sabato 4 ottobre 2014

I diritti di Dio (Matteo 21:33-46)

Sintesi. Persone con un alto senso del dovere e diligenti in ogni aspetto della loro vita: ecco come venivano descritti i cristiani evangelici del passato. Non sempre è così nel presente, ma impegno diligente nell'assolvere ai propri doveri e senso di responsabilità in ogni cosa, è ciò che continua ad aspettarsi Dio dal Suo popolo, le cui mancanze e compiacenti inadempienze, quando non palese ribellione, i profeti e lo stesso Signore Gesù denunciavano con forza. Quali sono i doveri che Dio s’attende che noi assolviamo? Perché dobbiamo assolverli? Quali sono i diritti di Dio? E’ ciò che vedremo quest’oggi sulla base del testo biblico di Matteo 21:33-46: la parabola dei malvagi vignaioli.  

Il senso del dovere

C’era un tempo in cui i cristiani evangelici, i protestanti in genere, erano conosciuti per il loro grande senso del dovere, per il quale si impegnavano ad adempiere ciò che è dovuto a Dio e ciò che è dovuto al prossimo. Essi adempivano in modo fedele ed esemplare tutti i loro doveri. Non lo facevano per “guadagnarsi la salvezza”, ma come espressione di riconoscenza verso Dio per la salvezza che Dio aveva conferito loro grazie all’opera del Salvatore Gesù Cristo.  


La diligenza nell’assolvere ai propri doveri è qualcosa di cui si può sicuramente abusare. Non tutto ciò che è considerato od è imposto come un dovere in una data società, infatti, è da assolvere acriticamente, Il cristiano è pure chiamato al discernimento responsabile. Il cristiano si impegna ad assolvere i suoi doveri così come essi sono definiti da Dio stesso nella Sua Parola, in particolare come sono stati riassunti nel Decalogo (la Legge morale), nulla di più e nulla di meno. Il cristiano si muove in quei precisi limiti resistendo ogni imposizione di doveri indebiti. Tutto ciò che non corrisponde alla volontà rivelata di Dio si può e si deve resistere. È in questa prospettiva che è da intendere il principio evangelico: “Rendete a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio” (Luca 20:25).


Diligenza nell’assolvere ai propri doveri, serietà nell’onorare gli impegni stabiliti e senso di responsabilità in ogni ambito della vita - e questo dev’essere molto chiaro - fanno parte dell’identità del cristiano autentico, perché è consapevole di essere parte del popolo di Dio, popolo legato a Dio da un preciso patto fatto di diritti e di doveri. Come Dio stesso si impegna ad onorare le promesse che Egli ha sancito nel Suo Patto (ed ha dimostrato di farlo), così coloro che fanno parte del Suo popolo si impegnano a fare altrettanto. Senso del dovere è sinonimo di fedeltà, concetto di importanza fondamentale nell’ambito dell’insegnamento biblico.


Non è stato e non è sempre così, però. La creatura umana non ha sempre onorato i propri doveri verso Dio, Creatore e Sovrano su tutto il creato, e nemmeno l’ha sempre fatto il Suo popolo, antico e moderno (la Chiesa). Quella diligenza nell’assolvere i propri doveri, quella fedeltà, in cui si distinguevano nel passato i cristiani evangelici, è un concetto oggi particolarmente in crisi. Quando però la fedeltà di Dio non viene onorata con una corrispondente fedeltà, se ne paga il caro prezzo, insorgeranno inevitasbilmente conseguenze negative, spesso serie, sia nella vita dei singoli cristiani come nella vita delle comunità cristiane, ne subiamo un danno. Il “prezzo da pagare” per l’infedeltà era stato e rimane sancito nella stessa Parola di Dio.


Durante l’Antico Testamento, per denunciare l’infedeltà del popolo di Dio ai suoi doveri e chiamare al ravvedimento, Dio mandava i Suoi profeti. Il Signore Gesù stesso denunciava l’infedeltà del popolo di Dio del Suo tempo in modo molto duro e quelle Sue parole rimangono registrate per noi nei vangeli come severo e permanente ammonimento e come appello al ravvedimento, rimanendo parola sempre rilevante. È il caso della parabola evangelica che esaminiamo quest’oggi, quella dei malvagi vignaioli. Esaminiamola con attenzione.

Il testo biblico

Parabola dei malvagi vignaiuoli.  “(33) «Udite un'altra parabola: C'era un padrone di casa, il quale piantò una vigna, le fece attorno una siepe, vi scavò una buca per pigiare l'uva e vi costruì una torre; poi l'affittò a dei vignaiuoli e se ne andò in viaggio. (34) Quando fu vicina la stagione dei frutti, mandò i suoi servi dai vignaiuoli per ricevere i frutti della vigna. (35) Ma i vignaiuoli presero i servi e ne picchiarono uno, ne uccisero un altro e un altro lo lapidarono. (36) Da capo mandò degli altri servi, in numero maggiore dei primi; ma quelli li trattarono allo stesso modo. (37) Finalmente, mandò loro suo figlio, dicendo: "Avranno rispetto per mio figlio". (38) Ma i vignaiuoli, veduto il figlio, dissero tra di loro: "Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e facciamo nostra la sua eredità". (39) Lo presero, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. (40) Quando verrà il padrone della vigna, che farà a quei vignaiuoli?» (41) Essi gli risposero: «Li farà perire malamente, quei malvagi, e affiderà la vigna ad altri vignaiuoli i quali gliene renderanno il frutto a suo tempo». (42) Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: "La pietra che i costruttori hanno rifiutata è diventata pietra angolare; ciò è stato fatto dal Signore, ed è cosa meravigliosa agli occhi nostri"? (43) Perciò vi dico che il regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato a gente che ne faccia i frutti. (44) Chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato; ed essa stritolerà colui sul quale cadrà». (45) I capi dei sacerdoti e i farisei, udite le sue parabole, capirono che parlava di loro; (46) e cercavano di prenderlo, ma ebbero paura della folla, che lo riteneva un profeta” (Matteo 21:33-46).


Questa parabola dei malvagi vignaioli era stata rivolta la prima volta al popolo di Israele, il popolo che Dio aveva eletto per rappresentarlo e servirlo in questo mondo, e contro i suoi leader. È una parabola che mette particolarmente in rilievo la stupefacente pazienza di Dio. Anche la pazienza di Dio, però, ha un limite. Stupefacenti sono pure l’atteggiamento, l’arroganza, le pretese e le prevaricazioni di questi vignaioli


Al centro della parabola sta l’invio dello stesso Figlio di Dio, ma viene trattato peggio di coloro che erano stati inviati precedentemente. Alla fine Gesù porta i Suoi uditori, capi dei sacerdoti ed anziani del popolo a rispondere alla domanda: “Quando verrà il padrone della vigna, che farà a quei vignaiuoli?”. Al che essi rispondono: “Li farà perire malamente, quei malvagi, e affiderà la vigna ad altri vignaiuoli i quali gliene renderanno il frutto a suo tempo”. Questo vuol dire che ai capi ed il popolo di Israele, non avendo reso i frutti della vigna al suo legittimo padrone, come sarebbe stato loro dovere, ed avendo preteso di poter disporre totalmente ciò di cui non avevano titolo, verrà tolta la gestione della vigna e data a qualcun altro. Nel caso, poi, che non avessero fatto il necessario parallelo con la loro situazione, a scanso di equivoci, Gesù lo evidenzia Egli stesso per loro: “Perciò vi dico che il regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato a gente che ne faccia i frutti”. Non sorprende che la cosa li faccia infuriare perché essi comprendono ben presto che Gesù stava parlando di loro. È quanto dice Gesù che diventa per loro intollerabile…


Questa parabola non riguarda solo l’antico Israele: essa ci è stata tramandata perché ha un valore permanente che riguarda l’umanità e tutto il popolo di Dio attraverso la storia, antico e moderno. Essa riguarda pure noi. Esaminiamo diversi aspetti di questa parabola

I diritti del Proprietario

Un ambiente ostile. Gesù era cosciente di essere venuto in un ambiente ostile. L’ostilità non era tanto verso di Lui come persona, perché se avesse continuato ad essere “uno fra i tanti”, uno che avesse vissuto una vita “normale”, conformandosi bene o male all’andazzo di questo mondo, Lo avrebbero certamente lasciato in pace e magari sarebbe arrivato fino a tarda età…


Gesù però non era “uno fra i tanti”, Egli è Dio con noi, e la creatura umana, nella sua attuale condizione, è fondamentalmente ostile a Dio. E’ un’umanità che vuole essere dio a sé stessa, libera, senza nessun padrone che le dica quel che deve essere e ciò che deve fare. Per questa umanità la religione, se mai se ne interessa, deve essere qualcosa di addomesticato che serva i propri interessi, non certo quelli di Dio! Gesù è Dio con noi, e quando lo comprende, la maggioranza che fa? Se ne sta alla larga! L’evangelista Giovanni riassume questa verità con queste parole: “...il mondo fu fatto per mezzo di lui, ma il mondo non l’ha conosciuto. Egli è venuto in casa sua, e i suoi non l’hanno riconosciuto” (Giovanni 1:10,11).


Una denuncia. E’ esattamente la realtà di un’umanità fondamentalmente ostile e ribelle verso Dio che Gesù vuole pure denunciare attraverso la parabola dei malvagi vignaioli. Non si tratta solo di una “lamentela”. La parola “denuncia” è appropriata, perché si denuncia un misfatto alle autorità di polizia le quali, dopo avere investigato e fornito le prove, portano la cosa davanti al tribunale, il quale giudicherà, emetterà la condanna e chi di dovere eseguirà la sentenza. E’ come se Gesù dicesse, sempre in modo sfumato, “in parabola”: “Non vi fate illusioni: la ribellione umana alla legittima sovranità di Dio verrà punita”. Dio è buono ed è paziente, ma a tutto c’è un limite!


I capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani, ai quali Gesù aveva rivolto questa parabola, e che non erano stupidi, comprendono bene ciò che Gesù vuol dire. Il testo dice: “ I capi dei sacerdoti e i farisei, udite le sue parabole, capirono che parlava di loro” (45).


La vigna. Una vigna, dunque, come ce n’erano tante intorno a Gerusalemme, vigne rigogliose che producevano del buon vino, piantate su buona terra e coltivate a regola d’arte. Sono circondate da siepi di protezione, sono dotate un luogo per pigiare l’uva e di una torretta di guardia, in un angolo, per avere una prospettiva di controllo su tutta la piantagione. Di solito queste vigne appartenevano ad un proprietario terriero che le affittava a dei contadini che se ne prendevano cura. Il pagamento dell’affitto di solito avveniva in natura. Il padrone della terra aveva diritto ad una parte concordata della produzione.


Ecco però, in questo racconto che quei contadini, fittavoli, mezzadri, fanno una vera e propria “rivoluzione” direi quasi “comunista”. Si ribellano al loro padrone, gli espropriano la vigna, rifiutano di consegnargli la parte concordata della loro produzione, bastonano ed ammazzano i suoi inviati, ed alla fine uccidono persino il figlio del padrone sicuri ormai di essersi appropriati dell’”eredità”. ...se ne potrebbe trarre un film di questa storia, e naturalmente per molti fra noi, vista la mentalità che oggi revale, gli “eroi” sarebbero i contadini…. Giustizia, libertà, commercio equo... Le cose però, nella parabola di Gesù, non vanno in questo senso, perché il padrone arriva con le sue milizie private, massacra quei contadini, e ...dà la vigna ad altri! Cose da ...Sud America...


I diritti del padrone! Non c’è nulla in questo racconto che lasci intendere come Gesù “stia dalla parte di quei contadini” e che voglia cosi parlare di “giustizia e di libertà” scandalizzandosi per la crudeltà dei padroni... Anzi, Gesù sembra avallare concetti come ordine, legalità, diritto inviolabile alla proprietà privata! E’ chiaro come Gesù metta qui in evidenza i diritti del legittimo proprietario e che non si tratti affatto di un “Gesù socialista” come qualcuno vorrebbe farlo passare...


Il punto è un altro: Gesù non sta parlando qui della società umana, di classi sociali, di giustizia, di uguaglianza, di libertà... Queste cose eventualmente troveranno il loro spazio in altri contesti. Qui Gesù - e chi lo ascoltava in quell’occasione lo aveva capito bene - stava parlando dei diritti inviolabili di proprietà che Dio ha sul mondo e su ciascuno di noi e che noi regolarmente disattendiamo, pretendendo di fare a meno di Lui e godendo allegramente dei beni di questo mondo senza voler avere nessuna responsabilità nei Suoi confronti.


Un discorso scomodo.  Ne contesto in cui Gesù stava parlando, si trattava certo di una denuncia contro Israele, popolo eletto di Dio, il quale non solo non serviva il Signore rendendoGli la gloria che Gli è dovuta con la fede, l’ubbidienza e con una testimonianza di vita ineccepibile, ma che sarebbe giunto persino a respingere e ad uccidere lo stesso Figlio di Dio, Signore e Salvatore. Che cosa avrebbe fatto il Signore Iddio di fronte a tutto questo? Avrebbe condannato e respinto il Suo popolo, chiamando altri a farne parte, che sarebbero stati più fedeli. Altri, proprio fra le genti pagane di questo mondo, che molti allora fra gli ebrei disdegnavano. E Dio lo poteva fare nella Sua sovrana libertà. Vi sorprendete perché questo discorso abbia scandalizzato i presenti?


E non sorprende nemmeno quanto questo discorso sui precisi diritti di sovranità di Dio ci dia così tanto fastidio. Dio è Signore sulla nostra chiesa ed è nostro preciso dovere darGli gloria con la nostra ubbidienza e servizio. Se non lo facciamo Dio la condanna e la abbandona, prendendo altre persone, altre chiese, altri gruppi come la Sua chiesa che Gli siano più fedeli. E Dio fa prosperare oggi spiritualmente le chiese che Gli sono fedeli.


Allo stesso modo noi come persone siamo Sue creature e a Lui apparteniamo. Siamo stati creati per essere in comunione con Lui e per servirlo. Egli ne ha pieno diritto. Siamo noi che non abbiamo diritto a gestirci la vita come ci pare e piace... Se pretendiamo di farlo, se ancora, nonostante la pazienza di Dio, nonostante tutti i richiami che ci fa in mille modi, ancora persistiamo nella nostra ribellione e maltrattiamo persino i Suoi fedeli servitori, credete forse che avremo sorte migliore di quei malvagi vignaioli?

In che modo accogliamo il nostro Signore e Salvatore?

Credo che pure centrale sia nel nostro testo quella frase pronunciata dal padrone della vigna, che dice: "Avranno rispetto per mio figlio". (38) . Evidentemente si illudeva, perché quei vignaioli diranno: "Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e facciamo nostra la sua eredità" (39).


Una colpa fatale. Già, non c’è peccato che sia più comune e più pernicioso in questo mondo che respingere Cristo e l’Evangelo, ma ancora di più dichiarare di appartenere alla Sua chiesa e poi ignorarlo, trascurarlo, sottovalutarlo. Un’anima a cui è stata rivolta l’offerta grazia e d’amore di Cristo, e che ciononostante Lo trascura è certamente in condizione di irrimediabile perdizione, qualunque siano le “buone opere” che compie, qualunque qualità od apparenza di virtù di cui si fregia. Questo era il peccato dei Giudei al tempo di Cristo, e questo aveva loro comportato rovina temporale ed eterna. Rappresentare graficamente il peccato di respingere o di ignorare Cristo è uno degli scopi della luce che questa parabola getta su di noi. Il suo significato si estende molto al di là del suo contesto originario.


Dovrebbe essere naturale... Sarebbe infatti solo logico, normale, naturale che il Figlio di Dio fosse accolto con affetto e riconoscenza da creature come noi che abbiamo disperato bisogno di Lui e della Sua opera, ma quanti ne sono ciechi! Con quanta tristezza si osserva il fatto che il Signore e Salvatore Gesù Cristo sia dai più così ignorato, trascurato, disprezzato. ...Ti ho detto dove puoi trovare il pane per saziare la tua fame. Ha saziato la mia, eppure non mi credi, mi prendi in giro, mi disprezzi! L’antica profezia di Isaia è così quanto mai appropriata: “La pietra che gli edificatori hanno scartata...” (42), muratori che scartano le pietre di costruzione migliori per costruire la loro casa con il cartone...


Respingere Cristo è sorprendente, è pazzesco, del tutto incredibile agli occhi di coloro che hanno gustato quanto il Signore sia buono!


. ...vista la Sua identità. Gesù è il Salvatore di chi non ha più speranza, il sollievo per chi sollievo non trova nelle medicine di questo mondo, l’aiuto decisivo per chi è privo di soccorso.
Egli è il solo Sommo Sacerdote che possa offrire a Dio un sacrificio davvero riparatore per tutti i nostri peccati. Egli è il Re dell’universo che è stato investito di ogni potere in cielo e sulla terra, sommamente degno di ogni onore e gloria. Egli è Colui che ha manifestato con efficacia senza pari l’amore di Dio Padre: come non vedere questo attraverso l’agonia e la tortura di quella croce? Egli è capace di salvare efficacemente e fino in fondo tutti coloro che vanno a Dio attraverso di Lui. Egli è il sommo Profeta mandato per rendere pubblica la volontà di Dio Padre, per rivelare le profondità di Dio, e per mostrare il modo in cui peccatori colpevoli possono essere riconciliati con Dio. Egli è la via che pensatori e filosofi antichi e moderni, e senza numero, si sono sforzati inutilmente di trovare. Egli è il Giudice supremo dei vivi e dei morti. Non sarebbe forse ragionevole venire a patti con Lui prima che Lui emetta nei nostri riguardi la Sua sentenza?


Dovrebbe essere ragionevole... Non sarebbe assolutamente ragionevole che l’infinita bellezza ed eccellenza dovrebbe essere stimata ed amata? Che la suprema autorità dovesse essere ubbidita, ed il Suo alto carattere riverito? Non sarebbe ragionevole che la più sorprendente manifestazione di amore e misericordia incontrasse il più affezionato ritorno di gratitudine da chi è così tanto beneficato? Chi potrebbe negare la ragionevolezza di questa aspettativa se non creature prive di ragionevolezza e senza negare al tempo stesso la nostra stessa essenza?


Un debito esame di noi stessi. Esaminiamo bene noi stessi: quale tipo di accoglienza diamo a Gesù Cristo? E’ quanto mai opportuno riflettere su noi stessi su questa questione? Quanto spazio il Signore Gesù occupa nei tuoi pensieri e nelle tue priorità? Gesù Cristo è il soggetto favorito delle tue conversazioni? Il Suo amore regna nel tuo cuore? Se neghi l’accusa e professi di amarlo, dover sono gli inseparabili frutti ed effetti del Suo amore nella tua vita? Hai imparato ad affidare la tua anima nelle Sue mani, per essere salvato da Lui interamente nei Suoi termini? O forse dipendi dal fatto che immagini te stesso essere “in fondo” una brava persona? Non pensi che trascurando così Gesù Cristo, non fai altro che aggravare la tua colpa?


Non dovrebbe il tuo castigo essere peculiarmente aggravato, in proporzione di questa colpa che la Scrittura considera molto grave? Come pretendi di sfuggire alle temibili conseguenze del continuare ad ignorare il Signore Gesù? Dice infatti la Scrittura: “Come scamperemo noi, se trascuriamo una così grande salvezza?” (Ebrei 2:3).


Potresti continuare ad essere così allegramente negligente quando la Scrittura chiaramente afferma ed illustra il destino di coloro che pretendono di fare a meno del loro unico possibile Salvatore? Domande importanti!

Conclusione

Abbiamo iniziato la nostra riflessione osservando come “storicamente” i cristiani evangelici, i protestanti, fossero da sempre conosciuti come persone molto serie e ligie ai loro doveri, sia verso Dio che verso il prossimo. Siamo noi, sono ancora io all’altezza di questa fama? Vivo forse una vita disordinata e superficiale, priva di disciplina facendo il meno possibile di quanto è giusto e, seguendo l’andazzo di questo mondo? Siamo coscienti di essere creature di Dio “soggette a padrone”, cioè al Sovrano Iddio, con dei precisi doveri da adempiere verso di Lui e verso gli altri?


Se mi considero membro della chiesa cristiana, sono coerente nella mia professione di fede servendo gli interessi di Colui che chiamo Signore? Ho accolto Gesù Cristo degnamente come Egli presenta Sé stesso nella Bibbia cioè come il Solo nome che sia stato dato all’umanità per cui essa può essere salvata? Sono per altro cosciente di ciò che attende tutti coloro che Lo respingono disdegnando i diritti del Signore Iddio sulla nostra vita. Di tutto questo la parabola che abbiamo oggi letto e commentato è assolutamente esplicita. Questa parabola rimane rilevante a causa della tentazione che anche il popolo di Dio di oggi, anche la chiesa cristiana respinga di nuovo Cristo e l’Evangelo. È possibile farlo anche in modo subdolo, modificando l’Evangelo per adattarlo a ciò che ci sembra più conveniente e continuare a chiamarlo Evangelo. Così facendo potremmo ingannare la gente, ma non inganneremo Dio.


Quelli che dovevano lavorare nella vigna e coltivarla avevano rifiutato di consegnarne i proventi al padrone della vigna. Ne avevano respinto alcuni messaggeri, usato loro violenza, ucciso e lapidato altri. Alla fine uccidono lo stesso figlio del proprietario. Questo vuol dire che non avevano reso a Dio fede, impegno, ubbidienza, e quel ch’è giusto. Avevano respinto la Parola di Dio ch’era stata portata loro dai patriarchi e dai profeti di Dio. Alla fine avevano respinto lo stesso Figlio di Dio. Dato che nessuno di noi ha mai incontrato un profeta dell’Antico Testamento o visto il Figlio di Dio nella carne, potremmo pensare di essere al sicuro. Non è così. Pensiamo noi che l’infedeltà agli impegni che abbiamo preso non abbia conseguenze?

Paolo Castellina, 1 ottobre 2014, rifacimento di una predicazione del 23 febbraio 1997.

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