lunedì 29 novembre 2010

La nostra negligenza disonora Dio

1 "Quanto alla sovvenzione destinata ai santi, è superfluo che io ve ne scriva, 2 perché conosco la prontezza dell'animo vostro, per la quale mi vanto di voi presso i Macedoni, dicendo che l'Acaia è pronta fin dall'anno scorso; e il vostro zelo ne ha stimolati moltissimi. 3 Ma ho mandato i fratelli affinché il nostro vantarci di voi non abbia ad essere smentito a questo riguardo; e affinché, come dicevo, siate pronti; 4 non vorrei che, venendo con me dei Macedoni e non vedendovi pronti, noi (per non dire voi) abbiamo a vergognarci di questa nostra fiducia. 5 Perciò ho ritenuto necessario esortare i fratelli a venire da voi prima di me e preparare la vostra già promessa offerta, affinché essa sia pronta come offerta di generosità e non d'avarizia" (​2 Corinzi 9:1-5).

Negligenza, pigrizia e trascuratezza non dovrebbero mai apparire nel comportamento del cristiano perché la prontezza e la diligenza non solo nello svolgere i propri doveri ma anche nel mantenere le promesse e nell'essere sempre ciò che è conforme a Cristo, dovrebbe essere sempre "il suo punto di onore". Il cristiano, infatti, in qualunque cosa faccia, anche la più piccola ed apparentemente insignificante, risponde sempre al principio espresso dalle seguenti affermazioni della Bibbia: "Qualunque cosa facciate, in parole o in opere, fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù ringraziando Dio Padre per mezzo di lui" (Colossesi 3:17), come pure: "Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualche altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio" (1 Corinzi 10:31). Lo stesso principio è espresso dall'apostolo Pietro: "Se uno parla, lo faccia come si annunciano gli oracoli di Dio; se uno compie un servizio, lo faccia come si compie un servizio mediante la forza che Dio fornisce, affinché in ogni cosa sia glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo, al quale appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen" (1 Pietro 4:11).​ Sì, "affinché in ogni cosa sia glorificato Dio". Quante volte, invece, ci dimostriamo negligenti, trascurati, inefficienti, temporeggiamo e giustifichiamo la nostra non-azione o trascuratezza con mille scuse! Non è che ci manchi la buona volontà... ma quali che siano le nostre giustificazioni, la buona testimonianza che dobbiamo rendere al nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo viene ad essere lesa o addirittura pregiudicata.
In una situazione di questo genere si erano posti i cristiani di Corinto che, per quanto avessero promesso con entusiasmo un generoso contributo verso i poveri della Palestina, questo contributo, per un motivo o un altro, non si era mai concretizzato...  Quando l'Apostolo aveva fatto visita alle chiese della Macedonia, egli aveva condiviso con loro, infatti, l'idea dell'opportunità di esprimere pratica solidarietà con i credenti bisognosi della Palestina e questo aveva suscitato il loro entusiasmo tanto che essi avevano chiesto: "​...con molta insistenza il favore di partecipare alla sovvenzione destinata ai santi" (8:4).​ Paolo pure aveva espresso il suo compiacimento per la disponibilità manifestata pure dalla chiesa di Corinto a partecipare generosamente alla colletta. Ora, però, si era sviluppato un problema: la disponibilità dei Corinzi era stata solo a parole senza che essa effettivamente si materializzasse. Tito era stato in grado di riaccenderne l'interesse durante la sua recente visita (8:6). Partito, però, da Corinto, ancora una volta lo questione della colletta nuovamente si arena. Ora che Paolo sta per tornare a Corinto insieme ai delegati della Macedonia, che figura avrebbe fatto il vanto che aveva espresso per i corinzi di fronte alla loro negligenza? Per evitare questa situazione imbarazzante fa quattro cose. Ricorda loro il loro entusiasmo iniziale per la colletta e come questo avesse incoraggiato i cristiani della Macedonia (9:1-2). Fa riferimento alla vergogna che ne sarebbe derivata allorché i macedoni si fossero dimostrati non pronti (9:4). Preannuncia la visita dei fratelli per evitare che questo accada (9:3,5). Infine, egli rammenta loro delle benedizioni che conseguono dalla generosità (9:6-15).
Che senso ha, però, per Paolo ripetere nel capitolo 9 tutto quanto aveva già detto nel capitolo 8? La ripetizione, di fatto, è solo apparente ed è dovuta alla nostra suddivisione artificiale fra il capitolo 8 ed il capitolo 9, come pure alle nostre imprecise traduzioni.  I versetti non dovrebbero dire, infatti: "Date loro dunque, in presenza delle chiese, la prova del vostro amore e mostrate loro che abbiamo ragione di essere fieri di voi. [punto, nuovo capitolo] Quanto alla sovvenzione destinata ai santi, è superfluo che io ve ne scriva, perché conosco la prontezza dell'animo vostro", ma: "Date loro dunque, in presenza delle chiese, la prova del vostro amore e mostrate loro che abbiamo ragione di essere fieri di voi quanto alla sovvenzione destinata ai santi. [il punto deve essere messo qui]. È superfluo [però] che io ve ne scriva, perché conosco la prontezza dell'animo vostro ecc.".
Qui, così, Paolo dice che, dopo tutto, sarebbe per lui superfluo dire quanto ha scritto, perché dovrebbe essere cosa ovvia, scontata, dato che le loro intenzioni erano buone, lodevoli; il problema stava nel loro temporeggiamento che avrebbe potuto essere equivocato come colpevole trascuratezza. Questo non è il caso: lui è persuaso della loro buona volontà: "conosco la prontezza dell'animo vostro".
I​ l loro zelo ed entusiasmo era stato sincero. Questi sentimenti, però, non durano indefinitamente. Bisogna che l'entusiasmo preluda ad una pronta attuazione dei loro proponimenti, altrimenti si possono "dimenticare" o essere eventualmente accantonati all'insorgere di nuovi interessi. Paolo, così, ritiene necessario inviare loro dei collaboratori affinché rammentino loro delle loro promesse e non temporeggino più a mantenerle, altrimenti la cosa sarebbe diventata per tutti molto imbarazzante.
E​cco così che scrive: "Perciò ho ritenuto necessario esortare i fratelli a venire da voi prima di me e preparare la vostra già promessa offerta, affinché essa sia pronta come offerta di generosità e non d'avarizia". Pure quest'ultima espressione non è resa bene nella nostra traduzione italiana. Si potrebbe dire meglio: "...affinché essa sia un offerta che esce spontaneamente da un animo generoso e non come un dovere fatto di malavoglia". Il termine tradotto con "avarizia" può indicare, infatti, l'egoismo di chi non dà volentieri e cerca di trattenere il denaro il più possibile, come chi paga i debiti proprio all'ultimo giorno utile per poter lucrarne il più possibile l'interesse, quand'anche fossero solo pochi centesimi.
P​ erché mai, dunque, lasciare le cose per l'ultimo momento dando adito a sospetti che l'offerta non sia fatta veramente di buon animo? Che l'offerta sia pronta e non venga più dilazionata!
G​ razie a Dio, la situazione si aggiusta: ciò che l'Apostolo dispone funziona. Tito ed i suoi compagni portano a termine la loro missione, Paolo rende loro la visita promessa ed i cristiani di Corinto, insieme a quelli dell'Acaia: "...si sono compiaciute di fare una colletta per i poveri che sono tra i santi di Gerusalemme"(Romani 15:26). Questo è solo giusto, infatti: "...se gli stranieri sono stati fatti partecipi dei loro beni spirituali, sono anche in obbligo di aiutarli con i beni materiali" (Romani 15:27).
PreghieraSignore Iddio, Ti chiedo perdono per tutte le volte in cui, nella mia vita, mi dimostro trascurato e negligente e trovo sempre delle scuse per giustificarlo. Questo non fa onore alla mia confessione di fede e certamente non ti dà la gloria che ti è dovuta anche nelle piccole cose. Pungolami, Te ne prego, affinché io Ti sia sempre di buona testimonianza e riprendimi quando mi dimostro incoerente con la mia fede rattristando così il Tuo Santo Spirito. Te lo chiedo nel nome di Cristo. Amen.

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