domenica 30 luglio 2017

La dimensione diacronica della fede cristiana

Influenzata dal clima culturale contemporaneo, molto evangelicalismo oggi promuove una prospettiva molto individualistica della fede cristiana, basata sull'esperienza privata, personale immediata, dell'incontro con Dio, Cristo, lo Spirito Santo. Si tratta spesso di una prospettiva che si priva (o ritiene secondaria) della dimensione comunitaria dell'essere cristiani (la funzione altrettanto essenziale del corpo di Cristo), ma che è anche inconsapevole della storia che, come popolo di Dio, siamo inseriti, quella degli ultimi venti secoli. Dio non ha mai abbandonato il suo popolo nella storia, anzi, vuole che noi conosciamo e valorizziamo le lezioni che ci fornisce la storia delle chiese (testimonianze, avvenimenti e personaggi) attraverso i quali pure Dio ci parla e ci istruisce. Per una prospettiva comprensiva (non unilaterale) della fede cristiana.
“Ma voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, perché proclamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa; voi, che prima non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio; voi, che non avevate ottenuto misericordia, ma ora avete ottenuto misericordia” (1 Pietro 2:9-10).
“...ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d'Israele ed estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo. Ma ora, in Cristo Gesù, voi che allora eravate lontani siete stati avvicinati mediante il sangue di Cristo” (Efesini 2:12-13).
La fede cristiana evangelica mette molto in rilievo come l’essere cristiani debba essere il risultato soprattutto di una personale esperienza di conversione al Cristo. Il sentirsi personalmente interpellati dall’annuncio dell’Evangelo, il ravvedimento da una vita che dispiace a Dio, la fede in Gesù Cristo com’è annunciato e spiegato dalla Bibbia, il cammino del discepolato che gradualmente ti trasforma all’immagine morale e spirituale di Cristo: tutto questo è esperienza personale, individuale, privata, che sorge da quella che la Bibbia chiama “nuova nascita”. Essa nasce da una lettura immediata e sincronica del messaggio del Nuovo Testamento che, come Parola che Dio ti rivolge da quelle pagine nell’oggi, ti porta a fare le stesse esperienze di cui parla e delle quali testimoniano i suoi autori e personaggi ivi presentati, nonostante che essi siano vissuti tanto tempo fa in contesti molto diversi dal nostro. Essi, per usare un’espressione biblica “benché morti parlano ancora” (Ebrei 11:4). Tutto questo è assolutamente conforme all’insegnamento biblico e su questo bisogna insistere soprattutto di fronte a chi dice di essere cristiano solo “per tradizione” o chi dice che per essere “a posto” basti solo essere formalmente membri di una chiesa, sostenerla finanziariamente o utilizzare i suoi servizi.

La vita cristiana, però, non è limitata ad un’esperienza personale, interiore: questa è una distorsione unilaterale, per quanto possa essere giustificato l’insistervi. Essere cristiani vuol anche dire essere inseriti, e proprio da quella stessa esperienza, nella concreta, reale, comunione di altre persone che quell’esperienza pure la stanno facendo (la chiesa, la comunità cristiana) ed insieme operano in questo mondo ai propositi in cui Dio li impegna. Essere cristiani è pure necessariamente un’espressione comunitaria che, come tale, non è accidentale o opzionale, ma integrante (fa parte “dello stesso pacchetto”), perché è nell’ambito della comunità cristiana che Dio ha voluto che la fede personale fosse coltivata e crescesse attraverso i servizi che mette a disposizione. Anzi, la stessa esperienza prima della nuova nascita e della conversione non sarebbe stata nemmeno possibile se Dio non si fosse avvalso in quella che indubbiamente è la mediazione della comunità cristiana. Essa è il modo privilegiato in cui Dio sceglie di operare, vale a dire, di avvalersi dell’opera di quella che è chiamata “la chiesa”. La fede cristiana non è qualcosa di atomistico, semplicemente “verticale”, ma comprende una necessaria dimensione “orizzontale”.

Questo non è tutto, perché essere cristiani non è soltanto un’esperienza sincronica del “qui ed ora”, ma ha pure un carattere diacronico, “attraverso il tempo”. Essere cristiani vuol dire essere inseriti, per grazia di Dio, in un popolo, l’avete coscienza dell'essere diventati parte di un popolo particolare che ha dietro di sé una storia millenaria, “il popolo di Dio”, il popolo di coloro che, nel corso della storia sono appartenuti a Dio e lo hanno servito secondo i doni che loro egli aveva accordato. Quella non è “roba passata” che, potremmo dire, “non ci interessa più”, salvo commemorarla in qualche occasione. Le esperienze documentate dei cristiani del passato, la loro testimonianza di fede, la testimonianza delle opere che Dio ha fatto loro tramite, la sapienza che Dio loro ha accordato, continua ad essere un tesoro a nostra disposizione e neanche quello solo “opzionale” ma essenziale alla nostra crescita e maturazione nella nostra generazione e nel luogo dove Dio ci ha posto. Quella che possiamo senz’altro considerare la loro eredità è un capitale dal valore permanente del quale noi siamo chiamato ad avvalercene e beneficiare.

Tutto questo lo dobbiamo sottolineare con forza perché spesso oggi molti cristiani evangelici hanno una concezione individualistica della fede cristiana che si appiattisce nell’esperienza presente e non tiene sufficientemente conto della dimensione comunitaria e storica del popolo di Dio. La cosa non sorprende perché in questo pure riceviamo l’influenza negativa dell’attuale clima culturale che, appunto, porta spesso a considerare l’esperienza come qualcosa di prevalentemente individualistico ed a-storico. Si mette, cioè, in grande rilievo il proprio rapporto personale con Dio, con Cristo e con lo Spirito Santo relativizzando la dimensione comunitaria della fede e la sua dimensione storica. Prevale l’esperienza privata del “qui ed ora” e si ha scarsa consapevolezza del ruolo essenziale che per la nostra fede pure gioca la dimensione storica della fede.

Ci possono essere tanti motivi per i quali uno potrebbe giustificare l’individualismo e il “qui ed ora” della fede, forse anche l’abuso che se ne è fatto e se ne fa in diversi ambienti, ma la consapevolezza dell’essere popolo di Dio attraverso la storia, la nostra conoscenza della storia del popolo di Dio e il nostro metterlo a buon frutto, non è cosa della quale possiamo dispensarci se vogliamo che la nostra fede sia sana, integra e maturi.

Pensiamo, per esempio, alla testimonianza di fede dei martiri cristiani di ogni tempo, pensiamo all'opera dei teologi attraverso i secoli che hanno precisato la dottrina cristiana sistematizzandola, pensiamo all’opera degli apologeti che rapportano la fede cristiana alle filosofie e religioni di questo mondo rispondendovi; pensiamo alle opere dei padri della chiesa antica ed ai concili; pensiamo alle opere dei Riformatori e dei loro fedeli successori che ci danno i criteri per preservare la chiesa da errori e corruzione; pensiamo alle confessioni di fede classiche ed ai catechismi della Riforma, essenziali per avere idee chiare; pensiamo agli avvenimenti della storia della chiesa, ai successi e ai fallimenti del popolo di Dio, dai quali faremmo bene ad imparare. Che cosa possiamo imparate dai risvegli che sono avvenuti nella storia: possono essere ripetuti? Che cosa possiamo imparare dai movimenti missionari? Questi sono solo alcuni esempi delle ricchezze della storia del popolo di Dio. Possiamo ignorarli? Dobbiamo conoscere la nostra storia e metterla a buon frutto come un prezioso dono che Dio ci fà. È per questo che nelle comunità cristiane vedrei molto bene classi di storia della chiesa e non solo studi biblici!

A qualcuno potrebbe sembrare che questo sia contravvenire al principio del “Solo Cristo”, o del “Sola Scrittura” ma chi dice così dimostra solo di avere una concezione alquanto ristretta di Cristo e della Scrittura! In primo luogo, i testi della Bibbia, oltre che a parlarci in maniera immediata, sono anche essi stessi “storia” e storia significativa. “Poiché tutto ciò che fu scritto nel passato, fu scritto per nostra istruzione, affinché mediante la pazienza e la consolazione che ci provengono dalle Scritture, conserviamo la speranza” (Romani 15:4). Inoltre, la conoscenza e la consapevolezza storica non va limitata solo a quella biblica (come se non ci fosse o non fosse importante) altra storia se non quella narrata dalla Bibbia, ma alla storia, gli avvenimenti ed i personaggi della chiesa cristiana attraverso i secoli fino ad oggi. Se la storia biblica è, così come dev’essere, “fondante”, quella successiva non certo irrilevante. Il Signore Gesù aveva promesso di essere spiritualmente accanto ai suoi per sempre, così come lo sarebbe stato lo Spirito Santo: “il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto” (Giovanni 14:26). Inoltre, tutt’attraverso la storia vi sono stati innumerevoli “giganti della fede” i cui scritti il Signore ci ha dato per nostro, assumendo essi il ruolo di veri e proprii “dottori della chiesa”. Infatti: “Colui che è disceso, è lo stesso che è salito al di sopra di tutti i cieli, affinché riempisse ogni cosa. È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi in vista dell'opera del ministero e dell'edificazione del corpo di Cristo, fino a che tutti giungiamo all'unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo; affinché non siamo più come bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l'astuzia loro nelle arti seduttrici dell'errore; ma, seguendo la verità nell'amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo. Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l'aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare se stesso nell'amore” (Efesini 4:11-16).

Il ministero del discernimento dato alla comunità cristiana, potrà darci la necessaria valutazione critica per vedere come i maestri cristiani del passato siano affidabili e possano aiutarvi.
Scrive Marco De Felice (un pastore cristiano): “Purtroppo, spesso, non ci rendiamo conto del nostro bisogno di avere questi uomini maturi nella nostra vita. Viviamo in un'epoca in cui ognuno vuole dire la sua. Però, ci servono uomini più maturi, uomini che hanno una profonda conoscenza della Parola di Dio e un cammino integro. Non occorre sempre che siano uomini ancora in vita. A volte, possiamo trarre grande beneficio anche da uomini fisicamente morti, che ci parlano tramite i loro scritti. Uomini così sono i nostri antenati spirituali. Qui in Italia, non abbiamo un ricco patrimonio di uomini di Dio dai secoli passati, come hanno certi paesi, soprattutto nel nord Europa. Questo è perché dopo la Riforma negli anni 1500, la Chiesa Cattolica di Roma cercava di distruggere l’opera di Dio della Riforma con la Controriforma. Tristemente, la Controriforma, qua in Italia ha maggiormente privato la nostra nazione di quel patrimonio spirituale, che invece è andato via via costituendosi in varie altre nazioni dell' Europa. Nel XVI secolo, nelle nazione dove si predicava la dottrina biblica della salvezza solo per grazia, Dio ha suscitato un potente risveglio ed una riforma della chiesa. Questa, la riforma della chiesa, portava alla riscoperta di tutte le dottrine bibliche, che è stata seguita da una profonda riflessione sulle dottrine bibliche e dall’impegno appassionato per praticare ciò che Dio aveva concesso al suo popolo di conoscere. Così, in questi paesi, si è andato accumulando un tesoro spirituale costituito dalle riflessioni e dalle esperienze dei credenti più maturi. Questo patrimonio è stato raccolto, conservato e reso disponibile mediante una ricchissima produzione letteraria. Forse uno dei periodi più ricchi spiritualmente è stato il XVI secolo. In quel periodo, i credenti più devoti alla dottrina biblica furono chiamati “Puritani”, in quanto la loro vita rispecchiava molto più la santità, ovvero la purezza, di quanto era normale in molte chiese dell'epoca le quali non erano fedeli alle Scritture”. http://www.aiutobiblico.org/sermoni/vari-vita/vari-vita-html/afflizioni-puritani.10a.html

Concludo con un testo biblico tratto dalla lettera agli Ebrei: 
Ebbene, che devo dire di più? Ci vorrebbe troppo tempo se volessi parlarvi della fede di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Iefte, di Davide, di Samuele e di tutti gli altri profeti. Tutte queste persone ebbero fede in Dio e, per questo, vinsero battaglie, conquistarono regni, esercitarono la giustizia, videro avverarsi le promesse di Dio, scamparono illesi dalle fauci dei leoni, riuscirono a spegnere fuochi violenti e sfuggirono alla lama delle spade. Altri ancora trovarono forza nel momento della debolezza, diventarono valorosi in guerra e misero in fuga eserciti stranieri. Per fede, alcune donne riebbero i loro morti, resuscitati. Altri, invece, furono torturati a morte, rifiutando l'offerta di essere liberati, certi che dopo sarebbero resuscitati ad una vita migliore. Alcuni furono derisi, frustati, incatenati e gettati in prigione. Altri furono massacrati, a colpi di pietre, segati in due o uccisi con la spada. Altri ancora, coperti di pelli di pecora o di capra, vagarono qua e là per deserti e montagne, nascondendosi nelle tane e nelle caverne. Affamati, ammalati, mancanti di tutto, maltrattati, troppo buoni per questo mondo! E tutti questi uomini, pur essendo riconosciuti giusti da Dio per la loro fede, non hanno ottenuto tutto ciò che Dio aveva loro promesso. Il Signore, infatti, aveva in vista per noi qualcosa di meglio: essi non dovevano raggiungere la mèta perfetta senza di noi” (Ebrei 11:33-38).

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