli che devono ereditare la salvezza?” Ebrei 1:14), Dio conferma al patriarca Giacobbe le Sue promesse di grazia verso i Suoi eletti e verso di Lui in particolare, come pure essa è prefigurazione dell’identità ed il servizio del Signore e Salvatore Gesù Cristo.

Consideriamola più da vicino. La maggior parte dei commentatori paragonano la scala di Giacobbe con la torre di Babele (Genesi 11:1-9). A Babele, peccatori arroganti cercavano invano di salire fino in Cielo, ma con Giacobbe è Dio che, nella Sua grazia prende l’iniziativa di scendere verso il Suo eletto, Non c’è nulla nel racconto che indichi che Giacobbe cercasse Dio, al contrario, è Dio che lo cerca e lo trova, proprio come trova il Suo popolo (Salmo 139:1-16; Luca 15:1-7; Romani 8:29-30).

L’apparizione di Dio a Giacobbe giunge ad un punto cruciale della sua vita. Sebbene egli avesse ricevuto un’importante benedizione da parte del padre Isacco (Genesi 27:26-29; 28:1-5), egli è privo di una casa e la sua vita è in pericolo. Il fatto che il Signore lo voglia incontrare lo rassicura che le parole del padre non erano state dette invano. Senza dubbio egli è oggetto delle promesse di salvezza fatte a suo padre e a suo nonno (28:13). La sua discendenza si diffonderà per tutta la terra (v. 14), indicazione che la famiglia di Giacobbe (tutti coloro che hanno fede nel Messia, Galati 3:29), erediteranno la terra (Matteo 5:5). Giacobbe, inoltre sa che tutto questo accadrà perché fedelmente Dio sarà con lui per compiere la Sua Parola. Com’è stato scritto: “Colui che Dio ama, Egli non lascerà”.

Cristo soltanto è la via che porta a quella stessa salvezza (Giovanni 14:6): è per questo che Egli stesso si paragona con la scala di Giacobbe (Giovanni 1:51). Sebbene noi non Lo si possa oggi vedere con i nostri occhi, se confidiamo nelle promesse di Dio un giorno Lo vedremo (1 Corinzi 13:12). Come disse Giovanni Calvino: “Cristo è il mezzo attraverso il quale la pienezza di tutte le benedizioni celesti fluisce verso di noi, ed attraverso il quale, a nostra volta, noi saliamo a Dio”.

A Giacobbe è come se Dio gli avesse detto: “Sebbene tu sia stato costretto a lasciare la terra dove io ho scelto di rivelare la Mia presenza, non scoraggiarti, perché quella terra fisica di Canaan non è che una figura della Città celeste dove dimora la pienezza della Mia gloria. Non importa dove tu sulla terra sia costretto ad errare, per te c’è sempre una scala, una via di comunicazione aperta, per la quale tu puoi salire alla mia presenza stessa e fare l’esperienza del vero adempimento di tutte le benedizioni promesse. La Scala conduce a me, ed Io ti sarò propizio, adempiendo le mie promesse con la mia gloriosa presenza. Di fatto, lasciando Canaan, lungi dal fuggire dalla mia presenza, non importa proprio dove tu ti trovi sulla terra, non importa quanto tu possa essere lontano dalle benedizioni fisiche che rappresentano le realtà che saranno alla fine adempiute alla mia presenza stessa.

Il Nuovo Testamento insegna come questa Scala sia figura di Gesù Cristo, che è l’unica via fra Dio e l’uomo, ed attraverso il quale si realizza ed è amministrata ogni benedizione di redenzione. È così che Gesù conferma le speranze del discepolo Natanale, dicendogli: “In verità, in verità vi dico che vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo” (Giovanni 1:51). Con questo modo di esprimersi Gesù intende dirgli di essere Egli stesso la Scala di Giacobbe e che tutte le benedizioni che Dio ha promessp fluiscono solo attraverso di Lui, che nessuno potrà accedere alla presenza di Dio se non per lui. Con questa stessa immagine confortante del Salvatore Dio aveva sostenuto Giacobbe nelle sue peregrinazioni terrene.

È anche importante notare come questa figura molto istruttiva del Salvatore, in quello stesso racconto, Giacobbe poggi la testa su una Roccia, e dorme, e dopo il suo sogno Giacobbe mette in piedi una colonna, la consacra con olio e promette di dare a Dio un decimo di tutto quello che possiede. Pure questa roccia rappresenta in modo eccellente e diverso il carattere di Cristo, che è il solo nostro riposo e conforto, Colui che sostiene la nostra testa nelle nostre peregrinazioni quaggiù, e che è pure per noi Roccia inamovibile e fortezza. Quella roccia era stata unta con olio e posta come una colonna per testimoniare la grazia di Dio. Proprio come Cristo era stato unto, consacrato, con lo Spirito Santo (Isaia 61:1; Matteo 3:16-17) diventando l’alleanza del popolo (Isaia 42:6), l’eterna e più eloquente testimonianza alla grazia ed alla potenza di Dio (cfr. Giovanni 1:14). È per quella ragione che Giacobbe chiama quella roccia Bethel, che significa “la casa di Dio”, il luogo, cioè, dove la Sua presenza sarebbe discesa a dimorare fra gli uomini, e l’unico Edificio in cui dobbiamo entrare per essere uniti in modo mistico e reale a Dio per fare esperienza della Sua presenza e benedizione.

È in questo modo insuperabile che Dio fornisce l’immagine al Suo servo Giacobbe di Colui che sarebbe stato la sostanza piena e il provveditore unico delle benedizioni promesse, vale a dire l’immagine di una scala fra Dio e uomo e come Roccia del nostro conforto. Gesù è “il luogo” per eccellenza in cui gli uomini possono incontrare la presenza di Dio per sempre.

Essendo stato così confortato da queste rappresentazioni visibili dell’Evangelo, Giacobbe promette a Dio un decimo di ciò che possiede come offerta di gratitudine. Non importa quindi quanto noi si possa essere trascinati qui e là dai nostri nemici, Egli conforta i Suoi con queste certezze ed essi, riconoscenti offriono a Dio la loro vita e talenti per servirlo fiduciosi come loro Re. Se l’abbiamo veduto nulla Sua multiforme bellezza e siamo stati rassicurati dalla sua condiscendenza di grazia, abbiamo la promessa che noi saremo per sempre oggetto delle Sue cure, nonostante la baldanza dei nostri nemici e dei nostri fallimenti ed incoerenze.

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