27. D. Quale tipo di miseria la Caduta ha comportato per l'umanità?
R. La Caduta ha comportato per l'umanità la perdita di comunione con Dio, il Suo dispiacere e maledizione, cosicché noi siamo divenuti per natura figli d'ira, asserviti a Satana, e giustamente passibili di ogni castigo in questo mondo ed in quello a venire" (Catechismo maggiore di Westminster D/R 27).
Secondo l’insegnamento della Bibbia, nonostante la presenza di molte religioni al mondo, la creatura umana non è in comunione con il Dio vero e vivente. Quelle delle religioni, sebbene siano testimonianza dell’umano anelito verso Dio e possano contenere elementi di verità, non sono che tentativi vani di stabilire un contatto con Dio. Vani sono i loro riti religiosi così come falsata e difettosa è la loro concezione del divino: tutto decade in illusioni, superstizioni ed idolatria. La Caduta ha comportato la miseria della separazione della creatura umana da Dio, l’accesso a "l’albero della vita" le è precluso. La frustrazione delle religioni (o della "non-religione") fa parte della "miseria" in cui siamo tutti decaduti.
Nel racconto biblico la coscienza dell’essersi pregiudicata la comunione con Dio è rappresentata dalla percezione, da parte di Adamo ed Eva, della loro "nudità" di fronte Dio (Genesi 3:7). Dio ha deciso, però, di ristabilire la comunione con Sé stesso di parte dell’umanità perduta attraverso un atto di grazia (immeritata e immeritabile): le benedizioni promesse attraverso Israele, Suo popolo eletto, le quali convergono nella Persona e nell’opera di Gesù Cristo, mediatore unico della riconciliazione fra Dio e l’umanità. Nessuno al mondo, quindi può pretendere di conseguire ed avere comunione con Dio indipendentemente dal proprio personale e consapevole rapporto con il Signore e Salvatore Gesù Cristo, il presupposto e giustificazione stessa del perenne mandato missionario rivolto da Cristo ai Suoi.
Il dispiacere di Dio e la conseguente maledizione sull’umanità, vengono rappresentati nella Genesi da diversi elementi. (a) la sentenza comminata da Dio per la quale l’essere umano dovrà guadagnarsi da vivere attraverso un lavoro ingrato fintanto che sarebbe tornato a dissolversi nella terra dalla quale era stato tratto; (b) la fatica e la sofferenza del parto e dell’allevare figli; (c) l’espulsione dal giardino dell’Eden l’accesso negato all’albero della vita e (d) un conflitto permanente con Satana ed il regno del male (Genesi 3:15-20, 22-24).
La nostra attuale condizione rispecchia esattamente quella di Adamo ed Eva dopo la Caduta. (a) Veniamo al mondo alienati da Dio ed avversi a Lui; (b) le maledizioni pronunciate contro Adamo ed Eva fanno parte ancora della comune esperienza dell’umanità; (c) la nostra vita attuale è segnata dalle frustrazioni di un’esistenza in cui la morte è nostra costante compagna e nella quale nessuno può conseguire vita significativa ed eterna senza la mediazione di Gesù Cristo; (d) la nostra esistenza è segnata dal fatto di avere costantemente a che fare con la falsa amicizia di Satana, la carnalità ed il mondo.
Il catechismo afferma che parte della nostra miseria sia l’essere per natura "figli d’ira". Si tratta di un’espressione semitica tratta da Efesini 2:3 che significa come noi si nasca in questo mondo con una natura peccaminosa e quindi soggetta alla giusta condanna di Dio (la Sua più che giustificata ira ed indignazione) contro tutto ciò che è peccato, incompatibile con la santità stessa della natura di Dio.
Si cita poi la miseria del nostro asservimento a Satana. Satana non è, come alcuni ritengono, una semplice "personificazione del male", ma un’insidiosa presenza personale di carattere spirituale che si contrappone in modo militante a tutto ciò che Dio è e compie. Dio ha permesso a Satana di avere un certo potere o dominio sull’umanità irrigenerata, in ragione del quale essa non è spitualmente libera, ma asservita, legata, condizionata al peccato ed a Satana, il quale tiranneggia sull’esistenza e l’affligge sia nell’anima che nel corpo. Le attività di Satana, però, sono strettamente limitate da Dio. Il credente in Cristo, sebbene possa essere influenzato e tentato da Satana, non è più schiavo di Satana, perché ne è stato liberato dallo stesso Figlio di Dio (Giovanni 8:34-36).
L’affermazione del catechismo che i peccatori sono giustamente passibili di ogni castigo in questo mondo e nel mondo a venire implica la verità che il peccato presuppone colpevolezza, per la quale il peccatore merita un giusto castigo. Il peccato, quindi, non è solo "sfortuna" o una calamità che possa suscitare la compassione di Dio. Non è neppure una semplice malattia che abbia bisogno d’essere curata; né si tratta di una semplice contaminazione morale che possa essere purificata. Si tratta di una colpa che merita un castigo e che ha bisogno di essere perdonata.
La teologia moderna, teologia "negazionista" e che si usa definire "liberale", nega ciascuna delle verità presentate nella D/R 27. Essa insegna, infatti, che tutti gli esseri umani siano per natura "figli di Dio", confondendo così le categorie bibliche e sostenendo che chiunque possa avere comunione con Dio semplicemente rendendosi conto di essere figlio di Dio. Essa parla costantemente di "amore di Dio" equivocando l’insegnamento biblico e facendo così obiezione all’idea del Suo dispiacere e maledizione. Essa segue Pelagio, negando che noi si nasca con una natura che sia oggetto dell’ira divina a causa della sua peccaminosità. Essa non crede in un diavolo personale e quindi non accetta l’idea che siamo asserviti a Satana. Il "liberalismo", infine, definisce il peccato in termini umani e sociali, e quindi respinge la dottrina che il peccato verso Dio sia colpevole e che meriti il Suo giusto castigo. La teologia liberale sovverte così l’insegnamento biblico e crea qualcosa di diverso dalla fede cristiana rivelata, inganna chi la segue e, allontanando la gente dall’Evangelo, assicura la sua perdizione.
Questa D/R la troviamo a questo collegamento. Considereremo nelle prossime riflessioni quali siano i castighi che i peccatori meritano e patiscono sia in questo mondo che nel mondo a venire.
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