giovedì 22 novembre 2018

Una vita sensata

L'essere umano tende ad avere un'immagine molto elevata di sé stesso ma, nel contempo, riconosce la futilità della sua vita e tende a sprecarla. La Parola di Dio ci richiama ad una concezione sobria della nostra vita e da vivere con saggezza. Dice:
"Insegnaci dunque a contare i nostri giorni, per ottenere un cuore savio" (Salmi 90:12).
Di solito si cita questo versetto come se fosse un proverbio che significa: "La vita è breve: vivila con saggezza". Oppure, come qualcuno pure ha tradotto: "Insegnaci a far contare i nostri giorni", a valorizzarli, senza mai sprecare il tempo che abbiamo a disposizione. Tutto questo è vero, ma nel contesto dell'intero Salmo, significa molto di più di questo, come vedremo. Di fatto, quell'affermazione, che, appunto, inizia con un "dunque", è la conclusione di una riflessione su Dio, sul tempo, e sulla condizione umana.

In ebraico, il versetto 12 inizia con le parole: "contare i nostri giorni". Questa frase riprende l'argomento del tempo, il tema che caratterizza tutto questo Salmo. È proprio infatti, riflettendo sul tempo che siamo portati a vedere la debolezza e la brevità della nostra vita. "Tu fai ritornare l'uomo in polvere e dici: «Ritornate, o figli degli uomini» (...) Tu li porti via come un'inondazione. Essi sono come un sogno, sono come l'erba che verdeggia la mattina.  La mattina essa fiorisce e verdeggia, la sera è falciata e dissecca. (...)  I giorni dei nostri anni arrivano a settant'anni e per i più forti a ottanta, ma quel che costituisce il loro orgoglio non è che travaglio e vanità, perché passa in fretta e noi ce ne voliamo via" (3, 5-6, 10).

Qui, il Salmo 90 mostra il collegamento che ha con quanto il Salmo 89 afferma sulla fragilità della creatura umana: "Ricordati quanto breve sia la mia vita. Per quale vanità hai creato tutti i figli degli uomini? Qual è l'uomo che viva, senza vedere la morte e che possa sottrarre la sua vita al potere dello Sceol?" (89:47-48). Un tale realismo sulla nostra fondamentale fragilità è il necessario fondamento della vera sapienza: "Eterno, fammi conoscere la mia fine e quale sia la misura dei miei giorni; fa' che io sappia quanto sono fragile" (Salmi 39:4).

La brevità e fragilità della vita umana è conseguenza del peccato e del giudizio di Dio sul mondo. Il Salmista, infatti, riconosce il peccato con franchezza quando dice: "Tu metti le nostre colpe davanti a te, i nostri peccati occulti alla luce del tuo volto" (90:8). Egli sa che il Dio santo esegue i suoi giudizi sui peccatori: "Poiché tutti i nostri giorni svaniscono nella tua ira; finiamo i nostri anni come un sospiro (...) Chi conosce la forza della tua ira e il tuo furore secondo il timore che ti è dovuto?" (9-11). È sicuramente terrificante pensare che l'ira di Dio sia qualcosa di altrettanto reale che l'ubbidienza che gli è dovuta.

Sebbene la vita sia breve e l'ira di Dio terrificante, grande è pure la misericordia di Dio per il suo popolo: "O Signore, tu sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione" (v. 1). Attraverso tutte le generazioni dell'esistenza del suo popolo, Dio lo ha sempre preservato e protetto. Persino nel giardino dell'Eden, egli promette di redimere il suo popolo (Genesi 3:15). Per il suo popolo Dio rimane un rifugio perché egli è il Dio redentore.

Mosè ci rammenta che sebbene la vita umana sia fragile e breve, Dio è eterno. "Prima che i monti fossero nati e che tu avessi formato la terra e il mondo, anzi da sempre e per sempre tu sei Dio" (v. 2). Mosè ci porta al tempo in cui Dio crea la terra, per rammentarci come il nostro Dio si ponga prima ed al di là del tempo e di questo mondo. Egli è sempre stato ed è sufficiente a sé stesso, non ha bisogno di noi.

Mosè evidenzia questo punto in un altro modo nel versetto 4: "Poiché mille anni ai tuoi occhi sono come il giorno di ieri quando è passato, o come una vigilia nella notte" (v. 4). Per Dio il tempo non ha lo stesso valore che ha per noi. Per noi, mille anni è un tempo così lungo che possiamo a mala pena immaginare come sarebbe a viverlo. Per Dio non sono diversi da un tempo molto breve. Egli è eterno, si pone al di sopra del tempo, che egli stesso ha creato.

Questo Dio eterno dirige il corso della storia con il suo potere infinito. Mosè, che aveva spesso veduto la potenza di Dio in azione nella liberazione di Israele dall'Egitto, continua a pregare affinché la maestà delle opere di Dio romanga sempre di fronte agli occhi del popolo: "Sia manifesta la tua opera ai tuoi servi e la tua gloria ai loro figli" (16). Come Dio aveva, con la sua potenza, causato sofferenza, così Mosè prega che Dio mandi la sua benedizione: "Rallegraci in proporzione ai giorni che ci hai afflitti e in compenso degli anni che abbiamo sofferto calamità".

Se noi dobbiamo "contare i nostri giorni" mettendo a confronto la brevità della nostra vita con l'eterna natura di Dio, allora la nostra preghiera a Dio non potrà che essere: "Insegnaci a contare i nostri giorni". Non impareremo mai quella lezione con le sole nostre forze. Lasciati a noi stessi, non solo noi siamo ignoranti, ma sopprimiamo la verità nell'ingiustizia (Romani 1:18). Se convinciamo noi stessi di avere da vivere un lungo tempo, fintanto che rimaniamo sani, noi crediamo che in questo corpo noi vivremo per sempre. Abbiamo dunque bisogno di un maestro, e l'unico maestro che ci possa salvare da noi stessi è Dio, con il quale sio chiamati ad avere un rapporto consapevole ed attivo. Il valore della nostra vita, vissuta con saggezza, dipende da questo.

Adattato da "Learning to Love the Psalms di W. Robert Godfrey.

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